Portare le arance ai carcerati

Una delle frasi più ricorrenti quando si parla di condotta al limite del legale o di vere e proprie marachelle è: “Se finisci in carcere ti porto le arance“.

Ora, fermo restando che a noi gli agrumi piace consumarli alla nostra tavola e non durante l’ora d’aria di uno squallido carcere (e sfido chiunque a dire il contrario). Resta curioso capire perchè si pensi alle arance e non alle mele, ai kiwi, alle carote. E’ presto detto.

E’ il 1500 circa e una epocale traversata, capitanata da Ferdinando Magellano, è destinata a fare la storia: il giro del mondo! Giornate intense di mare, quasi 3 anni di correnti avverse, naufragi, popoli ostili non fermano il coraggioso comandante ma, di 237 uomini, circa l’80% morì prima di tornare in patria. Defezioni, morti violente o di varia natura a parte, gran parte dei marinai vissero i medesimi sintomi: samnguinamenti gengivali, perdita di denti, emorragie. L’impresa fu un successo, certo, ma il prezzo pagato fu molto alto.

Dovettero passare ancora circa 200 anni prima che qualcuno prendesse in seria considerazione lo studio clinico di questa malattia (nonostrante fosse già conosciuta al tempo degli egizi e il greco Ippocrate ne avesse già scritto). La situazione di partenza era sempre una nave, stavolta britannica. Il medico di bordo, isolati i sintomi comuni, divise i marinai in coppie e diede ad ogni coppia un alimento da ingerire, in modo da capire quale funzionasse. Purtroppo chi aveva ricevuto cucchiai di aceto, pasta di aglio, rafano ed elisir di vetriolo non ce la fecero ma limoni ed arance furono un toccasana per l’ultima coppia, che riuscì così a sopravvivere.

Già, le arance ed i limoni. Questi prodotti, così come tutti gli agrumi, contengono vitamina C, ovvero la sintetizzazione dell’acido ascorbico di cui sono carenti gli affetti da scorbuto.

E le carceri?

Un tempo non era scontato rimediare alimenti fresci e nutrienti per chi viveva il carcere, così erano i parenti a portare alimenti di rinforzo alla scadente dieta. Le arance erano uno di questi cibi e chissà quanti sono stati inconsapevolmente salvati dallo scorbuto.

 

 

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