Frittelle dolci di fiori di zucca

I fiori di zucca, o meglio di zucchina, si friggono un po’ in tutta Italia, ma questa versione dolce sembra si faccia solo o quasi solo nel vicentino. La ricetta è quella di mia nonna; la stessa pastella si può usare anche per friggere i fiori di acacia o altri commestibili.

  • Fiori di zucchina: dieci
  • Uova medie: due
  • Zucchero: 30–40 grammi a seconda dei gusti (sono tre o quattro cucchiai)
  • Farina bianca di frumento: 100 grammi (sono circa dieci cucchiai)
  • Latte: due o tre cucchiai (circa 20 grammi)
  • Sale
  • Un pizzico di vanillina (non tutta la bustina!) o un goccio di estratto di vaniglia (facoltativo)
  • Zucchero al velo per decorare (facoltativo)
  • Olio di semi per friggere

Rompete le uova in una terrina e versateci lo zucchero. Lavorate brevemente con una frusta fino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungete poco per volta la farina e il latte, due pizzichi di sale e la vanillina. Verrà una pastella densa più o meno come uno yogurt, ma molto più appiccicosa. Sarebbe meglio lasciarla riposare qualche decina di minuti prima di usarla.

Lavate la parte esterna dei fiori con acqua fredda corrente. Apriteli a metà e togliete il picciolo, il calice, e la parte riproduttiva centrale. Scolateli bene dall’acqua facendo attenzione a non stropicciarli e metteteli ad asciugare su un canovaccio pulito. Se al momento di usarli fossero ancora umidi, tamponateli delicatamente con della carta da cucina.

Mettete a scaldare l’olio in un padellino fino a che non è ben caldo, circa 180 °C. Potete provare la temperatura versandoci un gocciolino di impasto; è pronto quando lo vedrete friggere intensamente.

Tenendo i fiori per la parte più spessa alla base, intingeteli bene nella pastella da entrambi i lati e fate scolare via l’eccesso “pennellandoli” sul bordo della terrina. La pastella non è molta e basta solo se ciascuna frittella ne ha appena quanto basta. Trasferite nell’olio bollente e fate friggere, voltando di tanto in tanto, fino a che non avranno raggiunto un bel colore dorato da entrambi i lati. Togliete poi dall’olio e fate scolare l’eccesso su della carta assorbente. Spolverizzate subito con zucchero al velo e servite appena non sono più bollenti: una volta raffreddate diventano rapidamente rafferme.


Pianta di zucchine con due fiori femminili (a destra) e un fiore maschile (a sinistra).

I fiori di zucca sono invariabilmente, in realtà, fiori di zucchina (Cucurbita pepo). Come quasi tutte le specie della stessa famiglia (le Cucurbitacee), ogni pianta di zucchina fa fiori maschili e femminili separati; il maschile è spesso un po’ più grande e cresce su uno stelo, mentre il femminile si trova – e a volte si vende – sopra alla zucchina immatura, l’ovario della pianta. Quelli che si vendono a sé sono, ovviamente, solo i fiori maschili, perciò la parte riproduttiva interna contiene gli stami, organi riproduttivi maschili, fusi in una stuttura unica. Non – come scrivono i soliti asini di Zallogiafferano – i pistilli, che sono invece la parte femminile.

I fiori di zucchina durano un solo giorno, si aprono all’alba e a mezzogiorno sono già chiusi e pronti ad appassire. Questo giustifica, almeno in parte, il prezzo non proprio economico.

Dalle mie parti, i fiori di zucchina si chiamano fiore, plurale di fiora, al femminile. Non è la parola comune per “fiore”, che è maschile come in italiano (fiore, ma è fior in quasi tutto il Veneto), ma un termine che mi pare si possa applicare solo a fiori molto grandi e isolati. Allo stesso modo, una mura è un muro isolato, ad esempio quello che separa due proprietà, mentre i muri sono solo quelli della casa. Un baìle non ha a che fare con le danze caraibiche, ma è un tipo di strumento di scavo più stretto di una baìla. Una cortelina, nonostante il diminutivo, è un grande cortelo che serve per affettare i salumi; un’accetta è un menaroto, che nonostante l’accrescitivo è più piccolo di una menara, cioè un’ascia. Un àlbaro è un albero, un’àlbara è specificamente un pioppo. Non saprei trovare la differenza tra un sóco e una sóca (ceppo) e tra un sciopo e una sciopa (fucile, leggasi “s-ciop*“), ma probabilmente c’è. Se a qualcuno dei miei venticinque lettori venisse in mente qualche altro esempio, sarei ben contento di sentirlo, sono sicuro che se ne potrebbero trarre considerazioni interessanti.

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