“A suppressata “ rappresenta il meglio della nostra ospitalità. In qualsiasi periodo dell’anno la si può gustare in tutta la sua bontà, dolce o piccante che sia, e non c’è una sola padrona di casa che non si affretti a tagliarla all’arrivo degli ospiti. Parlare di questo salume per me significa far riaffiorare i ricordi della mia infanzia, vissuta in un piccolo paese e in un periodo in cui si era soliti fare tutte le provviste. I nonni paterni uccidevano in questo mese 3 o 4 maiali: salsicce, soppressate, guanciali,capicolli, e poi ancora gelatina, sanguinaccio, non si finiva mai. Giornate interminabili, trascorse tra lavoro e chiacchiere, che vedevano impegnati anche i più piccoli, era infatti nostro compito girare il sanguinaccio o bucherellare con un grosso ago i salami. Ricordo che gli uomini sezionavano le carni, mentre le donne erano addette a tagliare e ad insaccare la carne. C’era poi qualcuno che si fasciava le dita con delle pezzuole per effettuare i legacci e spesso succedeva che…trac, il budello si strappava e bisognava ricominciare daccapo. E quando finalmente i salami venivano appesi ed etichettati, finalmente potevamo gustare tutte le bontà preparate dalle nostre mamme. Quanto lavoro, non credo che noi oggi ne saremmo capaci!
La nostra soppressata insieme alla salsiccia, al capicollo e alla pancetta si fregiano del marchio DOP, ma non quelli preparati secondo il metodo tradizionale, nonostante siano un prodotto di notevole pregio gastronomico. I requisiti determinati dal disciplinare di produzione sono infatti molto rigidi: la lavorazione e la macellazione devono avvenire sempre nei confini della regione e anche se i suini utilizzati possono essere nati nelle regioni limitrofe, devono essere allevati in Calabria dall’età di quattro mesi; ecc….
Il nome di questo salume deriva probabilmente dalla pressione che viene esercitata sul prodotto per dargli la caratteristica forma appiattita. Per quanto riguarda le origini non c’è nulla di certo, ma si pensa che la soppressata sia nata in Lucania, oltre tre secoli fa e poi esportata nelle regioni confinanti. E’ del 1691 il primo testo in cui viene citato il termine soppressata. E’ di padre Giovanni Fiore da Cropani che parla di carni lavorate in ” Lardi, in salsicci, in suppressate, e somiglianti” ( web ).
La carne magra utilizzata per la soppressata è ricavata dalla spalla, dal filetto e dalla coscia del suino, mentre il lardo è quello ricavato dalla parte anteriore del lombo. La carne viene poi tritata ( sarebbe meglio tagliarna a mano ), mischiata con sale, pepe nero, peperoncino dolce o piccante e insaccata nei budelli naturali, preferibilmente ricavati dall’intestino crasso.Questi vengono poi forati, legati con spago naturale e pressati. Il periodo di stagionatura non dura meno di 45 giorni. In alcuni territori la carne della soppressata viene impastata con il vino oppure con una salsa di peperoni dolci o piccanti; è possibile aggiungere anche degli aromi naturali come i semi del finocchietto selvatico. Una volti asciutte le soppressate possono essere conservate sottovuoto, le nostre nonne erano solite metterle in un recipiente di coccio e ricoprirle di sugna o di olio evo.
La caratteristica tipica della soppressata che indica la perfetta stagionatura e la qualità è la goccia che fuoriesce dal taglio e alla quale è difficile resistere. Ma come non essere altresì attratti dal colore rosso vivo e dal sapore intenso ed aromatico che una fetta di soppressata sprigiona? Provatela su una fetta di pane casereccio, al naturale; oppure usatela per farcire carciofi, pasta al forno, gattò di patate , vi renderete subito conto che il piatto avrà un sapore diverso, più coinvolgente!
La nostra Suppressata è unica e inconfondibile!
Salam tal aset
Salame ai ferri con raperonzoli
Cotechino in galera
Kizoa
Il buristo
Bucatini all’amatriciana
Guanciale alla salvia e aceto
Cif e cia
Salsiccia a punta di coltello con funghi cardoncelli
Scacciata siracusana
Gnocchetti alla campidanese