Sticky toffee pudding

Un altro dolce inglese, tipico del Nord del Paese, oltre che della Scozia. Un po’ come il nostro tiramisù, è in realtà di origine molto recente: non ha più di una quarantina d’anni, ma è considerato ormai un classicone tradizionalissimo. Secondo alcuni, ha radici canadesi. Il nome significa, più o meno, “dolce appiccicoso di caramello”.

Ai miei ospiti è piaciuto molto, ma vi avviso che qualcuno potrebbe rimanere deluso: l’aspetto, in realtà non così attraente, suggerisce un dolce al cioccolato, ma qui non ce n’è neanche l’ombra.

La preparazione non è né lunga né molto laboriosa; il dolce riesce molto soffice. Si serve in piccole porzioni perché è pesantino e dà molta soddisfazione. Vedrete che contiene molto zucchero, di vari tipi, ma il sapore è delicato e tutt’altro che stucchevole e piacerà anche – forse soprattutto – a chi non ama dessert troppo zuccherosi.

Per la base:

  • Datteri: 225 grammi
  • Farina di frumento di tipo 00, per dolci: 175 grammi, più quella che serve per infarinare lo stampo.
  • Due uova
  • Latte intero: 100 mL (cioè 100 grammi)
  • Zucchero biondo di canna: 140 grammi. Potete usare anche zucchero bianco semolato, ma lo sconsiglio.
  • Melassa scura: due cucchiai (vedi qui). Un cucchiaio servirà anche per la salsa.
  • Burro: 85 grammi (+ 50 per la salsa, quindi 135 grammi in totale, più quel che serve per imburrare lo stampo)
  • Sale: due pizzichi
  • Bicarbonato di sodio: un cucchiaino
  • Lievito chimico in polvere per dolci: due cucchiaini. Se lo comprate in bustine, ne consumerete circa mezza.
  • Una bustina di vanillina o un cucchiaino di estratto di vaniglia, se il lievito che usate non è vanigliato.

Per la salsa:

  • Zucchero scuro di canna, tipo muscovado, oppure zucchero integrale: 175
  • Burro: 50 grammi
  • Panna fresca liquida: 225 grammi
  • Melassa scura: un cucchiaio.

Per prima cosa, togliete l’osso ai datteri e tritateli grossolanamente. Metteteli in un pentolino, aggiungete 175 mL di acqua e portate a bollore. Quando bollirà, spegnete il fuoco e lasciate raffreddare per almeno mezz’ora. Schiacciate il composto ottenuto con una forchetta fino a farne una pappa densa.

Il dolce si può preparare in uno stampo quadrato piccolo, da circa 20 cm di lato, oppure in sei–otto porzioni individuali, in cocottine del tipo che si usa per la crème brûlée o simili. L’altezza del dolce non è cruciale, ma dovrebbe venire almeno di quattro o cinque centimetri, altrimenti non basterà la salsa. Imburrate e infarinate lo stampo e accendete il forno a 180 °C.

Mescolate benissimo la farina con il lievito, il bicarbonato, il sale e, se la usate, la vanillina.

In una terrina, battete assieme molto bene il burro con lo zucchero biondo, fino ad ottenere un miscuglio soffice e uniforme. Aggiungete a questo le uova, una alla volta, mescolando sempre benissimo. Aggiungete poi anche la melassa e, se serve, l’estratto di vaniglia.

Aggiungete il miscuglio di farina un po’ per volta, continuando a mescolare. Quando vedrete che l’impasto si fa denso, cominciate ad aggiungere anche il latte. Continuate ad aggiungere farina e latte fino a esaurimento degli ingredienti.

Aggiungete l’impiastro di datteri e mescolate benissimo. Otterrete un miscuglio soffice e denso.

Versate nello stampo o negli stampini e cuocete per una ventina di minuti o poco più, fino a che non sarà ben lievitato e sodo. Non vi fidate della prova dello stuzzicadenti: il dolce è umido e probabilmente non uscirà mai pulito, nemmeno quando sarà del tutto cotto.

Mentre la base cuoce, prepariamo la salsa: in un pentolino versate lo zucchero scuro, il burro, e metà della panna. Mettete sul fuoco e mescolate fino a che lo zucchero non sarà del tutto sciolto. Aggiungete poi il cucchiaio di melassa e portate a bollore. Lasciate sobbollire per qualche minuto, fino a che non sembrerà un po’ addensato. Infine, aggiungete il resto della panna.

Togliete il dolce dallo stampo o dagli stampini dopo che si sarà un po’ intiepidito. Se avete il dolce intero, tagliatelo in circa otto porzioni. Queste si possono servire subito, ancora calde, coperte di salsa pure calda, ma il risultato perfetto si ottiene lasciandolo riposare anche per un giorno o due, e riscaldandolo all’ultimo momento. Per far questo, procuratevi un piatto che possa andare in forno, con un bordino di almeno qualche centimetro e versateci metà della salsa ancora calda. Trasferiteci subito sopra le porzioni di dolce e versateci sopra l’altra metà della salsa. Se non avete un piatto adatto, potete pure ripiegare su uno stampo per crostate o qualcosa di simile. Al momento di servire, passate il tutto in forno lontano dalla resistenza superiore (magari coprendo con un foglio di alluminio), per qualche minuto. Badate a non far bruciare la salsa sul fondo: buttereste il recipiente! Se le porzioni che dovete presentare sono al massimo due o tre, potete benissimo usare il forno a microonde, che è molto più comodo.

Si può servire anche con gelato alla vaniglia, panna montata, oppure crema.


Alcune note sui più comuni tipi di zucchero:

Zucchero bianco, zucchero biondo e due tipi di zucchero scuro, in basso.

Lo zucchero bianco è composto di puro saccarosio, può derivare indifferentemente dalla canna da zucchero o dalla barbabietola e si trova più spesso in questi formati: semolato, è lo zucchero comune, in cristalli abbastanza grandi; finissimo, in cristalli più piccoli (l’unico che trovo con facilità è “Zefiro” della marca Eridania); al velo, cioè macinato e a volte addizionato con amido e vanillina, se è pensato solo per decorare dei dolci; oppure in zollette pressate. Lo zucchero al velo senza amido si può facilmente preparare in casa macinando benissimo dello zucchero semolato in un frullatore a bicchiere (poco per volta, per non fondere il motore!).

Lo zucchero biondo è di colore giallino e ha un leggero profumo di melassa. Spesso è chiamato impropriamente “zucchero di canna”, ma non è detto che lo sia: si prepara per lo più aggiungendo il 4–5% di melassa chiara a zucchero completamente raffinato, che può pure essere di barbabietola. Di questo se ne trovano moltissimi tipi, tra i quali si segnala il demerara, che è effettivamente uno zucchero di canna preparato fermando il processo di raffinazione appena prima che sia terminato. Un altro termine che si riferisce sostanzialmente allo stesso prodotto è zucchero turbinado, ossia “centrifugato”, in riferimento alla tecnica di lavorazione. Di solito lo si trova in cristalli più grossi rispetto a quelli dello zucchero semolato e, nella grande maggioranza dei casi, i due si possono scambiare senza grandi problemi.

Lo zucchero scuro è sempre zucchero di canna, di color marrone più o meno intenso. È piuttosto appiccicoso al tatto, composto di cristalli molto fini, a volte con grossi grumi e impurità poco solubili. Il gusto è forte, di melassa o rum, e può variare un po’ da un tipo all’altro. Si vende comunemente come muscovado o zucchero integrale, a un prezzo molto più alto di quello delle varietà più raffinate. Questo tipo di zucchero si prepara nei Paesi tropicali spesso semplicemente bollendo lo sciroppo chiarificato derivato dalla canna in dei pentoloni, evitando la centrifugazione che serve a isolare i cristalli di saccarosio o limitandola alle fasi iniziali. Il processo è più costoso sia perché è inefficiente, sia per una questione di economie di scala: il mercato è ovviamente molto più piccolo che per lo zucchero puro. Si paga poi il sovrapprezzo di volere un prodotto “di nicchia” e dall’aura “naturale” e “equo-solidale”. Lo zucchero scuro non può essere semplicemente scambiato con zucchero di altri tipi, ma un suo surrogato scadente si può preparare mescolando zucchero bianco e melassa scura.

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