Stezzano (Bergamo) - Genio 1961, lo storico ristorante che a Stezzano ha segnato un’epoca, ha di recente celebrato i suoi sessant’anni di attività. Così Antonio, che insieme al fratello Stefano gestisce il locale, ripercorre le tappe principali che, tra periodi d’oro e momenti di difficoltà, hanno portato la loro attività al successo.
Nel Dopoguerra
Nel periodo post bellico molti cittadini si trovarono senza un impiego e con una profonda necessità di reinventarsi, cambiando vita o mettendosi in proprio. Eugenio e Orlanda furono fra questi. Lasciarono il paesino rurale di Fara Olivana dove il lavoro in cascina ormai non permetteva più di mantenere le famiglie natie, per intraprendere una nuova esperienza. Orlanda, spinta dall’ambizione di aprire un negozio tutto suo, dopo anni di lavoro alle dipendenze di una cooperativa, si mise in società con un’anziana signora per gestire una fiaschetteria in un cortile di Stezzano chiamato Collegio. È da quel posto che nell’ottobre 1961 partì la storia di quello che solo successivamente diventerà il ristorante Genio che oggi tutti conoscono.
«Lasciare un paesino di poche anime per approdare in un paesotto come Stezzano nelle vicinanze di Bergamo non fu per niente facile – racconta il figlio Antonio - la gente ti guardava con sospetto perché eri “il diverso” anche se la curiosità di scoprire quella novità era allettante. E fu proprio questa gente a far sì che la fiaschetteria si trasformasse in un bar, facendola diventare un punto di incontro per tutti gli operai, soprattutto della Dalmine (ora Tenaris). Tra loro c’era anche mio padre Eugenio che alla fine del turno si ritrovava attorno a un tavolo con i colleghi a raccontarsi storie, vere o un po’ romanzate, tra un bicchiere di vino e un panino con il salame. Si usciva senza pagare: vi era in fatti l’usanza, dettata per lo più dal fatto di non avere molti soldi in tasca, di fare credito ai clienti. Si segnava sul libretto e si pagava alla fine del mese, quando si prendeva la busta paga. Che nostalgia e che amarezza mi viene a ripensare a quanto ci si aiutava un tempo: non si avevano molti soldi in tasca né tutte le cose che si hanno oggi, ma a nessuno veniva impedito in alcun modo di godersi un bicchiere con gli amici. E penso che questo sia stata la salvezza di molte anime sole e disperate».
Nasce il bar Adua
Nella fiaschetteria girava molta gente e gli affari procedevano discretamente; nel frattempo anche la famiglia di Orlanda (ma che tutti chiamavano signora Orlandi con rispetto quasi reverenziale) ed Eugenio (detto Genio) cresceva e con due figli piccoli la stanza sopra il locale era diventata invivibile. Inoltre la socia, ormai molto anziana, non riusciva a reggere la mole di lavoro con orari massacranti dalle sette di mattina fino a notte fonda, sette giorni su sette. Questo portò Orlanda a trasferirsi in un nuovo locale con due stanze in via Canonici. Così nacque il bar Adua.
«A quei tempi era una delle vie più brulicanti di vita del paese, con vari negozi e attività artigianali – prosegue Antonio -, ne ricordo almeno una ventina (oggi ne è rimasta solo una) e quindi era strategica per un’attività di consumo. In quegli anni era consuetudine riunirsi attorno ai tavoli del bar portandosi il cibo preparato a casa. Il cambiamento sociale incalzava, il lavoro non mancava, si avevano più soldi da spendere e questo ha contribuito alla mutazione dell’attività. Non esisteva il turno di riposo e i bar erano aperti dalle sei e mezza del mattino fino alle 2-3 di notte, le famiglie erano numerose e vivevano tutte nelle vecchie vie intorno alla piazza di Stezzano».
«Un giorno si presenta nel locale una signora che doveva festeggiare la Comunione di uno dei suoi numerosi figli e chiedeva di usare la sala per più di settanta invitati. Mia madre rispose che non avevano nemmeno le sedie per la metà di quel gruppo, tanto meno il personale per servire un banchetto del genere, ma la signora insistette talmente tanto che era disposta a portare le sedie da casa e chiese aiuto a due anziane signore in pensione che avevano cucinato una vita per famiglie abbienti. Quella esperienza fu l’inizio di una nuova vita professionale per mia madre; cominciò a prendere passione in cucina imparando da queste due cuoche tutti i segreti e i sapori della cucina tipica Bergamasca. Le famiglie di Stezzano iniziarono a festeggiare i battesimi, Comunioni e Cresime dei loro figli al bar Adua che presto si trasformò in bar trattoria, e viste le sale grandi, tutto era un pretesto per una partita a carte, al biliardo e una cena tra amici a base di risotto con i funghi e casoncelli fatti in casa».
Il successo
Negli anni ’70 la trattoria Adua a Stezzano era diventato un punto di riferimento per famiglie, un centro di aggregazione per i giovani del paese che scoprivano in quegli anni il gioco del biliardo, delle bocce, il calcio balilla, il flipper il juke box e la televisione a colori, un lusso per la maggior parte delle persone di quegli anni. Il lavoro era tantissimo, così il marito Eugenio si licenziò dalla Dalmine per aiutare nel locale.
«Per me e mio fratello Stefano gli abitanti della via Canonici diventarono la nostra seconda famiglia e anche noi dopo la scuola venivamo reclutati per i primi lavoretti in trattoria, davamo una mano a servire i commensali e a lavare i piatti e i bicchieri».
Tra gli anni ’80 e ’90 l’economia andava a gonfie vele. Fu allora che Eugenio e Orlanda decisero di costruire una casa di proprietà e un nuovo locale. Così nacque il ristorante Genio in via Leonardo da Vinci con annessa la bocciofila stezzanese. I clienti giungevano da tutta la provincia, persino i milanesi scoprono la bontà della nostra cucina riempendo tutte le sere il locale con innumerevoli banchetti e tavolate di persone e amici.
Il lutto
«Si lavorava davvero tanto – ricorda Antonio – i debiti piano piano si pagavano, nonostante l’inflazione e i tassi d’interesse passivi alle stelle. Sembrava davvero andare tutto per il verso giusto, quando accadde un fatto che sconvolse la nostra vita: l’improvvisa e prematura scomparsa di mio padre Genio lasciò un vuoto indescrivibile in tutti coloro che lo avevano conosciuto e amato, ma soprattutto lasciò mia madre Orlanda e i due figli poco più che adolescenti soli e con un locale nuovo da portare avanti. Ma fu ancora una volta Stezzano con le sue meravigliose persone a sostenerci in quel delicato momento. Tra tutti in particolare cito Aldo (che purtroppo ci ha lasciato alcuni mesi fa) e Pierina Carissoni che per noi sono stati un’ancora di salvezza e una seconda meravigliosa famiglia e meritano tutta la nostra stima. Grazie al loro aiuto siamo ripartiti forte. Nel 1993 insieme a due nostri dipendenti, Roberto e Grazia, abbiamo fatto nascere il Boschetto, mitico locale che ha fatto la storia a Stezzano e non solo negli anni ’90 e 2000».
Nel frattempo Stefano si sposò con Joaquina che trovò subito una forte sintonia con Orlanda. Imparò a lavorare in cucina, si aggiornò con corsi professionali e portò così una ventata di internazionalità caraibica in un locale che fino ad allora era stato ancorato alla tipica tradizione culinaria bergamasca. Orlanda nel 2004 si ritirò a vita privata a causa di una malattia invalidante e degenerativa lasciando ai figli e alla nuora le redini del ristorante.
Le sfide recenti
Gli anni 2000 hanno segnato però anche la fine di una tradizione che era stato il marchio di fabbrica del Genio: la banchettistica. Complice il nuovo minimalismo e soprattutto la grave crisi finanziaria iniziata nel 2008, Genio fu di nuovo costretto a reinventarsi per adeguarsi ai nuovi gusti della gente. Si decise di rinnovare il locale rendendolo più moderno e funzionale, si allargò la cucina, si inserì la zona pizzeria, si ampliò l’esterno: «Con l’aiuto di Claudio in pizzeria e la forte esperienza in cucina acquisita nel frattempo da Joaquina, nonostante le numerose difficoltà si è riusciti a far continuare la lunga storia il Genio 1961 – conclude Antonio – con una location rinnovata e fresca e un’offerta sempre più ampia di piatti anche internazionali. Un ambiente familiare dove si è cercato di mantenere intatto il motto di mia madre: “Non si nega a nessuno un piatto di pasta e tutti si devono sentire a proprio agio” e, riportando la frase di una cara amica e cliente “l’atmosfera che si respira al Genio è quella del pranzo della domenica in famiglia”. Ora, grazie anche alla preziosa e ormai decennale sinergia creatasi con il Grand Hotel del parco, (un’altra realtà stezzanese di grande professionalità) il Genio è diventato il ristorante preferito anche da alcune grandi realtà industriali che gravitano su Stezzano e provincia. Adesso con il post pandemia, il caro prezzi e l’ombra di una guerra ai confini dell’Europa siamo chiamati a superare un altro momento difficile, ma sono sicuro che anche questa volta, forti delle esperienze passate, la supereremo, in un modo o nell’altro».
Laura Ceresoli