Recensioni: da Bellavista a Messina, cucina di pesce sullo Stretto

Una vista meravigliosa, personale attento ai dettagli e una cucina con ingredienti di prima qualità, che però ha ancora bisogno di trovare il giusto equilibrio nei sapori. Visto che amo il pesce crudo e i ristoranti che si affacciano direttamente sul mare, durante le vacanze natalizie ho deciso di provare il ristorante Bellavista a Messina, sul lungomare di Torre Faro, in uno dei punti più panoramici dell’intero litorale, con vista sulle coste della Calabria. Arredato sui toni del bianco, in maniera elegante e raffinata, e con una terrazza che in estate regala il suono delle onde a pochi metri dallo Stretto, il Bellavista si definisce ristorante di cucina creativa di pesce.

All’ingresso, un grande acquario con aragoste e astici, mentre il pescato disponibile è in mostra sul ghiaccio. Sui tavoli dei tovagliati bianchi, calici da vino eleganti, piatti di design moderno. Il personale di sala appare immediatamente professionale e qualificato, attento e cortese. Il servizio è preciso e puntuale. In pochi minuti arriva il benvenuto dello chef: un calice di Prosecco Doc e piccoli sfizi, bruschette al pomodoro, mini arancini al salmone, patate americane fritte. In carta, prevalentemente pesce, con una piccolissima proposta di carne a base di scaloppine e braciole messinesi (perfetta per i bambini o per chi, come mio padre, in modo incomprensibile non ama il pesce). Un menu abbastanza sintetico, con svariate tipologie di antipasti tra crudi e cotti, cinque primi piatti e sei secondi, oltre al pescato del giorno, che viene proposto in varie cotture.

Ovviamente ho ordinato i crudi di mare (20 euro): sul piatto gamberi rosa, un carpaccio di tonno, un carpaccio di polpo, alici marinate, un carpaccio di sarago, una piccola tartare di salmone balik e una ciotolina con seppie marinate. Qualità e freschezza del pesce indiscutibili, perfetto l’abbinamento con l’olio extravergine di Cottanera e con il sale delle Hawaii, ma per 20 euro mi sarei aspettata una varietà di crudi più ampia: le seppie erano davvero pochissime, nella degustazione non c’erano gamberoni rossi di Mazara (pur disponibili tra il pescato) né scampi, assenza di ostriche (che ho dovuto ordinare a parte al costo corretto di 3 euro l’una) e di qualunque altro classico dei crudi di mare come cozze, fasolari, vongole, cannolicchi. Ho comunque apprezzato l’abbinamento con la melagrana, l’uso della salicornia (asparago di mare) e la salsa a base di peperone dello chef.

La stessa valutazione sul rapporto prezzo-varietà devo farla per gli antipasti cotti, nei quali però ho rilevato anche alcuni problemi nei sapori. Al costo di 20 euro l’antipasto era formato da due capesante su un’ottima caponatina di verdure in agrodolce con salsa di soia e salicornia (per me il migliore piatto della serata), un totano ripieno con una farcia a base di pomodori secchi davvero troppo salata e due ostriche in pastella che non ho apprezzato particolarmente, perché in frittura questi molluschi perdono freschezza e sapidità e alla fine in bocca rimane solo un indefinito gusto di olio.

Buona e fresca l’insalata di mare (16 euro) con cozze, vongole, calamari, gamberetti, salicornia e polpo (risultato leggermente duro). Anche in questo caso nella porzione si può fare di più, soprattutto visto che non si tratta di un piatto creativo con dietro grandi fatiche tecniche, ma di una normalissima insalata di mare realizzata in modo tradizionale. Tra gli antipasti, in carta, anche gamberoni in tempura su crema di ceci (20 euro), il tradizionale sauté di cozze e vongole (14 euro), la tartare di pesce azzurro (15 euro) o di salmone balik (18 euro).

Come primo ho scelto un piatto molto semplice: le linguine al peperoncino, con vongole e bottarga di tonno (16 euro). La pasta sarebbe potuta essere decisamente più al dente, buono il sentore di peperoncino ma il piatto era eccessivamente salato, perché probabilmente non si è riusciti a bilanciare la sapidità delle vongole e della bottarga di tonno, due ingredienti con una carica salina molto spiccata. Tra gli altri primi piatti: ravioli di cernia con tartufo nero dei monti Iblei (22 euro), risotto al Bellavista con gambero bianco, pomodorini e polpa di ricci (18 euro) e pasta di Gragnano con frutti di mare e finocchietto oppure con scampi e fiori di zucca (16 euro).

Tra i secondi in carta, l’aragosta (140 euro al chilo), il pesce del giorno in varie cotture (50 euro al chilo), gli involtini di gamberone (20 euro); la rana pescatrice su vellutata di patate (24 euro), lo spiedino di pesce (24 euro). Mio padre, che non ama il pesce, ha provato le scaloppine alla malvasia (12 euro) con patate saltate nel burro e con un’insalata eoliana (4 euro). Un piatto semplice e ben eseguito, con una carne di ottima qualità.

Buoni i dolci, tutti a 6 euro: in questo caso un prezzo più che conveniente. Ho provato un cannolo scomposto, fatto da una spuma di ricotta e briciole di scorza di cannolo e un semifreddo al caffè affogato con il caffè caldo della moka, servita al tavolo: una idea accattivante e un ottimo semifreddo. Entrambi in porzioni corrette e ben presentati. Per quanto riguarda i vini, valida carta dei vini con prevalenza di bianchi siciliani e nazionali ben selezionati, ma anche qualche proposta di denominazioni internazionali, in gran parte francesi, tra cui Chablis e Champagne. Oppure si può scegliere tra le proposte al calice, servite in quantità più che abbondante. Ho optato per un Gewurztraminer della cantina Colterenzio e per un Etna bianco Doc). Insomma, a mio parere si tratta di un bel ristorante che ha grandi potenzialità: la vista, l’eleganza degli interni, il personale di sala preparato e una cucina che secondo me deve fare uno sforzo ulteriore in fantasia, perché a prezzi alti devono corrispondere grandi piatti, perfettamente realizzati e con quel guizzo di vera creatività che renda poi il conto adeguato.

(visitato nel gennaio 2017)

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