Questione di freezer

Scampi al forno su pavè di patate


Tra le situazioni stressanti che possono capitare nel corso della vita quella della morte del frigorifero è certamente una fra le più comunemente sentite. Già duramente provata dalla morte in estate del l’anziano frigorifero di famiglia, che aveva onorevolmente e amorevolmente servito per almeno trentacinque anni, ripagato dalla medesima con la ricerca di introvabili guarnizioni d’epoca, eccomi quest’inverno, ancora emotivamente impreparata, ad affrontare la dipartita del freezer di Torino. 

Il che mi ricorda un aneddoto che mi raccontò mia madre, protagonista la nonna Maria, bisnonna acquisita materna, che con le sue amiche partecipava ai funerali delle vicine di casa più anziane.

La funzione funebre in latino, nella Torino degli anni  40 del secolo scorso: “/redirect.php?URL=Ora pro ea” salmodiava il curato. 
Un guizzo degli occhi delle amiche, la mano alla bocca a nascondere un attacco di fou rire; perché la formula in piemontese suonava come “era pro veja”, era veramente vecchia. 
Humor torinese d’antan.

Anche il frigorifero di Torino aveva la sua età e quindi me lo aspettavo – perché come tutte le rotture degli elettrodomestici si prosegue a ondate – ma, come a tutte le perdite, non si arriva mai abbastanza preparati. Anche se, questa volta, ho goduto di insospettabili fortune: non solo il frigorifero, essendo un modello antico aveva due motori separati per cui il frigo ha continuato a funzionare, ma la persistente ondata di freddo mi ha consentito di conservare le derrate sul balcone consentendo la consumazione di buona parte delle scorte surgelate. Con conseguenti deroghe dai piani di consumo precedenti, ma sicuramente con una variazione consistente del menù settimanale; per cui invece della pasta o del risotto o della paella o della crema di ceci a cui gli scampi erano destinati sono passata a maniere più spicce: nuove scorte da consumare mi aspettavano.

Sorvolerò sulla quantità e qualità degli alimenti conservati – forse solo l’ipotesi di ospitare un branco di Tartari giustificherebbe le quantità di carne trita riesumata – per rivolgere un appello alla popolazione: state attenti, il fenomeno è contagioso. 
La prima vittima, dopo il frigo di Rivoli, è stato il frigo dell’amica Franca; e purtroppo non finisce qui. 
Dopo aver parlato con l’amica Laura della dipartita del secondo frigo mi arriva un messaggio What’s App: “Senti un po’, questa storia deve finire e che cavolo questa amicizia tra frigoriferi non mi piace si sono parlati tra loro e si sono messi in combutta anche il nostro KO, sto matrimonio non s’ha da fare”. Cambiarono il frigo in settimana, facilitati dal fatto che non era incassato nella cucina.

Perché a parte lo stress cambiare il frigorifero significa affrontare tutta una serie di problemi, non solo legati alla conservazione degli alimenti: da quello della ricerca del tecnico, più o meno accettabilmente economico, a quello dell’incasso del frigorifero.
Intanto perché, anche volendolo cambiare con uno non da incasso, la consegna dei frigoriferi, in tutti i negozi, prevede che il medesimo sia già bello che pronto e scodellato dal suo guscio dal momento che nessuno – nemmeno su offerta di laute prebende – si presta a tale operazione ne’ può ritirarlo.
Problema affrontato con il primo frigorifero dopo lunga riflessione per gentile concessione della proprietaria di un mercatino dell’usato; ovviamente i manovali, pur pagati, tolsero il frigo ma mi lasciarono lì l’incasso, che riuscii, solo grazie all’aiuto di due amiche, a scollegare dal resto della cucina e trascinare fuori per lo smaltimento.

Invece per questo frigorifero essendo la cucina in legno la scelta è stata di mantenere la struttura esterna. Il tecnico – fortunosamente trovato grazie a una collega – si attiva, dopo essere venuto e aver decretato in meno di quindici minuti la morte della creatura al modico prezzo di chiamata, trova un altro frigorifero e nel giro di una settimana lo porta per il montaggio. 
Sicuramente sarò prevenuta ma, almeno per la mia esperienza di donna che si occupa di manutenzione, avverto sempre una certa tendenza alla diffidenza nei miei rapporti con gli artigiani. E’ pur vero, sono solo un tecnico laureato – aggravante che mi guardo bene dal rivelare, dal momento che, si sa. un titolo che certifichi capacità di ragionamento logico e attitudine alla risoluzione di problemi a che vale rispetto al lavoro manuale? – ma già il solo fatto di essere di sesso femminile sembra farli ritenere che possa avere problemi con l’udito, la vista e, in generale, la capacità di comprendere;  e questo per tacere della mia caparbia propensione a voler esprimere suggerimenti e opinioni sul loro operato o, in generale, a pretendere che sia svolto in una certa maniera.

Per farla breve il frigorifero, pur essendo di misure standard ha le ante posizionate ad altezze differenti; la proposta del tecnico: bloccarle insieme e unire ad essere le due ante del frigo e del freezer. Peccato che così ad ogni apertura di frigo si dovesse aprire anche quest’ultimo. 
Propongo allora di iniziare dall’anta in alto e che invece di unire le porta si possa comunque mantenerle separate: l’unico problema è ricordarsi di aprire il frigo prima del freezer, ma questa è una questione che riguarda solo me; per essere sicura mimo il procedimento. 
Evidentemente però non mi sono spiegata bene  perché, quando torno a vedere – essendo donna la mia assidua presenza è malvista – la seconda anta non era stata bloccata alla struttura; poco male si fa subito, bloccandola solo da una parte. Il tecnico si degna di spiegarmi – come se fosse un segreto che si tramanda ai soli iniziati ai misteri del frigorifero – che non si può per via della struttura e che nei frigo essendo cambiate le dimensioni ci sono degli inviti per il bloccaggio delle viti; evito di dirgli che fare dei buchi nuovi può essere più difficile ma non impossibile.

Poi c’è la questione del frigo che all’interno della struttura si muove; il tecnico lo vuole inchiodare alla struttura; mi oppongo perché così, in caso di ispezione, mi è più difficile muoverlo e chiedo di mettere delle zeppe. Le mette ma, ovviamente, sporgono dalla struttura e devo richiedere che si infilino a maggior profondità o almeno si riducano. Le riduce; sorvolo sulla forma finale, comprerò un pezzo di regolino e lo metterò davanti per mascherarle. 
Se ne vanno – lui e l’aiutante nordafricano (che, pur con maggiori problemi linguistici sembrava,  tra i due il più propenso alla comprensione, avendo da solo individuato il fatto che esisteva sul vecchio frigo una sorta di spoiler per il bloccaggio e avendo proposto di riutilizzarlo) non senza essersi appropriati di una delle mie poche biro in servizio attivo, prestata per fare dei segni sulle zeppe e andata dispersa nel momento di firmare la garanzia. 
Gli sequestro l’imballo in polistirolo e lo smaltisco nell’apposito cassonetto prima che possano fare altri danni, come nelle comiche. 

E tutto questo è niente, come mi raccontò l’amico Fabrizio che abita a Venezia, isola della Giudecca. 
Pare che lì cambiare un frigo possa essere un’avventura ancora più perigliosa. 
Intanto perché il frigorifero arriva in barca, per cui volendo comprarlo on line – forse la strada più facile a Venezia, data la scarsità di negozi specializzati – bisogna organizzarsi anche per un trasporto più oneroso, avventuroso e non alieno da rischi, per fattori naturali ma soprattutto  umani. 
I due facchini che gli consegnarono l’ultimo glie lo lasciarono, dopo lunga e colorita discussione sul molo vicino a casa, sostenendo che non passava dalla porta. 

Il mio amico – intellettuale dalla scarsa vista e scarna corporatura – dovette trascinarselo da solo dal molo al di là dell’ingresso; tornarono per terminare il lavoro – trasporto sulle scale del frigo e ritiro del vecchio – solo dopo lungo sollecito.

Ma ora sono a posto, domani – incrociando le dita – potrò finalmente accenderlo, perché come si sa, i frigoriferi dopo l’acquisto devono riposare. 
Spero di riposare anch’io. 
Fino al prossimo guasto.

(per due esausti proprietari di frigo nuovo)

400 gr di scampi (io decongelati)
4/5 patate medie
1 spicchio d’aglio
olio qb
erbe aromatiche assortite qb

Mettere il pesce a marinare per almeno un’ora in sufficiente olio aromatizzato con erbe e con lo spicchio d’aglio schiacciato.
Pelate le patate e tagliarle piuttosto finemente; metterle in una teglia rivestita di carta da forno, coprendole poi uniformemente con gli scampi e l’olio di marinatura del pesce. In forno caldo  a temperatura media (180°) per 15/ 20 minuti, girando gli scampi una volta perché cuociano bene da entrambi i lati. Servire caldo.

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