La sfida dell’MTC ormai, è uno di quegli appuntamenti che cambiano qualcosa nelle nostre vite. Che sia perché la sfida ci costringe a fare, cose folli come il croissant sfogliato in un periodo di calura estiva, sia che ci costringa a disossare un pollo quando mai ti saresti sognata, è certo che partecipare a queste sfide ti cambia. Di sicuro ti migliora nella tecnica, ma a volte succede qualcosa di più.
Scegliere un piatto per l’MTC, non è mai facile. Il livello di questa gara è altissimo,
Infatti presento una ricetta che è una libera interpretazione, filtrata dai miei ricordi giovanili, di un piatto che adoravo, cucinato in un bellissimo ristorante di San Gimignano, molto in voga negli anni ’80/90, “I cinque Gigli”.
Durante il periodo universitario, neanche vivere a Firenze mi aiutava granché, perché a parte tutta l’arte che respiravo e che mi dava vita, c’era tutto un mondo che mi era negato dalla mancanza di soldi. Essere studentessa nei dorati anni ’80 era un grave handicap, ed io bramavo una vita diversa: lontano! Minimo Milano, meglio ancora Londra. Viaggiavo con la smania di chi il viaggio lo deve compiere dentro di se, ma non capendo, cerca fuori e ne ricava solo frustrazioni. Cercavo in tutti i modi il bello, l’arte, la storia, in ogni istante, e pensavo che se non me ne fossi andata, non sarei mai vissuta come desideravo.
Ma la mia vita per motivi vari mi riportava sempre qui. Questa strettissima provincia riusciva sempre a farmi tornare a sé.
I “ritorni” erano spesso legati a feste familiari e questo mi era ancora più penoso, perché per certi versi capivo la forza di questi legami, d’altra parte, io volevo essere “altro”. La mia è una famiglia semplice, fatta di gente vera, concreta: da dove sbucavo io, così piena di sogni, di ambizioni e di voglia di essere così diversa da loro?
Durante uno di questi “ritorni”, non ricordo per quale motivo, mi sono trovata in questo posto “magico”, nella campagna sangimignanese. Un ristorante assolutamente fuori dal comune: intanto di classe per lo standard dell’epoca dalle mie parti, gran cibo, molta cura dei dettagli, dalla location, alla divisa del personale, ma fortemente legato al territorio, gestito da ristoratori storici della zona.
Riflettendoci oggi, credo di aver ricevuto proprio lì, alcuni degli input fondamentali che hanno portato la mia vita su questi binari rispetto ad altri.
Ho molto amato quel luogo, ci andavo spesso nonostante le mie esigue finanze, perché mi sentivo in equilibrio: c’era il bello, il gusto, classe, eleganza ed era proprio lì da dove stavo fuggendo. Forse alcune domande sulla mia vita sono scaturite proprio a “I cinque Gigli”.
Il piatto che più amavo di questo ristorante era la zuppa del Granduca, non ricordo perché si chiamava così, ma c’entrano qualcosa i Medici o forse i Lorena (il Granduca Leopoldo)? Ho provato a ricordare, ad intervistare parenti ed amici, ma trent’anni sono davvero troppi per avere notizie certe.
Comunque da Samuele Gigli, nipote dello chef sono risalita più o meno agli ingredienti principali della ricetta, ed il risultato è stato assolutamente commovente: un catartico tuffo nel passato, una full immersion nei miei sogni di ragazza. Un ringraziamento immenso a Giancarlo Gigli, chef patron de “I cinque Gigli”,e all’MTC per questa bella esperienza.
Ingredienti per 4 persone
- 1 galletto livornese o un pollo ruspante piccolino
- 5 l di acqua
- 1 cipolla
- 1 carota
- 1 sedano
- 1 mazzettino di prezzemolo
- 1 foglia di alloro
- una decina di grani di pepe
- 4 chiodi di garofano
- una manciata di sale grosso
- 1 cipolla
- 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva
- 15 g di funghi secchi (quando è stagione freschi)
- 180 g di farro perlato
- sale
- pepe macinato
- tartufo fresco di stagione
- 1 rotolo di pasta sfoglia da 230 g. (io la mia: la ricetta la trovate qui)
- 1 uovo
Preparazione:
per la presentazione:
La zuppa si serve in cocottine da forno individuali con lamelle di tartufo tagliate sottili.
Per la presentazione: ritagliare un disco di pasta sfoglia di diametro 2 m più largo della cocottina, sigillando l’apertura ad effetto coperchio, ritagliare delle formine di pasta sfoglia con un taglia biscotti della forma desiderata per decorare la superficie. Sbattere l’uovo e con un pennello spennellare la sfoglia con l’uovo per lucidarla. Infornare a 220° in forno preriscaldato per 10 minuti o finché la sfoglia non è dorata. Servire immediatamente.
Nota: E’ un modo un po’ vintage di presentare, ma è un piatto legato ai miei ricordi e l’ho voluto presentare esattamente come lo ricordavo.