E chi l’ha detto che si spiluzzica e ci si bagna l’ugola solo in Spagna? Nessuno. Infatti oggi si va in Friuli, insieme diretti a una zingarata alpina in Veneto. Già, gli alpini…non c’è solo il raduno annuale, quello organizzato dei grandi numeri di persone e di litri, ci sono altre occasioni nell’anno, dei richiami della foresta, come dei fischi nel buio: si possono raccogliere o no, se ti va, se puoi, se decidi che può saltare il banco anche se non puoi e perché ti va. Il richiamo stavolta è una cena di bigoli con le sarde a Oderzo. I “richiamati” verranno da molti posti, ognuno con qualche provvista e qualche(!) bottiglia. Incontri alpini, meeting di eccessi e di bellezze. La bellezza di incontrarsi e di riattaccare con precisione chirurgica discorso anche dopo mesi o anni, di ricordare, parlare e di ascoltarsi, merce rara più delle etichette e dei cibi che circoleranno a vario titolo fra persone che spesso niente hanno in comune se non quella divisa e alcuni mesi della vita passati insieme, più o meno rapati e vestiti di verde. In armi, o meglio in zaino picozza corda ramponi e scarpon. Come da libretta.
Arriviamo prima dell’alba io, da una cena di lavoro e di piacere a Piacenza, e un amico raccolto a Bologna (lui la cena se l’è fatta di piacere e basta) da chi ci ospita a Pordenone. L’idea di fare una sgambata a Piancavallo prima di finire nella perdizione alimentare della cena sfuma in una mattinata piovigginosa. E allora non ci resta che una passeggiata in città e un giro di ombre e cicchetti, in veneto, o se volete tajut in friulano. Di osteria in osteria un aperitivo ripetitivo con bicchiere di vino e accompagnamento. Niente di meglio per parlare, senza dover guidare…
E parlando arriviamo davanti alla prima, l’Osteria del Cavaliere Perso, perfetta per noi che ci siamo appena ritrovati. Ci attende Sonia, un’ostessa (qui dentro tutto è donna dal bancone alla cucina), direi hostess nel senso che ci guiderà lei fra le ombre che volano quasi a seguire i nostri discorsi.
Il punto su chi siamo ora, io a vender caschi, l’altro a mettere a posto case e cantieri, l’altro a far soccorso sulle piste o preparare sci: per onorare un presente con sotto problemi per tutti, ecco una Ribolla Gialla di Angoris e prosciutto dolce di Sauris. Ci rodiamo, ridiamo e scherziamo e mentre stiamo per venire via la cuoca porta una frittata di 36 uova…
Anche chi non ha fatto il servizio militare sarebbe rimasto… e con un po’ di buon gusto avrebbe chiesto un Sauvignon blanc. Impeccabile e intrigante quello di Les Cantinis mentre abbiamo preso il crinale delle mogli o compagne o amanti, terreno infido, generoso anch’esso di frittate, dove alcune hanno resistito come rocce, altre no, altre sono nate e tramontate, e il floreale del sauvignon ricorda i prati degli amori estivi e quel retrogusto più amaro delle fini non volute... ci vede con un formaggio bianco salato fatto da una tal signora da lei stessa medesima. Lo aiutiamo con una compostina di cipolle di tropea. Il salato e il dolce ben rappresentano noi claudicanti che corriamo dietro l’eterno femminino.
Ci consoliamo con una serie di ricordi militari, risuona la mitraglia nelle vallate alpine che hanno un’eco mitica e in assonanza schioppettante e arriva uno Schioppettino con lo speck di Sauris, diverso da ogni altro, sempre con un pane adeguato, e come amica si porta dietro fette di una strana polpetta di carne ovina suina e selvatica (capriolo o camoscio) impastata con farina di mais e leggermente affumicata, con dentro pure qualche mirtillo: la Petuccia di Claut.
Dovremmo andare ma l’argomento ora è finito sui figli… bimbi piccoli problemi piccoli, bimbi grandi…urge qualcosa di complesso. Dalla cabina di guida l’Hostess esce con fumante una crema di zucca e capesante; improvvisiamo con un Terrano ma con i figli non si è mai sicuri di cosa sarà e allora proviamo anche con un Tocai, ora Friulano e questo quasi sloveno.
Un assaggio di musèt e brovade con qualche fagiolo di Lamon, giusto un morso di frico ma rimarranno i dubbi, i pensieri e come fare con figli di primo letto, di secondo e di nessun letto: nipoti sentiti come e più di figli, ma fra gli alpini la confusione è norma: io ho 60 anni e gli altri fradis ne hanno 59, ma per i casi della vita e le regole del nonnismo uno di loro è mio nonno e l’altro mio figlio. Chi glielo spiega al 4° ufficiale, quello dell’anagrafe? Noi no, di sicuro…
Ormai ci meritiamo il dolce, quello dedicato al futuro, una crema così gialla e densamente dolce che incrocia perfettamente il profondo giallo e dolce del Verduzzo friulano che la scorta. Incrociamo anche noi i cucchiaini come i moschettieri incrociano le spade.
Eravamo entrati alle 11,52 per iniziare un giro di ombre, ora sono le 15,10: siamo rimasti lì e le ombre, anche quelle che si proiettano dentro e non fuori, hanno girato intorno a noi quasi a circondarci ma spalla a spalla ci siamo difesi alla grande. Come da libretta.
“Un grappa?”. “No grazie, siamo astemi…”.
Un ultimo sorriso, un saluto e via…verso la cena e i bigoli con le sarde, altre ombre ci attendono: the show must go on.
Funa, il Viaggiatore Romantico
(Francesco Funaioli)
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