Come una mela dentro un bouquet da sposa

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NON conosco bene il Trentino, ma per quel poco che ne so, penso sia straordinario. È vero che le mie sono solo esperienze da turista, che mi muovo sempre sulla linea “piccolo paese, ben tenuto, vista mozzafiato su montagne, vallate e cime innevate” ma se il sapore che tutti questi paesi riescono a trasmettere va nella stessa direzione un motivo ci sarà. La Brexit ci ha appena confermato che la grande città non fa il gusto del Paese. Stamattina ero in giro con la pargola in un posto che si chiama Stenico. Una manciata di case lungo una strada  che definire “di montagna” è un understatement degno di un umorista molto dotato. Il piatto forte di Stenico, architettonicamente parlando, è un castello  che andava forte nel Medioevo perché era fortificato e ci abitava il vescovo di Trento quando a Trento era ariaccia. Paesaggisticamente parlando, lo stesso piatto forte è la vallata di Comano che sta ai piedi di Stenico e naturalisticamente parlando il medesimo piatto forte è una cascata di prorompente vitalità attorno alla quale è stato costruito un percorso didattico-naturalistico. Poi c’è anche un sentiero di “land art”, che ancora non ho visitato. Tutto questo per una comunità di 1.170 anime. Ma non è stata la guida turistica a portarmi in questo paesino. Ci sono capitata per caso. Mi sono fermata a Stenico perché ho visto il cartello dell’ufficio postale e dovevo pagare una multa che scadeva e non mi era riuscito trovarne un altro. In realtà, ero diretta altrove. Ma il bello della vità è la capacità di sorprendere positivamente. L’intuizione folgorante, il regalo inatteso, l’amico d’infanzia che compare sul treno per Roma. Il Trentino in una mattina d’estate. Ho parcheggiato, sono andata all’ufficio postale e ho pagato la multa, ho preso un caffè al bar sotto la rampa stile Everest che porta al castello, ho conosciuto Giulio – “sono venuto 26 anni fa per un lavoro stagionale di sei mesi e poi mi sono trattenuto un po’ di più” – e bevuto a una delle tre fontane del paese seminate in 150 metri. Era acqua, ma mi faceva un effetto come se avessi bevuto ambrosia. Tornando alla macchina, io e la pargola siamo passate davanti alla chiesa che, sia lodato il parroco, era aperta anche di lunedì mattina. La piccina ha un debole per le scalinate che terminano in chiese, basiliche, cattedrali… e quindi siamo entrate. Abbiamo acceso quattro candele – “mamma ancora una e poi basta” – e poi l’ho acchiappata sull’altare prima che accadesse l’irreparabile. E lì, l’epifania. (I re Magi questa volta non c’entrano anche se eravamo in chiesa!)  Ai piedi dell’altare, c’era un grande bouquet di fiori candidi – probabile vestigia di un matrimonio celebrato da poco – con al centro una composizione di mele. Sì, avete letto bene. Mele. Per la precisione delle Golden ancora acerbe, credo, con la buccia chiara, tendente al verde. O magari qui, nella patria delle mele (appunto) ne hanno anche di colore verde bianco che stanno alla grande nei bouquet di matrimonio. Insomma, l’essenza del Trentino tradotta in un gesto, in un’idea.  In un paese minuscolo ed essenziale come Stenico capace di splendori inattesi. In una composizione di mele all’altare a raccontare una terra e il suo prodotto principe. In una sensazione inspiegabile e  potente che ti ricorda come l’appartenenza all’umanità non è una questione di dove, ma di come.

  • RICETTE questa volta non ne ho, ma i fagottini alle mele con salsa di albicocche sono la prima cosa che cucino appena torno a casa:)

Archiviato in:Gourmet Tagged: Mele e fiori, Saccottino mele e albicocche, Stenico, Trentino

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