Recensioni: Roma, il garbato fish style di Mirko Di Mattia al Livello1

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Pur vivendo a Roma da anni, devo ammettere che ci sono alcune zone che frequento poco, come l’Eur. Quindi sapere che dal maggio 2016 all’Eur c’è un ristorante di pesce, Livello 1, nato con la consulenza dello chef neo stellato Felice Lo Basso, per me è stata una sorpresa. L’occasione è stata un invito a cena per una serata all’insegna del pesce fresco e del caviale Calvisius insieme alle bollicine Franciacorta della cantina Castello Bonomi e, visto che ho assaggiato diversi piatti che lo chef Mirko Di Mattia ha inserito nel menu degustazione dalla carta del ristorante, penso di avere abbastanza materiale per raccontarvi la mia esperienza a Livello 1. Una esperienza più che positiva, partendo dall’assunto che si tratta di un ristorante di fascia di prezzo medio-alta e che punta a una offerta di piatti creativi, con porzioni però decisamente abbondanti soprattutto per quanto riguarda i primi piatti, a base di materie prime eccellenti, con una chiara vocazione per una cucina leggera, a basso contenuto di sale e di grassi, che valorizza i sapori naturali di pesce e verdure.

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Il ristorante è modernissimo, nato dalla passione per la cucina di un gruppo di amici ‘capeggiato’ da Emilia Branciani, interior designer, la cui mano è evidente nell’arredamento e nell’impostazione di tutto il locale: colori naturali, molto bianco, qualche tocco vivacissimo di colore, tante vetrate e una meravigliosa e grandissima cucina completamente a vista al centro del ristorante. Annessa al locale una “Pescatoria” dove ogni giorno arriva pesce locale (Anzio, Ponza e Fiumicino), che si può comprare (e gli chef forniscono anche le ricette migliori per cucinarlo) o degustare all’ora dell’aperitivo o nei canonici pranzo e cena.

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Lo chef, giovane e sorridente, propone una formula veloce a pranzo, rigorosamente solo di pesce: primo con contorno, pane home made, acqua e caffè a 15 euro oppure secondo con contorno, pane home made acqua e caffè a 19 euro. Poi, a cena, si può scegliere il percorso degustazione di 7 portate a scelta dello chef a 70 euro, un menu degustazione a scelta libera dalla carta di 3 portate a 50 euro e di 4 portate a 60 euro. Ovviamente si può anche ordinare à la carte: il grande protagonista è il pesce, anche crudo, ma tutta la materia prima è chiaramente frutto di una scelta che non cede a compromessi e punta in alto.

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A partire dagli antipasti, tra i quali menziono il carpaccio di gambero rosso con burrata e mandorle (18 euro), il polpo rosticciato con patate, broccoletti e tartufo (16 euro) e il Causushi (16 euro), una creazione dello chef che ha unito la ‘causa rellena’ di origine colombiana (purea di patata condita con lime e peperoncino) al pesce crudo, servendolo come se fosse un sushi giapponese: tonno, salmone, ricciola abbinati a caviale e un ristretto di salsa di soia. Una idea originale e leggera (oltre che senza glutine), da diminuire forse la quantità della patata, il cui sapore era leggermente preponderante rispetto a quella del pesce.

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In speciale abbinamento con il caviale Calvisius, normalmente servito al ristorante sia in purezza sia nei piatti, ho assaggiato degli sfiziosi sandwich fatti in casa con salmone affumicato, lime e maionese al caviale e con tartare di tonno affumicato con pomodoro confit, olive taggiasche e maionese al basilico. Stuzzicanti e ben fatti. La differenza tra il pane in cassetta fatto in casa e quello industriale è abissale e io, che il pane lo faccio da ma, lo so bene.

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I primi variano dai 18 euro degli spaghettoni Felicetti con vongole veraci e bottarga ai 28 euro della calamarata con pesce spada di Ponza e salsa alla cacciatora. Tornerò per provare gli spaghettoni Felicetti con astice, ‘nduja e Pata negra croccante che ho visto durante le fasi di preparazione ma non ho potuto assaggiare.

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Io ho assaggiato un risotto Acquerello con purea di broccoletti ripassati, gambero rosso crudo, salsa di pomodori infornati e caviale Oscetra (22 euro): bella l’idea, con il risotto (servito in porzione decisamente abbondante) mantecato solo con la purea di broccoletti e quindi in purezza, una salinità equilibrata, la giusta acidità data dal pomodoro, l’indubbia qualità del gambero rosso. Due minuti in meno di cottura del riso, per i miei gusti non abbastanza al dente, e il piatto sarebbe stato perfetto.

Non ho potuto resistere e ho girato anche un video sulla composizione del risotto, perché è sempre meraviglioso secondo me osservare uno chef al lavoro. Di questa cucina ho notata con piacere l’assoluta pulizia, la precisione di gesti dello chef e della brigata.

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Senza difetti e, anzi, decisamente di alto livello, i tortelli di pasta all’uovo con burrata, vaniglia e caviale. La pasta spessa e ruvida, di cottura perfetta, piacevolmente callosa in bocca, il sapore lievemente ma persistentemente vanigliato della burrata, la sapidità de caviale e la grassezza del velo di burro (un burro davvero strepitoso, da provare sul pane fatto in casa) ne fanno un piatto davvero in equilibrio, di grande piacevolezza, di cui si farebbe volentieri il bis.

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Tra i secondi ovviamente il pescato di mare fresco servito al vapore, al forno o alla piastra “per gli amanti della semplicità”, come recita il menu, a 8 euro all’etto, oppure pochi piatti selezionati creati dallo chef in un percorso fusion tra l’oriente e la tradizione romana come il baccalà in tempura con ceci, gelatina di basilico e liquirizia (28 euro), i bocconcini di coda di rospo alla vaccinara (28 euro), i saltimbocca di sogliola alla romana (26 euro). Io ho assaggiato un trancio di storione in oleocottura su crema di lenticchie di Castelluccio e caviale Calvisius. Lo storione è un pesce magrissimo, di sapore poco pronunciato e con una tendenza, a causa della sua mancanza di grasso, a diventare stopposo se cotto appena un po’ più del giusto: ho trovato quindi molto ben studiata l’idea dell’oleocottura, perché le carni sono rimaste tenaci al taglio ma morbide in bocca. Stuzzicante l’abbinamento con le lenticchie, anche se io avrei azzardato una nota salina in più nel piatto, che nel complesso mi è comunque piaciuto.

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Dulcis in fundo, un’ottima e leggerissima crema al cioccolato bianco con sfera di cioccolato, spugna ai lamponi, gel di frutti rossi, crumble salato e caviale (10 euro): un dolce leggero, molto ben eseguito, dove il caviale era perfettamente in equilibrio. Tra gli altri dolci in carta, tutti a 10 euro, il Cubano, con ricotta pere e Porto, la classica ‘romanesca’ pera al vino rosso rivista con gelato di curcuma e banana e ‘Alice’, un gelato di more, spugna di lamponi, mousse di mirtilli e terra di cioccolato.

In abbinamento ai piatti dello chef Di Mattia, ho avuto modo di provare il Franciacorta Docg Satèn e il Franciacorta Docg Brut “Cru Perdu” delle Cantine Castello Bonomi. Il titolare, Roberto Paladin, ha presentato in anteprima anche una inedita versione del Cru Perdu “col fondo”, cioè senza ancora la fase di sboccatura, quindi con il vino ancora sui lieviti.

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