Polpette. La ricetta classica

L’ Autunno, quello vero, fatto di aria frizzantina, di pioggerellina fine, di giubbini e giacche di medio peso, si sta facendo attendere, anche se le previsioni meteo annunciano qualche precipitazione nei prossimi giorni. La necessità e la bramosia di piatti tipici del periodo, al contrario, si è manifestata già da un po’ in tutta la sua prorompenza.
Nel menu di casa di inizio autunno, spiccano diverse versioni delle universalmente amate polpette, anche se, alla fine, le più gettonate sono sempre loro, le classiche palline immerse nel sugo.
A presto,
Maria Grazia 
Se non sapete resistere a Polpette & Crocchette, a questo link troverete qualche facile e sfiziosa idea. 


Polpette, antica ed intramontabile bontà 

Piccole sfere irregolari dal gusto straordinario e universalmente apprezzate, le polpette vantano una storia davvero antica. Il primo a citarle fu probabilmente Apicio, chef ante litteram della Roma imperiale. 
Le Isicium, questo il loro antico nome, venivano  preparate con carne o pesce. Tra le carni che Apicio, nei suoi scritti, consiglia per la preparazione, sono quelle di coniglio, pollo, maiale e fagiano.
Fonti storiche raccontano che venissero vendute anche già pronte, soprattutto quelle realizzate con carne bovina o suina. Qualsiasi fosse l’ingrediente utilizzato per la preparazione delle isicium, il condimento era costituito dalla sapa, condimento ottenuto dal mosto.
Il termine polpetta comparve per la prima volta nel ricettario Libro de Arte Coquinaria, scritto nella seconda metà del XV secolo da Maestro Martino da Como, il cuoco europeo più importante di quell’epoca e prima firma importante della cucina italiana. In realtà, pare che la descrizione della preparazione rimandi   più ad un involtino che ad una classica polpetta, che si presenta nella sua tradizionale veste più avanti, nella Mantova barocca di Bartolomeo Stefani, cuoco alla corte dei Gonzaga e nipote di Giulio Cesare Tirelli, capocuoco della Serenissima Repubblica di Venezia. 
Impasto di carne tritata, lardo, formaggio grattugiato, aglio prezzemolo, pane ammollato, uvetta, uova, ricotta e pepe, la polpetta diventa nel tempo anche sontuoso piatto di recupero, per la cui preparazione si utilizzano avanzi come la classica carne lessa. 
Nel XIX, grazie a Pellegrino Artusi e al suo La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene, la polpetta ha per la prima volta la sua ricetta completa, con tanto di dettagliata descrizione di tutte le fasi di esecuzione.

(sitografia: AcademiaBarilla.it, Saporie.it, Mincioedintorni.com)





Polpette, la ricetta classica

Ingredienti 

400 g di carne tritata di scottona piemontese 

2 cucchiai di Parmigiano Reggiano 36 mesi grattugiato 

1 cucchiaio scarso di Pecorino Fiore Sardo DOP

1 uovo bio grande

60 ml circa di latte senza lattosio

prezzemolo fresco tritato 

pangrattato 

300 ml di passata di Pomodori Datterini Bio
1/2 cucchiaino di zucchero di canna 

sale



Versare la passata di datterini in un tegame largo dal fondo antiaderente. Unire un pizzico di sale e mezzo cucchiaino di zucchero di canna per smorzare l’acidita del pomodoro. Portare la salsa a leggero bollore.


Nel frattempo, trasferire la carne tritata in una ciotola capiente, aggiungere l’uovo, il Parmigiano Reggiano ed il Pecorino Fiore Sardo DOP grattugiati, un pizzico di sale, il prezzemolo fresco tritato ed il pangrattato. Amalgamare gli ingredienti unendo a filo il latte fino ad ottenere un composto sufficientemente morbido.


Dare forma alle polpette, trasferirle nel tegame della salsa e cuocere con il coperchio per circa dieci minuti a fuoco basso, dopodiché rigirarle in modo che il sugo le avvolga in maniera omogenea. 


Salare e cuocere per circa 20 minuti o fino a quando la salsa si sarà lievemente ristretta. 





~




“Tua madre, che non era una letterata, passò due terzi della sua vita in cucina, ad ammannire per i suoi cibi non molto variati, ma dai quali emanava, come da un uguale centro affettivo, un uguale irradiante calore, ripiegò, per così dire, sulle polpette quando, partita te per un diverso destino, la casa rimase quella di due poveri vecchi…Le polpette al pomodoro,  che né tu, nè io assaggeremo più a questo mondo, venivano non confezionate ma servite in due modi diversi. La tua povera madre le mangiava calde e senza la salsa; io fredde e col piatto ricoperto fino agli orli di pomodoro”

(da “Le Polpette al Pomodoro”, di Umberto Saba)


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