La figlia oscura, di Elena Ferrante

Un’inizio un po’ lento per un libro che, man mano che procede verso il centro
della storia, sembra inghiottirti pur non avendo un vero e proprio 
momento clou e pur continuando a procedere lentamente verso qualcosa 
di indefinito, di inconcludente e apparentemente ripetitivo.
In realtà “La figlia oscura” è un romanzo bellissimo e coraggioso; un racconto 
introspettivo  in cui la protagonista ha il coraggio di ammettere tutte le sue colpe,
di madre e di figlia, pur evidenziando al meglio ogni singola possibilità 
che una donna meriterebbe per dirsi madre realizzata. 
Colpe e rimorsi, rimpianti ed errori ma anche la coscienza di aver percorso 
una strada obbligata per raggiungere la pace con se stessa e godere dell’amore 
che i figli, inevitabilmente, ci procurano. 
In altri termini, la Ferrante affronta il tema (molto attuale) della depressione 
che travolge molte neo mamme le quali non sempre riescono a dare un nome 
e un volto a questo nemico e che spesso ne finiscono inghiottite.
LA TRAMA
Leda è un’insegnante, divorziata da tempo, tutta dedita alle figlie e al lavoro.Ma le due ragazze partono per raggiungere il padre in Canada. Ci si aspetterebbe un dolore, un periodo di malinconia. Invece la donna, con imbarazzo, si sente come liberata e la vita le diventa più leggera. Decide di prendersi una vacanza al mare in un paesino del sud. Ma, dopo i primi giorni quieti e concentrati, l’incontro con alcuni personaggi di una famiglia poco rassicurante scatena una serie di eventi allarmanti. Pagina dopo pagina la trama di una piacevole riconquista di sé si logora e Leda compie un piccolo gesto opaco, ai suoi stessi occhi privo di senso, che la trascinerà verso il fondo buio della sua esperienza di madre

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