Itinerari: il fascino di Palermo tra siti Unesco, gastronomia e arte dolciaria





Capitale italiana della Cultura per il 2018, patrimonio dell’Unesco dal 2015 con il suo itinerario Arabo-Normanno, una città che ha visto un susseguirsi di re e regine, di dominazioni sempre diverse che sono state assimilate, adattate, metabolizzate in un crogiuolo di culture e gusti vivo ancora oggi: questa è Palermo, uno dei miei luoghi del cuore, con tutti i suoi innumerevoli pregi e le sue infinite contraddizioni. E un po’ con l’istinto, un po’ con la ragione, voglio accompagnarvi a scoprire questa città straordinaria, in un itinerario sia per chi già c’è stato, sia per chi non l’ha mai vista e ha voglia di scoprirla piano piano, emozionandosi come capita a me tutte le volte che la vedo. Ho scelto come filo conduttore di questo viaggio (vi serviranno almeno 5 giorni e tanta voglia di camminare per vedere tutto quello che vi indico) l’itinerario degli edifici civili e religiosi protetti dall’Unesco (9 in tutto, ma qui non vi parlo della cattedrale di Cefalù e del ponte romano di Palermo), tutti risalenti al periodo normanno che va dal 1130 al 1194, eccezionale esempio del sincretismo socio culturale che si verificò miracolosamente in Sicilia tra cultura occidentale, bizantina e islamica. Tra un mosaico e una volta ad ogiva, vi porto anche in alcuni luoghi di Palermo che non potete perdere, anche se esulano dall’itinerario arabo-normanno Unesco, nei mercati a guardare i tanti prodotti dell’isola e a mangiare il cibo da strada, ad assaggiare i dolci siciliani capolavoro della pasticceria (leggete fino in fondo perché troverete due video che sono certa vi piaceranno). E vi porterò nei ristoranti che ancora propongono una cucina tipica ben fatta.

LA ZISA (Patrimonio Unesco) – Questo castello, originariamente casa di campagna dei re, e questi giardini risalgono all’epoca delle dominazioni normanne sulla Sicilia. La Zisa il cui nome deriva da Al-aziz (che significa la magnifica, la splendida), fu commissionata infatti da Guglielmo I e fatta terminare da Guglielmo II nel 1175, grazie al lavoro di architetti e maestranze arabe. Era la dimora estiva dei re Normanni e anche oggi riesce ad impressionare il visitatore con le dimensioni degli ambienti, la ricchezza delle pitture, lo splendore dei mosaici sulle pareti. Il palazzo è decorato da grandi volte a crociera ogivale in stile arabo (le muqarnas, che ritroverete nel soffitto della Cappella Palatina). Meravigliosa la sala della Fontana, dove il sovrano riceveva la corte. La quiete e il silenzio di questi ambienti erano interrotti solo dal rumore dell’acqua, mentre lo sguardo si perdeva lungo i giardini, dominati da un’importante sequenza di fontane e vasche, fino alla campagna circostante. Dopo numerosi rifacimenti nel XVI secolo, la Zisa passò decenni di abbandono totale, tanto che nel 1971 l’ala destra del palazzo crollò. Fu allora che fu sottoposta a un grande restauro e restituita alla cittadinanza nel 1991.

MANGIARE: LE PANELLE – Se siete già a Palermo da qualche ora, per entrare nello spirito dei siciliani dovete iniziare a inframmezzare la vostra giornata con una serie di spuntini ipercalorici e gustosissimi. Per rendervi la vita più facile, uno dei cibi da strada più famosi di Palermo, il pane e panelle, è venduto in ogni angolo della città: rosticcerie, bar, gastronomie. Ma le migliori panelle, frittelle di farina di ceci di forma irregolare, fritte sul momento, condite con un po’ di sale e (se vi piace) qualche goccia di limone, le trovate al mercato di Ballarò. Potete scegliere di gustarle calde, da sole, o in mezzo alle mafalde, il caratteristico pane siciliano con la giuggiulena, il sesamo.

VEDERE: LE CATACOMBE DEI CAPPUCCINI – Nello stesso quartiere della Zisa si trova un luogo macabro e allo stesso tempo sacro, adatto solo a chi non si fa impressionare facilmente. Le Catacombe dei Cappuccini nascono come luoghi di sepoltura dei frati del convento adiacente la chiesa di Santa Maria della Pace. I frati adattarono le grotte preesistenti e, nel trasportare le reliquie dei confratelli da una fossa comune a una nuova sistemazione, si accorsero che i corpi si erano mummificati naturalmente. Così decisero di collocarli nelle nicchie e di esporli. La prima salma fu quella di Fra Silvestro da Gubbio risalente al 16 ottobre del 1599. Nel 1783 i frati decisero di aprire le catacombe a chiunque volesse e potesse permettersi di essere imbalsamato. Furono così migliaia i notabili siciliani che decisero di sottoporsi, una volta morti, al processo di mummificazione naturale. Il cimitero fu chiuso nel 1880, con due eccezioni: nel 1911 accolse la salma di Giovanni Paterniti, viceconsole degli Stati Uniti; e nel 1920 la piccola Rosalia Lombardo, di due anni, nota come la mummia più bella del mondo, che ancora oggi sembra dormire nella sua culla.

MANGIARE: LA CALDUME – Da 150 anni la famiglia Girgenti gestisce nel quartiere de La Zisa e delle Catacombe, il locale chiamato  “Da Spirito“. Oggi ai fornelli si è arrivati alla quinta generazione con padre in sala e figlio ai fornelli. Qui, si possono trovare i grandi classici palermitani, a partire dal “pane ca’ meusa” (panino con la milza), che ancora oggi gode di una certa fama come cibo da strada. Ma soprattutto si trovano rarissimi piatti come “la caldume”, chiamato anche “a quarumi”: una ricetta povera, un bollito misto fatto con le viscere del vitello, lavate accuratamente e poi cotte in un brodo di verdure (cipolla, sedano, carota), prima di essere servite a pezzi con sale e limone. Da Spirito si gusta anche l’insalata palermitana (con mascella di bovino, olive e verdure crude: sedano, carote e cipolla); infine, la lingua alla pizzaiola, il lattume di tonno fritto (lattumiaddi), che non è altro che il liquido seminale del tonno. Tutte queste antiche ricette le trovate a prezzi davvero modici, da 2 a 4 euro, in un ambiente decisamente spartano ma molto pulito, con un servizio simpatico e caloroso. Tra i primi piatti, ovviamente la pasta con le sarde alla palermitana, penne alla norma, una vasta scelta di panini con ingredienti freschi e anche fritture di pesce e pepate di cozze.

MANGIARE: I DOLCI SICILIANI – passeggiando per Palermo, parte integrante del vostro viaggio sarà sicuramente la strepitosa pasticceria siciliana, che rappresenta la sintesi delle varie dominazioni che l’isola ha subito nei secoli, ma è anche l’eredità dei Monsù, i cuochi venuti al seguito dei nobili francesi, e del paziente lavoro delle monache nei conventi. Non vi resta che scoprire tutte queste specialità (continuando nella lettura troverete un po’ di indirizzi imperdibili): per allettarvi vi cito solo la cassata siciliana e i cannoli (i due dolci più famosi),  il gelo di mellone (anguria), il tripudio di colori della frutta di Martorana, le cassatelle di ricotta al forno, l’antico “buccellato”, la torta Savoia e la torta Setteveli. Avrete tanto da ammirare e assaggiare, ve lo garantisco.

VEDERE: LA CALA – Quando si arriva alla Cala di Palermo quello che prima colpisce è l’odore che c’è nell’aria. Un misto di alghe e salsedine che chi è nato e cresciuto a Palermo conosce bene. Un tempo l’approdo più sicuro di tutta l’area portuale palermitana, di cui rappresenta il più antico insediamento, oggi la Cala è – soprattutto di notte – un luogo della movida cittadina. Partendo dalla Cala, vi consiglio di risalire la zona del Foro italico, chiamato Foro Borbonico fino al 1861, anno dell’Unità d’Italia, passando per la Porta Felice, le mura delle Cattive, il giardino botanico (uno dei più ricchi di specie in tutta Italia). Sotto le mura delle cattive, fate una doverosa sosta in una delle storiche gelaterie palermitane: la gelateria Ilardo, che in estate propone il mitico gelato di scorsonera (l’essenza di gelsomino) e di cannella. Una sorta di estratto dei profumi e dei gusti siciliani. Altro must: il gelato di anguria, servito come si faceva un tempo, nelle coppe di metallo ghiacciate.

MANGIARE: OTTAVA NOTA – Per una cena romantica basata su una cucina creativa e sempre attenta a valorizzare le materie prime siciliane, con un occhio di riguardo ad abbinamenti insoliti e persino un po’ azzardati, vi consiglio il ristorante “Ottava nota“. Situato vicino al lungomare, nei pressi della Cala, in un ambiente minimalista con luci soffuse e un servizio cortese e informale, questo locale ha un costo medio-alto con un menu che gioca tra terra e mare: antipasti tra 14 e 18 euro, primi piatti di pasta tra i 17 e i 20 euro, risotti tra 19 e 20 euro, secondi piatti tra 10 e 25 euro. Divertente e gustoso il benvenuto dello chef, un amuse bouche composto da una tartelletta con formaggio fresco e tartare di tonno, accompagnata da uno shortino di bloody mary. Per il primo di pasta, azzeccato l’abbinamento tra il gambero rosso di Mazara del Vallo e i caratteristici “tenerumi” siciliani (foglie giovani e più morbide delle zucchine serpente). Ho trovato interessante, anche se non perfettamente in equilibrio, il risotto con crema di acciughe, lime e cioccolato al peperoncino. Tra i secondi: un delicato e piacevole baccalà gratinato con crema di finocchi e formaggio caprino girgentano; un divertente “sfincione di mare”: una zuppa di pomodoro e cipolla con pesci misti, crostacei, caciocavallo e origano, che punta e riesce a ricreare i profumi della classica focaccia palermitana, chiamata sfincione. A mio parere il piatto meglio riuscito. I pani sono preparati in casa, con farine di grani antichi siciliani.

MANGIARE: SPINNATO – Per una colazione, una pausa pomeridiana o un goloso dopocena, potete fare visita a una delle due sedi dell’Antico Caffè Spinnato, entrambi non distanti dal Teatro Politeama. E’ un caffè storico di Palermo, aperto nel 1860 nella sede originaria via principe di Belmonte. Potete scegliere per un cornetto o un krapfen farcito sul momento con crema pasticcera, crema di pistacchio, crema di ricotta o persino con il gelato (golosissimo), oppure potete optare per le granite con brioche (buone ma non comparabili a quelle di Messina). Il locale serve anche arancini e rustici siciliani.

VEDERE: TEATRO MASSIMO e IL POLITEAMA – E’ impossibile non restare impressionati dalla maestosità e dall’imponenza dei due grandi teatri palermitani: il Teatro Massimo (piazza Verdi) e il Teatro Politeama (via Ruggero Settimo). Il Teatro Massimo Vittorio Emanuele, realizzato dall’architetto Giovan Battista Filippo Basile, è il più grande edificio teatrale lirico d’Italia, costruito sulla base di un grandioso progetto che lo ha reso il terzo teatro più grande d’Europa dopo l’Operà di Parigi e la Staatsoper di Vienna. Il Teatro Politeama invece fu costruito in un bizzarro ed affascinante stile pompeiano dall’architetto campano Giuseppe Damiani Almejda. Oltre a vantare un calendario lirico e teatrale di grande livello, i due teatri sono visitabili anche all’interno dai turisti.

MANGIARE: PASTICCERIA COSTA –  Tra le migliori pasticcerie di Palermo, la pasticceria Costa si trova nella sede storica di via D’Annnunzio, una traversa del lungo Viale della Libertà. Tra arredi originali in legno, risalenti alla fine degli anni Sessanta, qui si entra e si corre il serio rischio di non andare più via. Il laboratorio realizza in modo esemplare la vasta gamma di dolci dell’antica tradizione palermitana. Tutto è nato grazie ad Antonino Costa, che negli Anni Cinquanta iniziò a lavorare come pasticcere nel panificio di quartiere, per poi far nascere un piccolo laboratorio nel 1960, da cui partì la sua avventura. Oggi, i dolci della pasticceria Costa, grazie anche all’impegno del figlio Riccardo, viaggiano in tutto il mondo. E il maestro Costa, a 83 anni (portati in modo magnifico), realizza ancora a mano la frutta di Martorana, uno dei simboli dell’arte dolciaria palermitana assieme alla cassata. I suoi gesti sanno di antico, di esperienza e di passione per questo difficile mestiere. Per i golosi, è il paese delle meraviglie: buccellato, cassate, cannoli, crostata al gelo di anguria, torta setteveli, gelatine di frutta, mousse, torte di ricotta e pistacchio. Nota di merito per il gelato della Pasticceria Costa, realizzato in modo artigianale, con l’uso di materie prime di qualità e senza semilavorati.

VEDERE: LA VUCCIRIA – La Vucciria non è più il mercato di una volta, quello che già in epoca medioevale attirava nel cuore di Palermo i commercianti da tutto il Mare Mediterraneo. Un luogo che è stato per secoli uno dei simboli  della città. Oggi di quella Vucciria resta ben poco. Ancora fino a 15 anni fa io lo ricordo come un mercato vivace, pieno di banchi di carne, pesce, verdura, friggitorie e piccoli negozi dove si poteva trovare un po’ di tutto. La Vucciria del terzo millennio è invece un luogo della movida notturna, che si popola di turisti e palermitani alla ricerca di street food e divertimento. Vi consiglio di visitare in ogni caso la Vucciria di giorno, per guardare i palazzi nobiliari oggi in parte abbandonati ma anche oggetto di ristrutturazioni a uso commerciale e abitativo, ammirare la fontana del Garraffello e immaginare di sentire ancora le voci sguaiate (da cui il nome Vucciria) dei venditori ambulanti che incitavano ad acquistare la merce. Anche se la Vucciria dipinta da Renato Guttuso è ormai scomparsa, il quartiere ha un fascino nostalgico senza tempo.

LA CATTEDRALE (Patrimonio Unesco) – La Cattedrale di Palermo è uno dei monumenti arabo-normanni che, alla vista, più sorprendono e affascinano. Gioiello della fine del XII secolo, fu costruita sotto il regno di Guglielmo II dopo la vittoria sugli arabi, sulla base di una preesistente moschea islamica. Nella navata laterale di questo centro nevralgico della cristianità del sud Italia sono sepolti re e imperatori Normanni e Svevi: Ruggero II, che nel 1130 creò il Regno di Sicilia; Costanza di Altavilla imperatrice e Enrico VI, genitori di Federico II, re di Sicilia e imperatore, conosciuto come “stupor mundi”, sepolto anch’egli a Palermo. Qui sono ospitate anche le reliquie di Santa Rosalia, patrona di Palermo. Il periodo arabo-normanno è noto per il sincretismo culturale che fece convivere assieme musulmani, bizantini, latini, ebrei, lombardi e francesi. E’ anche per questo motivo che le tre cattedrali di Palermo, Monreale e Cefalù fanno parte del Patrimonio dell’Unesco: un’unione di stili eterogenei che, attraverso l’architettura, hanno rappresentato una unione di comunità e il prototipo della nascita della civiltà mediterraneo-europea moderna.

MANGIARE: OSTERIA BALLARO’ – Tra i ristoranti che più ho apprezzato in questo tour di Palermo, vi segnalo l’Osteria Ballarò, che è sia wine bar e street food, sia ristorante tradizionale. Nella recensione su Osteria Ballarò che ho pubblicato qualche giorno fa troverete tutte le foto, i dettagli e i prezzi di questo locale che vi consiglio vivamente.

VEDERE: I QUATTRO CANTI – I Quattro Canti rappresentano il crocevia di Palermo e segnano l’incrocio tra Via Maqueda e Via Vittorio Emanuele: si tratta di quattro palazzi che delimitano una piazza a pianta ottagonale, punto di incontro tra quattro quartieri di Palermo: Kalsa, Loggia, Capo e Albergheria. Imponenti, meravigliosi e decadenti, i Quattro Canti sono decorati ciascuno con una fontana. Le quattro fontane rappresentano gli antichi fiumi che bagnavano Palermo: Papireto, Kemonia, Oreto e Pannaria. Adornati anche dalle Quattro Stagioni, necessiterebbero oggi non tanto di un restauro esterno, quanto di diventare fruibili al loro interno. A due passi dai Quattro Canti, lungo la via Maqueda, si trova Piazza Pretoria, detta anche Piazza della Vergogna, a causa delle numerose statue nude che decorano la magnifica fontana in marmo bianco di Carrara, risalente al 1500 e opera dello scultore Francesco Camilliani. La vergogna, secondo la leggenda, sarebbe stata quella provata dalle monache che abitavano all’interno del vicino convento di clausura al vedere le statue nude. Sulla stessa piazza si affacciano la seicentesca chiesa di Santa Caterina, il quattrocentesco Palazzo Pretorio (sede del Comune di Palermo) e alcuni magnifici palazzi patrizi.

MANGIARE: LO SFINCIONE – Lo sfincione è uno dei simboli di Palermo: una focaccia piuttosto alta, condita con un saporito sugo a base di pomodoro, cipolle, acciughe e completato con caciocavallo e origano fresco. Il suo profumo è straordinario. Vi consiglio di gustarlo direttamente dai venditori che spingono i loro carretti lungo le vie dei mercati del centro storico; il mercato del Capo, il mercato di Ballarò e il mercato della Vucciria. In questi mercati, potete anche provare altri street food palermitani, che variano al variare delle stagioni: in estate, il mais bollito in grandi calderoni, in inverno i carciofi o le patate, oppure le cipolle cotte al forno o sotto la cenere. Se siete, come mi auguro, dei curiosi del cibo, potrete anche acquistare prodotti tipici come le lumache, i capperi, il famoso concentrato di pomodoro che viene venduto in pasta, sistemato in rosse collinette cremose.

VEDERE: LA CHIESA DEL GESU’ – Tra le tante chiese di Palermo, vi consiglio di non perdere la Chiesa del Gesù, nota anche come “Casa Professa”: costruita nel 1500 in un fastoso stile barocco siciliano, aveva lo scopo di rappresentare l’importanza dell’ordine dei Gesuiti. Il risultato è una chiesa interamente ricoperta da marmi policromi, sculture in marmo, altorilievi in marmo raffiguranti putti, angioletti, cesti di frutta, uccelli esotici e animali. Parzialmente distrutta durante la seconda guerra mondiale, fu ricostruita e mantiene oggi intatto lo straordinario fascino di un’opera d’arte vivente.


LA MARTORANA e SAN CATALDO (Patrimonio Unesco) – La Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, che i palermitani chiamano “La Martorana” e la Chiesa di San Cataldo fanno parte del Patrimonio Unesco, che comprende l’itinerario arabo-normanno. Si tratta di due gioielli in pieno centro, alle spalle di Piazza Pretoria, e sono state costruite tra 1100 e 1200. La Martorana subì un rifacimento in epoca barocca che fu in parte eliminato a fine Ottocento. La sua facciata, quindi, non prepara il visitatore all’incanto che si trova al suo interno. La chiesa è un gioiello dell’arte bizantina, con pianta a croce greca e sottili colonne con archi ad ogiva. Tutto è decorato con mosaici in oro, realizzati da maestranze bizantine nel 1100. La cupola è dominata dal famoso “Cristo assiso benedicente”. Intatta anche la bellissima pavimentazione policroma a mosaici. Oggi, la Martorana appartiene all’Eparchia di Piana degli Albanesi e officia le messe secondo il rito greco-bizantino. Accanto, sempre in piazza Bellini, si trova la Chiesa di San Cataldo, con le sue caratteristiche cupole rosa. L’edificio trae chiaramente spunto da motivi arabeggianti tipici dell’epoca e. all’interno, è severo e disadorno. Le luci che filtrano illuminano le colonne, i capitelli e il bellissimo pavimento originale, in lastre di marmo decorate a tarsie.

MANGIARE: OSTERIA MERCEDE – A cinque minuti a piedi dal Teatro Massimo si trova l’Osteria Mercede, che propone piatti di pesce fresco tradizionali e molto ben fatti a un prezzo corretto. Il locale, semplice e arredato in stile marinaro, è molto piccolo. Quindi, vi consiglio di prenotare. Tranne il crudo di pesce (a 30 euro) che vi suggerisco di provare, i prezzi di questo ristorante sono decisamente convenienti. Antipasti tra 6 e 13 euro (insalata di polpo, zuppa di cozze, caponata di spada e tonno); primi piatti tutti a base di pesce fresco (12 euro); secondi tra 15 e 18 euro, tranne la griglita mista a 25 euro. Oltre al crudo di pesce, ho assaggiato una abbondante zuppa di cozze, un’ottima caponata con il crudo di pesce, i tonnarelli alle vongole veraci, al dente e ben eseguiti, il tonno scottato al sesamo con cipolla caramellata e il pesce spada alla palermitana. Il servizio è giovane, cortese e informale.

VEDERE E MANGIARE: MERCATO DI BALLARO’ – Decaduta la Vucciria, quello di Ballarò è diventato il mercato più noto al centro di Palermo. A pochi passi dalla stazione ferroviaria centrale e non distante dalla via Maqueda, qui lo spirito siciliano è ancora vivace e si sentono i venditori urlare a gran voce tra mille colori di frutta e verdura. Le bancarelle di ortaggi, carni, formaggi e pesce si snodano lungo strade costellate di palazzi nobiliari in parte diroccati e splendide facciate di chiese barocche. Quindi, il mio consiglio è: non guardate soltanto agli alimenti sui banchi ma alzate lo sguardo verso ciò che sta sopra il mercato.

Ballarò non propone solo materie prime fresche, ma anche tanto cibo pronto: panelle, cazzilli (crocchette di patate), sfincioni, pane con la milza (pani ca a’ meusa), fino ad arrivare alle cipolle cotte in forno, all’insalata di mare, alle sarde a beccafico, e al pesce fritto. Durante un viaggio a Palermo la tappa al mercato di Ballarò è d’obbligo per entrare davvero nella colorata anima siciliana. Dopo le 19.30, le bancarelle chiudono e aprono i locali della movida che offrono cocktail, vini siciliani, piatti tipici e aperitivi.

PORTA NUOVA – Lungo il Corso Calatafimi si apre la celebre Porta Nuova, principale ingresso alla città di Palermo in epoca medioevale. Una porta che ha subito diversi rimaneggiamenti (fu anche colpita e danneggiata da un fulmine) e che, nella sua forma attuale, risale al 1669. Ha due diverse facciate: una guarda al centro storico di Palermo, lato Cattedrale, l’altra guarda in direzione di Monreale e i 4 imponenti giganti che la sostengono sono i turchi sconfitti. La parte più bella, a mio parere, è la cupola, rivestita di maioliche colorate e sormontata da un’aquila ad ali spiegate, simbolo di Palermo.

Il palazzo dei Normanni a Palermo

PALAZZO DEI NORMANNI (Patrimonio Unesco) – E proprio l’aquila è il simbolo del capolavoro che si trova a due passi da Porta Nuova, un altra tappa dell’itinerario Unesco arabo-normanno: il Palazzo dei Normanni, anticamente il palazzo reale dei re Svevi e Normanni, oggi sede istituzionale della Regione Siciliana. Un palazzo che, nonostante i rimaneggiamenti interni ed esterni, è ancora oggi straordinaria sintesi della visione culturale e artistica della dinastia normanna. La prima pietra fu posta nel 1072, il palazzo delle Aquile ospitò gli illuminati Ruggero II, Guglielmo I, Guglielmo II e Federico II di Svevia. Durante il regno di Federico II, proprio da questo palazzo (chiamato anche Palazzo d’Orleans), prese il via la scuola poetica siciliana. A partire dal XVI secolo diventò sede dei governatori spagnoli, i vicerè. Dopo gli Spagnoli arrivarono i re Borboni. Tutti vollero modificare il palazzo e portarvi all’interno e all’esterno un p0′ della propria cultura e del proprio stile architettonico, fino a farlo diventare come oggi possiamo ammirarlo.

La Cappella Palatina a Palermo

CAPPELLA PALATINA (Patrimonio Unesco) – Al di là delle meravigliose sale del Palazzo Reale, tra cui la sala di Ruggero II e la sala del Duca di Montalto, all’interno di questo palazzo il vero tesoro è rappresentato dalla Cappella Palatina. Voluta da Ruggero II di Altavilla., fu edificata nel 1130; oggi la sua facciata non è più visibile perché inglobata nella struttura del palazzo, ma all’interno è un abbacinante susseguirsi di mosaici bizantini in oro e colori vivaci. La cappella è la testimonianza della convivenza tra la chiesa latina e la chiesa greca, tra l’Occidente e l’Oriente. Il soffitto è interamente in stile islamico (muqarnas, come la Ziza), il pavimento segue geometrie arabeggianti, come anche molti elementi decorativi (come le palmette stilizzate), ma i mosaici sono bizantini e le scene che raccontano sono cristiane. Il cristo pantocratore, che domina l’abside, è tra le icone di Gesù più note al mondo. All’epoca di Ruggero II i riti erano officiati in greco e latino.

MANGIARE: PASTICCERIA CAPPELLO – Dopo avere saziato l’anima e gli occhi con le bellezze della Cappella Palatina e del Palazzo dei Normanni, è tempo di saziare anche lo stomaco. Dagli splendori architettonici si passa quindi a quelli della pasticceria siciliana. La pasticceria Cappello è un indirizzo storico: fondata dal maestro Salvatore, è ora gestita dal figlio Giovanni. Qui la pasticceria è moderna ma anche tradizionale, con le immancabili cassate, la cassata al forno, la torta Savoia, i geli di anguria, i cannoli, i buccellati, la frutta di martorana tanto vivida da sembrare vera. Da Cappello si viene anche per un gelato e per una granita di caffè con la panna fresca, che meritano sicuramente un assaggio. Dal laboratorio di via Colonna Rotta partono tutti i dolci per l’altra sede di Via Garzilli. Cappello è anche cioccolateria, con praline realizzate a mano.

MANGIARE: FOCACCERIA SAN FRANCESCO – L’Antica Focacceria San Francesco (fondata nel 1834), seppure un po’ cambiata negli anni (compresa la proprietà, dopo la partnership col gruppo Feltrinelli dal 2013, e tenuta presente l’apertura di numerose sedi in franchising), resta nella sede storica palermitana un luogo di aggregazione per i cittadini e i  turisti che vogliono mangiare un semplice panino con le panelle, il famoso pane ca’ meusa, oppure sedersi e gustare un piatto della cucina locale come gli involtini di melanzane, la pasta con le sarde, la caponata. La qualità della proposta è ancora buona, grazie a una attenta selezione dei fornitori e delle materie prime, anche se ci sono alcune sbavature (ad esempio sulle arancine, che non vi consiglio).  Tra le cose che a mio parere meritano un assaggio le sarde a beccafico, il panino con le panelle, la caponata e la pasta con le sarde. Come anche da non perdere la preparazione e la farcitura dei pani con la milza, cotta in grandi pentoloni e accompagnata, se piace, dalla ricotta fresca.


SAN GIOVANNI DEGLI EREMITI (Patrimonio Unesco) – Al re normanno Ruggero II si deve la costruzione della Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, un altro dei gioielli tutelati dall’Unesco. La chiesa, anche in questo caso costruita nei primi anni del 1100, faceva parte di un monastero di cui oggi resta intatto lo splendido e pacifico chiostro. Costruita sulla base di modelli architettonici di chiara impronta islamica, è nota per le cinque cupolette rosa che si stagliano contro il cielo turchese di Palermo e che sono ormai diventati uno dei simboli della città. Al suo interno è molto semplice, spartana: aveva in origine pareti affrescate di cui si mantengono oggi alcune tracce. Il suo chiostro, rettangolare, con doppia fila di colonnine e archi a sesto acuto, è ancora oggi un giardino mediterraneo ricco di agrumi, allori, ulivi, che invita alla meditazione e alla calma. Per me un luogo meraviglioso.

 

Monreale

IL DUOMO DI MONREALE (Patrimonio Unesco) – Nuovamente alla lungimiranza e alla passione per l’arte di Guglielmo II di Altavilla dobbiamo il maestoso Duomo di Monreale, dedicato a Santa Maria La Nova, e patrimonio mondiale Unesco. Iniziate la vostra visita girando tutto intorno alla chiesa, per guardare la facciata esterna ricca di arcate a ogiva e tondi dalle decorazioni geometriche. Da ammirare il bellissimo portale sulla facciata del Duomo, che si affaccia su una piazza dai colori e dalle forme mediterranee e sui vicoli della cittadina di Monreale. Da vedere anche le tombe dei grandi re normanni: Guglielmo I, Guglielmo II, Margherita di Navarra. Intorno a questo monumento si trovano negozi di ceramiche artigianali e piccoli locali dove rinfrescarsi con una granita o con un tè freddo.

Il Duomo di Monreale

Il Duomo contiene il più vasto mosaico bizantino del mondo dopo quello di Santa Sofia a Istanbul. SI tratta di un complesso costituito dalla chiesa a tre navate, dominata dal Gesù pantocratore e divisa da due file di nove colonne di granito grigio. Alzate lo sguardo e ammirate i soffitti di legno policromo, ricchi di dorature e decori, che sono solo una anticipazione dei mosaici bizantini che, in 6.400 metri quadrati, raccontano la storia dell’uomo, dalla creazione fino al giudizio universale. Oltre ai mosaici ci sono poi le decorazioni musive geometriche lungo le parti basse delle pareti e i capitelli dalle foglie intrecciate. Informatevi sull’orario di ingresso, perché quando si celebra la messa non si può entrare e, in estate, il Duomo è aperto solamente dalle 8 alle 12.

Il chiostro del Duomo di Monreale

La parte che da sempre io amo di più del Duomo di Monreale è il chiostro benedettino: un chiostro enorme, a pianta quadrata (quasi cinquanta metri per lato), dominato da centinaia di sottili colonne decorate a bassorilievo o con tessere musive in oro ed marmi policromi, che culminano in capitelli tutti diversi gli uni dagli altri, così come tutte diverse sono anche le basi delle colonne. Le figure scolpite nel marmo raccontano le storie più disparate: la vita dei monaci, le imprese di Guglielmo II, motivi propri dell’età classica e storie della Bibbia. In uno dei quattro angoli c’è una fontana da cui, in pieno stile islamico, sottili getti d’acqua fuoriescono da figure umane e leonine. Passeggiate lentamente lungo i quattro lati del chiostro per ammirare la grande abilità delle maestranze che hanno realizzato questo capolavoro e prendetevi il tempo necessario per respirare un po’ di quell’atmosfera irreale di pace e bellezza.

MANGIARE: BUATTA, CUCINA POPOLANA – Se avete tempo per un altro ristorante tipico palermitano, scegliete Buatta, Cucina Popolana: ricavato all’interno di una antica valigeria, e decorato da colonne in ghisa e un bizzarro pavimento a riquadri, questo ristorante merita davvero una visita. Vi rimando alla recensione pubblicata qualche giorno fa in cui troverete il menu, il prezzi e il racconto della mia esperienza da Buatta.

VEDERE E MANGIARE: MERCATO SAN LORENZO – Tra le novità degli ultimi anni Palermo può vantare un mercato coperto moderno in stile Eataly, dove è riunito il meglio di prodotti siciliani, tra presidi slow food e prodotti Dop e Igp. Al mercato San Lorenzo si può acquistare e allo stesso tempo assaggiare. Oltre 2800 le referenze, per un totale di 250 piccoli fornitori: olio extravergine, frutta fresca, conserve, confetture, salumi, pane, carne, vino e dolci. Alcuni sono prodotti già conosciuti, altri arrivano da piccole aziende, che in questo modo hanno la possibilità di farsi conoscere.

Oltre a fare la spesa, ovviamente con prezzi più alti rispetto a un normale supermarket, si può anche passare un po’ di tempo in compagnia gustando una granita, un gelato o un dolce di pasticceria nel settore gestito da Brioscia, oppure pranzare in uno dei ristoranti e bistrot presenti all’interno. Il San Lorenzo Mercato è uno spazio vivace: organizza corsi di cucina, degustazioni, incontri e spettacoli. Si trova nei pressi del Parco della Favorita.

VEDERE: LA PALAZZINA CINESE – Recentemente ristrutturata e riaperta al pubblico, merita una visita la Casina
Cinese, all’interno del Real Parco della Favorita. Realizzata per volere dei re Borboni (Ferdinando IV e sua moglie Maria Carolina) alla fine del Settecento, fu la residenza estiva dei sovrani. E’ stata edificata seguendo l’amore dei reali per l’esotismo e, in particolare, per le cineserie. E’ un piccolo gioiello, curato in ogni dettaglio, che nei particolari richiama la Cina e la natura, dalle volte a pagoda alle carte da parati, il tutto mescolato con il gusto francese dei lampadari e con l’amore di origine islamico per i motivi geometrici.

E ANCORA – Se avete ancora qualche ora di tempo, vuoi perché siete degli stakanovisti vuoi perché amate il mare, potete fare un salto a Mondello, la spiaggia dei palermitani. La strada migliore per arrivare a Mondello è quella che costeggia il parco della Favorita, costellata via via che ci si avvicina al mare da ville meravigliose, costruite tra gli anni Quaranta e Settanta negli stili più disparati (persino un quasi tirolese). Dominato dallo stabilimento balneare costruito in stile liberty nel 1912, questo tratto di costa è uno tra i più belli per le colorazioni del mare, dalle acque trasparenti tra il turchese e il verde.

Ovviamente questo itinerario non esaurisce le infinite meraviglie di Palermo: c’è ancora moltissimo da dire e da vedere. Anche per me che la conosco bene. Vorrei però che questo articolo fosse, almeno per qualcuno di voi, uno spunto per iniziare a innamorarsi di questa città straordinaria.

 

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