La più felice di tutte le vite
è una solitudine affollata.
(Voltaire)
Ho da poco letto di uno studio psico/sociologico che racconta come la paura della solitudine, in senso lato, sia tipica dell’uomo moderno “Il timore e l’incapacità di guardarsi allo specchio, di guardarsi nell’anima, di accettarsi, di riflettere, di ascoltare i rumori dei propri pensieri, le vibrazioni del proprio cuore. Da qui il bisogno incessante di stordirsi, di distrarsi, di immergersi in un caotico turbinio di pseudo-relazioni, spesso effimere e vuote”. Ora evidentemente qui non si parla della solitudine reale di alcuni anziani, o di alcuni malati, né tanto meno della solitudine nel suo stato di malattia che porta alla depressione, ma di una solitudine … definiamola “sociale”, vissuta come malessere da persone incapaci di stare bene da sole e di bastarsi, anche semplicemente per un pomeriggio o per un week end (… e ne conosco purtroppo). E’ evidente e auspicabile che la solitudine non dovrebbe mai essere subita e vissuta per necessità, ma questo sarebbe un discorso lungo, complesso e troppo concatenato ai malesseri sociali del nostro tempo. Parliamo invece della solitudine per scelta, di quegli spazi di isolamento che dovrebbero essere cercati da ognuno di noi. Piccole dosi di gratificanti momenti di disintossicazione: dai rumori molesti, dalla routine, dalle risate e dai pianti, dalle lamentele e dalle chiacchiere. Si dovrebbe scegliere più spesso di trascorrere qualche ora, o più giorni, in totale solitudine per imparare a godere della meravigliosa opportunità di accrescere il nostro benessere interiore, per raccogliere le idee, meditare, riflettere e anche per dare maggior senso e concretezza al nostro lato sociale, al nostro io nella moltitudine. Questo lato positivo della solitudine, dovremmo vederlo come una sorta di spazio prezioso nel quale ri-incontrare noi stessi, riappropriarci della nostra serenità, del nostro equilibrio interiore, uno spazio in cui elaborare e crescere per poi seguitare a costruire legami con gli altri, forse più maturi, sicuramente migliori. I miei momenti di solitudine non sono molti, ma non potrei mai farne a meno, momenti di coccole rigeneranti. Però, raramente mi ritrovo a tavola da sola, ma quando accade niente panini o insalate veloci, preferisco godermi uno di quei piatti che sono poco graditi dai miei familiari, come quello semplicissimo, ma ottimo, che vi propongo oggi.
Ingredienti
per 1 persona
50 gr di farro perlato bio
200 gr di zucchine
50 gr di patate
250 ml di brodo vegetale
½ scalogno
sale
zenzero fresco q.b.
olio evo q.b.
Procedimento
Iniziate pulendo e lavando le zucchine e la patata e poi riducetele a tocchetti. Tritate lo scalogno e fatelo appassire in una casseruola con un filo d’olio. Quando sarà diventato trasparente unite le verdure e fatele insaporire per qualche minuto. Coprite con brodo vegetale caldo, aggiustate di sale e fate cuocere fino a quando le verdure saranno diventate sufficientemente tenere da essere frullate. Nel frattempo lessate in abbondante acqua salata il farro perlato, cuocete per il tempo riportato sulla confezione, mediamente dai 20 ai 30 minuti. Regolate di sale. Scolatelo, ponetelo in una coppa, unite un filo d’ olio extravergine di oliva, mescolate e tenetelo da parte. Quando le verdure saranno cotte, con l’ausilio di un mixer ad immersione frullatele, aggiungete una grattugiata di zenzero fresco, mescolate e trasferite nel piatto da portata, aggiungete il farro e servite caldo.
Buon appetito!
Buona vita
e alla prossima ricetta!