Domenica delle Palme. Oggi messa presto per i miei standard, ma era il trigesimo della mamma di una delle mie più care amiche. Mi sono ritrovata a fare una strada che non facevo da anni.
Proprio vicino alla Chiesa circa 25 anni fa morì una ragazza che conoscevo, Alessandra Polimeni (scrivo il nome per un motivo). A dire la verità di non mi stava simpaticissima, ma sicuramente era piena di vita e mi colpì il fatto che morì, così come capita da ragazzini, in maniera stupida, in un incidente automobilistico. La mamma, nel posto dove avvenne lo scontro, costruì una sorta di giardinetto, con la staccionata compresa. Vi piantò molti fiori ed ogni volta che passavo di lì quella ragazza dai lunghi capelli biondi mi tornava in mente. Oggi, a distanza di anni, passando là davanti non ho visto nulla. Non sono neanche riuscita ad individuare il posto del giardinetto. Probabilmente sarà morta anche la mamma o sarà troppo anziana o chissà. Fatto sta che non ve n’è più traccia. E così mi ritrovo a farne il nome, almeno nella mia memoria è rimasta, chissà in quanti se la ricorderanno ancora.
Entro in Chiesa. Non ho neanche varcato la soglia che subito divento irrequieta. Discussione tra un prete e una fedele sulla disposizione dei rami d’ulivo. Non entro in Chiesa da quando i miei figli hanno fatto la Prima Comunione: i due anni di catechismo hanno dato il colpo finale alla mia fede già vacillante. La domenica delle Palme non è la messa migliore per riacquistarne un minimo. Persone che arraffano rami neanche fossero di ritorno da una giornata di potature in pieno Salento, braccia alzate, frementi, nel cercare di ricevere il più possibile l’acqua santa dispersa dal parroco. Non si rendono conto che sono simboli? Che non si è più cristiani o più pii se si possiedono più rami benedetti?
Comincia la messa. Il Vangelo di oggi è quello lungo, lunghissimo. E niente, anche la lettura dello stesso, diventa motivo di distrazione. Perché i sacerdoti devono avere questo tono di voce? Sembra che abbiano un qualcosa piantato nel di dietro: sofferenza, solo sofferenza. Se penso a Gesù Cristo, se penso al Vangelo, mi sembra che il più delle volte sia in mezzo alla gente, circondato da allegria, cibo e cose da bere. Cosa ha trasformato la nostra Chiesa in un qualcosa di così cupo e triste?
La vecchietta accanto a me fa a gara col sacerdote nel dire la messa. La sua non fa che superare quella del parroco e non c’è nulla da fare: mi distraggo di nuovo.
Comincia la fila per la Comunione: un fuggi fuggi generale per essere in prima fila. La messa finisce, o almeno speri sia finita, ed invece ormai è cosa comune che prima della Benedizione ti tocchi la purga settimanale della richiesta della questua. Non lo so se la mia fede tornerà o meno, ma sono sicura che in un qualcosa credo, ma di sicuro non voglio ritrovarmi dall’altra parte con le persone di cui ero circondata oggi. Staremo a vedere.
Oggi tocca a
Patty e ai suoi budini di riso. Mia suocere, che li voleva da giorni e che mi aveva portato anche un “campione” di prova per replicarli, è rimasta più che soddisfatta e quindi: grazie!
Sei sempre una certezza. Ecco: a te dall’altra parte ti ci vorrei volentieri!
Ingredienti per 12 budini rotondi (ho usato stampi da muffin medi) per me 8 ma ho usato stampini diversi
Per il ripieno
650 ml di latte
150 g di riso originario o a chicco piccolo Fate come dice Patty: ho usato altro riso e sicuramente ho sbagliato
60 g di zucchero semolato
1 bacca di vaniglia
la scorza intera di una arancia (pelata senza prelevare la parte bianca)
1 uovo grande
30 g di burro
1 pizzico di sale
Per la frolla
200 g di farina 00
125 g di ottimo burro molto freddo
1 cucchiaio di zucchero semolato
La metà di un uovo grande leggermente sbattuto
1 cucchiaio da cucina di acqua gelata
Zucchero a velo per rifinire.
Prima di tutto preparate il ripieno.
Scottate il riso per un minuto in acqua bollente.
Scolate e sciacquate in acqua fredda.
Nel frattempo portate ad ebollizione il latte a cui avrete aggiunto la scorza dell’arancia e la bacca di vaniglia incisa con un coltello sulla lunghezza.
Versatevi il riso e fate cuocere a fiamma dolce mescolando via via per evitare che si attacchi al fondo (soprattutto negli ultimi minuti di cottura) per c.ca 25 minuti, fino a che il riso non avrà assorbito il latte.
A questo punto, quando il riso sarà morbido ma non sfatto, versate la crema calda in una ciotola lasciandovi ancora l’arancia e la vaniglia, aggiungete il burro e lo zucchero ed il pizzico di sale e mescolate bene amalgamando il tutto, quindi fate raffreddare.
Quando il riso sarà a temperatura ambiente, eliminate la scorza di arancia e la bacca di vaniglia ( che laverete, asciugherete e conserverete per prossime preparazioni), separate il tuorlo dall’albume ed aggiungete il tuorlo al riso. Incorporate con cura.
In ultimo, aggiungete l’albume che avrete montato a neve ferma, incorporandone prima un cucchiaio per ammorbidire la crema e poi il resto. Mescolate delicatamente dall’alto in basso fino a completo assorbimento.
E adesso preparate la frolla.
In un mixer con lame d’acciaio, versate la farina, il burro a dadini, lo zucchero e azionate con il pulse fino ad ottenere delle briciole molto sottili.
Aggiungete la metà dell’uovo sbattuto ed il cucchiaio di acqua gelata e ridate il via al pulse.
Appena la pasta formerà la palla, stoppate.
Stendete la frolla su una spianatoia infarinando leggermente, e tirate ad uno spessore di 3 mm c.ca
Con un coppapasta ricavate dei cerchi che possano foderare gli stampi precedentemente imburrati ed infarinati. Bucate il fondo con una forchettina.
Fate una precottura in bianco (coprite la frolla degli stampi con alluminio e una manciata di legumi secchi) in forno a 180°C per 12 minuti.
Togliete dal forno. Eliminate i legumi e l’alluminio e riempire i gusci con la crema di riso.
Proseguire la cottura per altri 15 minuti o fino a quando la superficie non sarà dorata.
Sformate e fate raffreddare su una gratella. Spolverate con zucchero a velo una volta freddi.
Sono buoni appena fatti ma spaziali il giorno dopo.
NOTA: Effettuare una parziale cottura in bianco consente di non fare asciugare completamente il riso che con la lunga cottura tende a seccarsi. Il ripieno si mantiene morbido ma compatto.
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