Il Pecorino di Osilo è uno dei formaggi più caratteristici della tradizione agropastorale della Sardegna. Un formaggio ovino a latte crudo, prodotto in cinque paesi della provincia di Sassari: Osilo, Ploaghe, Nulvi, Codrongianos e Tergu. Il nome sardo è “casu fattu a fogu” (formaggio fatto col fuoco). E’ il classico formaggio del pastore, prodotto artigianalmente negli ovili o nelle abitazioni degli stessi pastori, utilizzando caldaie in rame stagnato in cui viene trasformato il latte di due mungiture separate: della sera e della mattina, facendo cuocere la cagliata, dopo la rottura, fino a una temperatura di 46 gradi, per conferirle più resistenza e sapore. Per conoscere meglio questo prodotto agroalimentare tradizionale della Sardegna (Pat) siamo andati direttamente a Osilo, in una delle sette aziende che lo produce, per girare il nostro video: l’azienda agricola “Truvunittu“. Gestita da Gavino Pulinas e Giuliano Pulinas (padre e figlio) questa piccola impresa a conduzione familiare, con cinquecento pecore di razza sarda, riesce a lavorare 120 mila litri di latte ogni anno, da si ottengono pecorino, ricotta fresca e ricotta mustia (salata e affumicata). Ogni mattina all’alba, a lavorare il latte per i formaggi è Giuliano, 36 anni: i gesti sono automatici, ma non privi di passione. C’è l’abilità di chi ormai conosce perfettamente il proprio lavoro, di chi sa che per fare il formaggio non ci vogliono solo latte e caglio, ma quelle mani che conoscono temperature e consistenze in una sorta di memoria tattile.
IL DISCIPLINARE – Il Pecorino di Osilo si realizza con metodi codificati e identici da almeno un secolo, seguendo un disciplinare che è stato messo per iscritto dalla fondazione Slow food, che ne ha fatto un presidio agroalimentare. I materiali e le attrezzature ammessi per produrre il pecorino di Osilo sono diversi: caldaie in rame stagnato, tavolo spersore, chiova in legno (in sardo: “mòriga”), stampi in materiale plastico o in banda stagnata, teli di cotone, lino o fibra sintetica, pressa meccanica, cassone di stufatura. Il bestiame viene condotto al pascolo, tranne nei mesi più caldi dell’estate quando le pecore vengono nutrite con farina di mais, buccette e farina di soia, fieno secco, favette e orzo: e in questa estate 2017, particolarmente calda e arida, anche le pecore hanno sofferto. L’azienda Truvunittu è una delle poche a produrre il pecorino durante tutto l’anno, diversamente da quanto fa la maggioranza degli allevatori, che conferiscono il latte ad altri grandi caseifici tranne che nel mese di agosto, quando gli animali sono lasciati a riposo (periodo di asciutta).
LA DOPPIA COTTURA – Per realizzare un chilo di formaggio pecorino di Osilo sono necessari sette litri di latte. Il latte viene raccolto la sera prima, refrigerato a quattro gradi centigradi e unito a quello raccolto la mattina successiva. Viene versato in caldaie in rame stagnato da circa 240 litri: il rame ha il vantaggio di essere un materiale che conduce il calore in maniera rapida e uniforme, e anche quello di perdere calore in modo molto veloce. La caldaia (che nell’azienda Truvunittu ha più di un secolo di vita) viene riscaldata con una fiamma alimentata a gas, anche se un tempo si usava la legna. Il latte è portato a una temperatura di 35 gradi, si aggiunge il caglio di vitello, si mescola, si spegne il fuoco e si attende il raffreddamento della massa e la formazione della cagliata, che avviene in circa 30 minuti. In seguito, il pastore rompe la cagliata utilizzando dapprima lo spino in metallo e poi la chiova in legno (la “mòriga”), fino a ottenere dei piccolissimi granuli. Il fuoco viene acceso una seconda volta per portare la massa caseosa a una temperatura tra 43 e 46 gradi. Talvolta la rottura della cagliata avviene contemporaneamente alla fase di cottura. Segue un periodo di riposo (giacenza) di circa 20 minuti. A quel punto, il pastore estrae dal fondo della caldaia la cagliata e la deposita sul tavolo spersore per far scolare il siero. Da questo siero si ottengono due altri prodotti: la ricotta fresca, morbida, grassa e dal gusto intenso e delicato al contempo, e la ricotta mustia, che viene avvolta in appositi teli, schiacciata in stampi di legno e, infine, affumicata. Il suo colore è ambrato, si mangia fresca oppure leggermente stagionata. E’ un incanto guardare la ricotta che viene messa nelle fascelle, e le piccole pozze dorate che restano nel paiolo in mezzo a piccoli monticelli teneri di formaggio.
LA FORMATURA – La cagliata del Pecorino di Osilo viene raccolta e posta su stampi cilindrici in materiale plastico, che vengono pressati con le mani. Segue un periodo di riposo negli stampi, in cui le forme sono sottoposte a pressatura per circa cinque ore. In alternativa, il disciplinare prevede una fase di stufatura in un cassone per 4-5 ore a 38 gradi. Questo trattamento in camera calda consente al siero di uscire più facilmente e consente di ridurre il rischio di gonfiori e spaccature nella crosta. In seguito, il formaggio viene fatto asciugare a temperatura ambiente per circa sei ore e fatto riposare a 15 gradi di temperatura per tutta la notte. Il giorno successivo, le forme vengono tolte dagli stampi e vengono immerse in salamoia per 24 ore complessive, tempo in cui vengono rivoltate una sola volta dopo le prime 12 ore, con l’aggiunta di un po’ di sale sulla superficie che emerge dall’acqua.
LA STAGIONATURA – Segue la fase di stagionatura del Pecorino di Osilo, in cui il formaggio è rivoltato tutti i giorni a mano, lavato con acqua e salamoia in superficie, e cosparso di una miscela di olio e aceto per evitare la proliferazione delle muffe. La stagionatura minima è di 25 giorni per il pecorino da arrosto, di 30-40 giorni per un pecorino fresco da tavola, di 70 giorni per il semistagionato, di oltre 120 giorni per un pecorino stagionato. Inizialmente le forme hanno un peso di circa due kg, ma dopo la stagionatura il peso scende a 1,7 kg.
AROMA E SAPORE – La crosta del Pecorino di Osilo è sottile, di colore giallo paglierino chiaro nel formaggio di breve stagionatura. Nel caso del formaggio stagionato è dura, grossa, untuosa, tendente al marrone. A differenza del Pecorino Sardo Dop, il Pecorino di Osilo ha una forma più piccola e più alta. Inoltre, la pressatura a cui viene sottoposto consente al Pecorino di Osilo di avere una pastosità più accentuata rispetto al Pecorino Sardo Dop. Gli aromi e i profumi del Pecorino di Osilo vanno dal legno alle erbe aromatiche; al palato è morbido, fondente, con note di nocciola. Con la lunga stagionatura può risultare piccante. Come spiega Giuliano Pulinas, la peculiarità del formaggio Pecorino di Osilo è data dal terreno e dall’erba di cui si nutrino le pecore. Osilo detiene un primato: nell’intero bacino del Mediterraneo, è il paese più in alto (650 metri sul livello del mare, con una vetta a 780 metri) e allo stesso tempo più vicino al mare. I terreni di questa zona sono ricchi di sale ma il clima è tipicamente montano. Un microclima speciale che consente al Pecorino di Osilo di avere un gusto diverso da tutti gli altri formaggi di questa tipologia.