Quando ero piccola, vendevano questi sacchettini lunghi e stretti di “addormentasuocere” al cinema, al luna park, alle fiere paesane, si trovavano dappertutto e così le mangiavo spesso. Poi sono un po’ cadute in disuso e adesso le troviamo solo alla festa del santo patrono e simili, ma naturalmente solo in Toscana, al massimo in qualche paesino limitrofo dell’Umbria.
Oltre alla bontà di questo snack, a colpirmi è sempre stato il suo nome buffo, legato ad una storia che mio nonno raccontava “realmente accaduta”: le virgolette sono d’obbligo, perché mio nonno aveva aneddoti su tutto. A dire il vero è vissuto 98 anni, quindi tempo ne ha avuto, ma ho sempre sospettato che l’invenzione fosse dietro l’angolo, perché nei sui racconti era immancabile una parte comica, ed il finale, una gran risata. Dato che poi altri della famiglia hanno invece raccontato aneddoti diversi, quelli fatti di una vita dura, piena di malattie, guerra, fame, è chiaro che i sospetti vengono. Ma lui era divertente, irriverente, irresistibilmente simpatico. La sera mi raccontava le storie prima di dormire, ma non le favole classiche, che per altro mi facevano paura, ma quegli aneddoti della sua vita debitamente romanzati, che mi piacevano da matti. Volete mettere a 5/6 anni sentirsi raccontare del lupo di Cappuccetto Rosso che mangia la nonna, oppure di mio nonno bambino che va a fare la cacca nel campo e si pulisce con l’ortica? La storia finiva con una risata e la sera dopo ce n’era una nuova. Era fantastico! Le storie più belle, le ricordo ancora: e “l’addormentasocere” come diceva lui, non fa eccezione.
“Quando da giovani si andava a fare all’amore (cioè a trovare la fidanzata a casa) si portava qualcosa di regalo per la socera, (suocera) sperando di ammorbidirla, se no stava a guardarci per tutto il tempo e noi non ci si poteva baciare. Ma io ci andavo apposta, per baciarla la nonna!
Così spesso, si portavano dei dolcini. Queste mandorle ricoperte di zucchero erano adatte, anche perché le suocere erano anziane e non avevano più i denti buoni, allora le succhiavano per far sciogliere lo zucchero. Quindi con la bocca piena, non parlavano (ed era già un vantaggio!) e succhia succhia, zitte zitte, dopo un po’ si addormentavano e io e la nonna ci si dava certi baci! Come nei film! Ecco perché si chiamano così!
Ma una volta portai l’addormentasocere all’Adele, (la mamma della nonna) e mentre si stava per addormentare, la mandorla gli andò di traverso. Non respirava più, ed era diventata ble (blu): se non riuscivo a fargliela sputare, ci moriva lì! Quando si riprese, mi guardò con lo sguardo cattivo e gli occhi che erano diventati due fessure e mi disse: ” O giovanotto, che m’hai portato l’ammazzasocere?”
Ed io ridevo come una matta. Ancora oggi sorrido scrivendo, di questo amarcord, fatto di gioia e nostalgia.
In realtà come molti prodotti di successo della pasticceria, le praline nascono per caso nel 1636, quando il cuoco del Conte Plessin-Praslin (diplomatico francese) fece cadere accidentalmente le mandorle nello sciroppo di zucchero bollente.
Quindi per rivivere l’amarcord, la ricetta.
Ingredienti:
- 100 di mandorle sgusciate con la pellicina
- 100 g di zucchero semolato
- 80 g di acqua