Insalata di patate cinese

Dopo la versione mitteleuropea, una completamente differente, ma non meno appetitosa. Quest’insalata è di uso comune in Cina e particolarmente nel Sichuan (o Szechuan), dove si chiama “凉拌土豆丝. Facilissima da preparare, ma decisamente non adatta a chi ha paura dei coltelli, è piuttosto insolita come sapore e consistenza, tanto che qualcuno potrebbe perfino non riconoscere di che sia fatta.

Patatecina

Non ho trovato di meglio…

  • Una grossa patata da insalata di circa 300 grammi
  • Sale: mezzo cucchiaino
  • Olio di semi: 3–4 cucchiai
  • Aceto di riso: 2–3 cucchiai, oppure un paio di cucchiai di aceto di spirito o di vino bianco
  • Aglio: uno o due spicchi (facoltativo)
  • Un cipollotto (o uno scalogno o una cipollina, facoltativo)
  • Un peperoncino verde a corno, oppure uno spicchio di peperone (facoltativo). Potete anche usare una carota o altro, volendo
  • Glutammato di sodio: due pizzichi (facoltativo), oppure mezzo cucchiaino di dado granulare
  • Pepe di Szechuan: mezzo cucchiaino (facoltativo)
  • Olio di sesamo tostato: poche gocce (facoltativo)

La ricetta è per una o due persone. Qui spiego la versione completa di tutti gli ingredienti, i passaggi con quelli facoltativi si possono semplicemente omettere.

Pelate la patata e fatela a bastoncini lunghi e sottili come un bucatino, circa 3 mm. Se si ha un po’ di pratica, questo passaggio non è così lungo come sembra, basta usare un lungo coltello a lama liscia per tagliare la patata a fettine e poi, tenendone molte sovrapposte, ricavare i bastoncini. Credo esistano anche strumenti apposta per tagliarle così, ma io non ho niente del genere. Tagliate allo stesso modo il peperone, affettate il cipollotto e tritate abbastanza sottilmente l’aglio.

Mettete le patate così preparate nell’acqua fredda e lasciatecele per almeno una ventina di minuti, in modo che perdano parte dell’amido, quindi sciacquatele bene e scolatele meglio che potete –una centrifuga per insalata può servire–.

Versate l’olio in una padella con il pepe di Szechuan e metette sul fuoco. Quando il pepe inizia a bollire vistosamente, spegnete il fuoco, toglietelo dall’olio con una forchetta e scartatelo (ma se vi piace particolarmente, ce lo potete lasciare).

Riaccedete il fuoco al massimo e fate scaldare fino a che l’olio non inizia a fumare, quindi versateci l’aglio e il cipollotto. Mescolare per una decina di secondi, quindi unite le patate e il peperone e continuate a mescolare, sempre a fiamma altissima. Appena le patate diventano traslucide, dopo circa un minuto o due, aggiungete il sale e il glutammato. Fate cuocere allo stesso modo un paio di minuti, poi aggiungete l’aceto e l’olio di sesamo, spegnete il fuoco e mescolate bene. Servite subito o lasciate raffreddare.

 


La cucina del Sichuan, nella Cina sud-occidentale, è piuttosto diversa da quella a cui noi siamo abituati, perché ristoranti cinesi in Italia sono per lo più gestiti da cantonesi o, almeno, sono ispirati a quella cucina. Il Sichuan è una regione abbastanza fredda e piovosa e i suoi piatti, forse per compensare il clima poco attraente, sono per in genere molto saporiti, piccanti, speziatissimi e con abbondante aglio.

Granelli di pepe di Sichuan, con qualche seme

Un ingrediente chiave è appunto il pepe di Sichuan, che ho sempre trovato in vendita indicato con la traslitterazione antiquta “Szechuan”, che nulla ha a che vedere col pepe comune. Si tratta, infatti, della buccia essiccata di un lontano parente degli agrumi e dell’erba ruta (Zanthoxylum simulans). Ciascun granello è fatto da due mezzi gusci vuoti, larghi più o meno come un chicco di riso, uniti da un piccioletto; se è di scarsa qualità, qualcuno potrebbe ancora contenere il seme rotondo e nero, duro come un pallino di plastica. Il sapore è un po’ simile a quello della buccia degli agrumi, ma più che per questo si usa perché ha l’effetto di dare un leggero, piacevole formicolio in bocca, paragonabile un po’ a una scossa elettrica, che si accompagna alla piccantezza del peperoncino. A dire il vero, mi pare che il pepe che si trova da noi (a fatica) sia molto debole sotto questo aspetto, ma a leggere gli avvertimenti su molti siti di cucina stranieri ad usarlo con parsimonia, mi sono convinto che dipenda dalla scarsa qualità. L’effetto è dato da un’ammide che si chiama (sapevatelo!) α-idrossi-sanshoolo.

Un risultato simile, ma molto più intenso, lo dà lo spilantolo, presente in Spilanthes acmella (o Acmella oleracea), una pianta un po’ simile a una margheritina che si usa sia come pianta ornamentale, sia in cucina nel Pará, in Brasile, dove va sotto il nome di jambú. Gli amici che frequentano casa mia sanno che la coltivo e ne conoscono bene l’effetto elettrizzante.

Acmella oleracea, la margherita elettrica

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