Tempo di vendemmia: anche la mia famiglia ha una piccola vigna che ci consente di “farci” il vino in casa. Abbiamo attrezzato un mini-palmento che ci consente di realizzare tutte le fasi in completa autonomia. Dopo aver staccato i grappoli dalle viti, ci si separa: gli uomini al palmento per la spremitura e le donne a casa, a preparare gli ingredienti necessari per la realizzazione di un dolce tradizionale e molto antico che a Scicli chiamiamo “cuddureddi” mentre nella vicina Modica chiamano “lolli nto’ mustu”. Il primo mosto che sprizza dagli acini viene subito portato a casa prima che inizi la fermentazione, la quale viene bloccata con una prima bollitura. Dopo che si è intiepidito, viene aggiunta una manciata di cenere di legna o di pietra calcarea frantumata: questo passaggio renderà il mosto chiarificato e particolarmente dolce. Passate alcune ore, bisognerà filtrare il tutto per eliminare i residui e rimettere sul fuoco. Dovrà ridursi della metà.
Nel frattempo, lavoriamo della semola di grano duro con acqua fredda fino ad ottenere un impasto
elastico. Calcolate che per un kg di farina vi serviranno 3 litri di mosto ristretto. La tradizione vuole
che questo sia un dolce da condividere con tutte le persone a noi care, per festeggiare la vendemmia,
per cui a casa mie le quantità sono industriali.
elastico. Calcolate che per un kg di farina vi serviranno 3 litri di mosto ristretto. La tradizione vuole
che questo sia un dolce da condividere con tutte le persone a noi care, per festeggiare la vendemmia,
per cui a casa mie le quantità sono industriali.
Mentre le mani di mia mamma stendono una sfoglia sottile, io preparo questo dolce intruglio fatto di
mandorle tostate e macinate, zucchero, cannella, limoncello. Questo ripieno mi servirà per realizzare
dei fagottini che noi chiamiamo “trusciteddi” o “cappedda ri parrinu” (cappelli di prete), che
arricchiranno ancora di più questo dolce.
mandorle tostate e macinate, zucchero, cannella, limoncello. Questo ripieno mi servirà per realizzare
dei fagottini che noi chiamiamo “trusciteddi” o “cappedda ri parrinu” (cappelli di prete), che
arricchiranno ancora di più questo dolce.
Non sono carini? Con la pasta restante tiriamo una sfoglia più spessa, tagliamo dei piccoli
rettangolini e realizziamo dei cavatelli, che possono essere lisci o rigati su una forchetta.
Dopo un pomeriggio passato con le mani sulla spianatoia (“u scanaturi”), finalmente è arrivato il
momento di tuffare il tutto nel mosto che bolle.
Il profumo che emanano fa andare fuori di testa!
Quando il mosto sarà diventato sciropposo, è il momento giusto per impiattare. Cospargiamo con
mandorle tritate grossolanamente e cannella.
Quando il mosto sarà diventato sciropposo, è il momento giusto per impiattare. Cospargiamo con
mandorle tritate grossolanamente e cannella.
Un concentrato di dolcezza da far venire la pelle d’oca!