Quattro tipi di impasto, condimenti ricercati, prezzi alti ma adeguati a una pizza che, con un termine ormai abusato, è obbligatorio definire gourmet. Dopo Cagliari, anche Sassari ha oggi la sua pizzeria di qualità, a conferma del fatto che finalmente in Sardegna si sia imboccata la strada giusta. Sandro Cubeddu, 33 enne di Ossi, piccolo paese del Logudoro, dopo sei anni di esperienza a Torralba (La Torre Bianca), ha deciso di lanciare la sua sfida per una pizza moderna. Lo ha fatto trasferendosi a Sassari e inaugurando, nel novembre 2016, Re-Mi, che nel nome richiama la sua passione per la musica e la volontà di intendere la brigata di cucina come un insieme di strumenti che suonano armonicamente la stessa sinfonia. Cubeddu è sostenitore di un concetto allargato di ristorazione, che non rinchiude la pizza all’interno della definizione di “cibo veloce”, rustico, tipico delle cene del sabato tra amici. Per Cubeddu, la pizzeria può e deve diventare un luogo in cui offrire prodotti di alta qualità, selezionati con cura e presentati in veste moderna, in un’atmosfera rilassata e lontana dai frastuoni della gran parte delle pizzerie italiane. Attento studioso ed esploratore delle diverse tecniche di impasto e di lievitazione, compreso il complesso mondo dei grandi lievitati, fa una pizza non in stile napoletano, non alla romana, ma all’italiana in chiave moderna, con l’uso di impasti con metodo indiretto, farine integrali, pasta madre e doppie lievitazioni. Sopra questi impasti, Cubeddu si diverte a proporre gustosi abbinamenti degni di una cucina creativa, anche con un occhio all’Oriente. Una sfida, la sua, che si gioca anche sul livello dei prezzi praticati, decisamente molto più alti della media (a eccezione delle pizze tradizionali), soprattutto per una città come Sassari.
Cubeddu non si fermerà a Re-Mi. A settembre 2017 è prevista una nuova apertura di un punto vendita dedicato esclusivamente alle pizze in teglia alla romana e alla vendita di pane. Sarà possibile acquistare da asporto e non sono previsti posti a sedere. Per il suo Re-Mi, invece, l’obiettivo è ridurre il numero dei coperti, per dare al cliente un servizio migliore consentendogli di fare un percorso degustazione più concentrato. Non c’è, in Re-Mi, l’ossessione del km zero o della materia prima necessariamente sarda: alcuni prodotti dell’isola sono certamente utilizzati, come il tonno, i pomodorini datterini locali, le carni di “I Salis” di Ploaghe, i formaggi pecorini, l’agnello di Sardegna Igp, la bottarga di muggine, il cappero di Selargius. Via libera però nel menu amche a quanto di buono c’è in Italia e all’estero: dal prosciutto San Daniele Dop stagionato 16 mesi alla burrata di Andria, dall’acciuga del Cantabrico alla Mortadella Igp fino alla stracciatella pugliese. Parliamo di prezzi: le pizze classiche, con impasto tradizionale a lievitazione naturale, vanno dai 7 euro della Margherita ai 10 euro della “Campidanese”. Il prezzo sale, e di molto, per le pizze a doppia lievitazione, proposte in due tipologie sia per le basi “focaccia” sia per le basi “biscotto”. Le prime costano tra 17 e 18 euro; le seconde tra 19 e 25 euro. Lo stesso impasto della pizza biscotto viene utilizzato per i cosiddetti “pan crock”: panini farciti con ripieni creativi e dagli abbinamenti insoliti. Prezzo tra 16 e 20 euro.
La formula di Re-Mi comprende sia pizze fisse e sia le pizze del giorno, che variano a seconda della disponibilità degli ingredienti. Il locale è aperto anche a pranzo con una serie di piatti elaborati con le stesse materie prime che saranno utilizzate nelle pizze del giorno. Da “Re-Mi” si mangia in un ambiente moderno, minimalista, su due piani, con murales sulle pareti e toni neutri nell’arredamento e sulle pareti. Pavimento in parquet, tavoli in legno, sedie nere in plastica e metallo. La cucina è fulcro dell’ambiente ed è completamente a vista. La mise en place è minimale, senza tovagliati. Nel soppalco, campeggia un pianoforte multicolore. La crew è composta da sei membri in cucina, di cui uno dedicato esclusivamente alla pasticceria (ma sulla base delle indicazioni di Cubeddu). In sala il servizio è cortese, simpatico e premuroso ma, quando il locale è pieno (come nel mio caso), si sente la necessità di un aiuto ulteriore. Tre i tipi di impasto: il classico, in cui non viene usato alcun tipo di lievito ma che viene lavorato con metodo indiretto, tramite la preparazione della biga, sfruttando l’idrolisi degli amidi del grano spezzato. L’impasto è composto al 60% da farina di tipo 2 (Molino Della Giovanna), al 10% da farro (Molino Marino) e per il restante 30% da grano spezzato. L’idratazione è al 75%. Poi c’è un impasto a doppia lievitazione, con uso di lievito madre e preparato in due tipologie e con due modalità diverse di idratazione: al 100% per la pizza tipo “focaccia”, al 60% per quella tipo “biscotto”. Per quest’ultima tipologia, Cubeddu usa un procedimento particolare: il disco steso viene cotto a vapore e, in seguito, abbattuto e mantenuto a temperatura costante, al di sotto dello zero. Quindi, al momento del servizio, viene ripassato in forno e condito.
Il menu prevede una serie di stuzzichini (tra 7 e 10 euro) serviti in porzioni abbondanti. Tra questi, alcuni classici come pane olio e culatello, le acciughe del Cantabrico con stracciatella e tonno sott’olio, ma anche il patè di foie gras, con pan brioche, composta di pesca e sorbetto al limone. Tra questi, si ritrovano alcuni abbinamenti che poi sono proposti nelle pizze, come la tartare di gambero rosso, lime, mentuccia, semi di lino e maionese al wasabi. Abbiamo scelto di provare tre pizze, una per ciascuna tipologia, senza passare per gli antipasti. Tutte le pizze sono servite una per volta e già tagliate a spicchi per facilitare la degustazione e la condivisione. La nostra prima scelta è caduta su una pizza a impasto tradizionale a lievitazione naturale, con stesura finale del panetto nella semola, prima della farcitura: la pizza “Carlofortina”, con salsa di pomodori arrosto (home made), fior di latte, tonno sottolio, scorza di limone, polvere di capperi, olive sarde e pecorino. La pizza si presenta con un cornicione rialzato, fragrante e croccante, mai cedevole alla base, con un fondo pulito, ben cotta e ben lievitata in forno (elettrico). Il gusto è pieno, con una farcitura abbondante e ben distribuita, mai eccessiva e in buon equilibrio con l’impasto.
L’impasto a doppia lievitazione si presenta, in entrambe le versioni (biscotto o focaccia), con una base più alta rispetto alla pizza a lievitazione naturale, con un cornicione meno pronunciato e un interno sempre leggero, ben aerato. Nella versione focaccia, molto idratata, la base è croccante, con mollica alta e alveolata, estremamente leggera. Anche la parte superiore della pizza è dorata e croccante e sopporta bene il peso della farcitura che, nel nostro caso, era composta da un ottimo prosciutto San Daniele Dop stagionato 16 mesi, burrata e salsa di pomodori arrosto. Molto piacevole al palato la sensazione contrastante di croccante e di morbido; una base per nulla oleosa o grassa, che valorizza la farcitura, già di per sé è molto gustosa.
Terza pizza, quella a doppia lievitazione con base biscotto. Una pizza leggermente più bassa rispetto a quella con base focaccia e più biscottata, friabile all’esterno e soffice all’interno. Essendo più solida, si presta a farciture più importanti. Queste sono, infatti, le pizze che costano di più. Se fossimo a Roma o a Milano, pagare 20 euro per una pizza gourmet sarebbe considerato normale, a Sassari probabilmente non è così. Per giudicare meglio queste pizze così ambiziose, occorre però guardare con molta attenzione agli ingredienti, sia sul fronte qualitativo sia su quello quantitativo. Abbiamo provato una pizza dai profumi orientali, con carpaccio di tonno marinato al lime, aceto e soia, stracciatella, peperoncino dolce, pomodori essiccati e sesamo tostato.
Otto fette spesse di carpaccio di tonno crudo e marinato verrebbero servite in molti ristoranti già a un prezzo di 15 euro, come antipasto fusion. Ho avuto modo di osservare altre pizze della stessa tipologia, come quella con tagliata di manzo trevisano, fiordilatte, noci, fondo bruno e pecorino semistagionato. Anche in questo caso, sulla pizza erano adagiate otto fette spesse di tagliata di manzo. E’ chiaro che si tratta di proposte dedicate a curiosi e appassionati che sono, per certi versi, un pasto unico e completo, che spazia dal carboidrato alla proteina. Le quantità sono abbondanti e non paragonabili a quelle delle pizze classiche. Per questo motivo giustifico il prezzo, soprattutto visto che da Re-Mi si può scegliere di spendere tra 7 e 10 euro per pizze più tradizionali.
Infine, i dolci. Tutti di creazione dello chef Cubeddu, che sovrintende il lavoro del pasticcere in cucina. Abbiamo assaggiato un dessert al cucchiaio, fatto con sottili fette di pere crude, marinate allo zenzero e ricoperte da una crema di ricotta, con sapa (mosto cotto) e pepite di cioccolato frizzante. Un dolce fresco e ben equilibrato, con una speziatura gradevole, perfetto dopo una pizza sostanziosa.
(visitata nell’agosto 2017)