Faccio parte di quella generazione che durante la propria adolescenza, ha avuto la fortuna di vivere le emozioni di un bellissimo film, “L’attimo fuggente” del regista Peter Weir, con protagonista il bravissimo Robin Williams.
Io e i miei compagni di scuola di allora ci siamo emozionati e immedesimati in quel Carpe Diem e siamo saliti in piedi sui nostri banchi con un’adrenalina palpabile e vibrante, recitando quel “O Capitano, mio Capitano!”. Ancora oggi, quando qualcuno ci chiede quale sia uno dei nostri film preferiti, noi rispondiamo essere L’Attimo Fuggente; quell’attimo fuggente visto e rivisto con la stessa emozione tante volte, dal cinema ai divani di casa. Ci si dava appuntamento per guardarlo insieme, una volta a casa di uno e poi dell’altra, inserendo quella cassetta VHS… che ormai sembra un reperto archeologico.
Fonte foto: Wikipedia
Perché vi racconto questa storia? Ve la racconto perchè oggi, a distanza di tanti anni, mi emoziono sentendo i racconti della mia piccola Giulia. Lei ha sei anni, è appena in prima elementare e mi racconta che, ogni volta che una delle maestre entra in classe, tutti gli alunni si alzano, applaudono ed intonano in coro il nome della maestra. Io ho la pelle d’oca ogni volta che me lo dice. Giulia mi dice anche: “Mamma, ma lo sai che tu sei uguale alla maestra? Parli come lei, dici le stesse cose e hai lo stesso tono di voce?”. Non è un caso che questa maestra mi sia subito piaciuta… Mi è piaciuta ben prima che Giulia mi raccontasse queste cose e ho percepito da molto tempo il grande valore che un docente come lei possa portare a tutti, bambini e genitori. Sono estremamente contenta di tutti gli insegnanti e ho sempre pensato fin dall’inizio dell’anno scolastico che, nonostante le problematiche della Scuola italiana, noi siamo caduti in piedi, anzi su un piedistallo, e siamo stati molto fortunati nel trovare delle professioniste, a mio parere, di alto livello. Persone attente, preparate, che stanno facendo fare un bel percorso in senso lato ai nostri figli. Dalle nozioni scolastiche, all’aspetto socio-psicologico, studiare insieme, aiutarsi, imparare a chiedere aiuto, imparare a gestire tempi, emozioni, spazi, studio, … senza dimenticare che l’educazione spetta comunque ai genitori e non la si può, non la si deve delegare a nessuno.
Chiacchierando con mia mamma al telefono e raccontandole queste cose, eravamo concordi nel constatare quanto siano diverse la sua generazione (come mamma di allora) e la nostra. Mi mamma era un pò attempata rispetto alle mamme delle mie compagne perchè aveva 40 anni quando sono nata e, 40 anni fa, era considerata una mamma un pò vecchina rispetto al trend di quell’epoca; comunque a quel tempo c’era un timore reverenziale nei confronti delle maestre, dei medici, delle istituzioni, persino dei dipendenti degli uffici pubblici. A volte, anche in situazioni non idilliache…, si faceva sempre un passo indietro e si pensava che le maestre o i medici avessero sempre ragione a prescindere. Ovviamente non era e non è tuttora così. Ci sono bravi professionisti così come pessimi professionisti. Oggi invece la tendenza è esageratamente opposta. Si critica in primis e si pensa sempre che, al minimo “problemino” o presunto tale, le maestre o i medici debbano subito personalizzare il proprio lavoro o modificarlo in funzione di chi espone il problema o la critica. Non c’è più, da parte di molti e non di tutti ovviamente, l’attenzione al dettaglio, alla parola, al valore delle cose. Non c’è più capacità di dare tempo al tempo, si vuole vedere un quaderno pieno di pagine altrimenti si pensa che a scuola non si stia facendo nulla e non si riesce a riconoscere quel Capitano come Robin Williams nel L’attimo fuggente.
Dov’è quella generazione dei mei compagni che si emozionava salendo sui propri banchi? Perché molti miei coetanei si stanno comportando come il preside di quel film?
Lo scrivo in punta di piedi anche se per molti diventerò impopolare, rischiando di sembrare quel che non sono, ma lo scrivo con la massima umiltà: guardiamo oltre, guardiamo sempre oltre.
E adesso? Ho ancora tante cose da raccontarvi che hanno a che fare con questo argomento e che ho ritrovato nei miei corsi di cucina (sia nei corsi che frequento, che in quelli che tengo io come docente). Ve ne parlerò nei prossimi articoli perchè è arrivato il momento di cucinare qualcosa di dolce e avvolgente. Venite in cucina con me che facciamo uno strudel con banana e cioccolato.
Ingredienti
Per la pasta:
- 150 g di farina di grano tenero 00
- 60 g di acqua
- 20 g di olio extravergine di oliva
- 1 tuorlo
- 1 pizzico di sale fino
Per la farcia:
- 3 banane taglia a pezzettini
- 1 cucchiaio di miele millefiori
- 100 g di cioccolato al 70% da ridurre a pezzetti
- mezzo baccello vuoto (già privato dei suoi semi) di vaniglia. Questo è un modo per ottimizzare l’uso della vaniglia naturale quando i semi contenuti al suo interno sono già stati usati per un’altra preparazione.
Per decorare:
- zucchero a velo a piacimento
- emulsione di 1 tuorlo, un cucchiaio e mezzo di latte e un pizzico di zucchero semolato per pennellare la superficie dello strudel prima di cuocerlo
Tempo totale stimato: 1 ora e mezza.
Impastiamo gli ingredienti della pasta e formiamo un panetto liscio e omogeneo. Copriamolo con pellicola alimentare e lasciamolo riposare in frigorifero per 30 minuti.
Stendiamo il panetto con il mattarello sul nostro piano di lavoro leggermente infarinato e ricaviamo una sfoglia sottile, di pochi mm di spessore.
Facciamo caramellare le banane con il miele e il baccello di vaniglia vuoto in una padella, sul fuoco basso, per qualche minuto.
Adagiamo frutta e cioccolato sulla sfoglia, uniamo i lembi della sfoglia in modo da sigillare lo strudel da tutti i lati, lasciando eventualmente la giunzione nascosta nella parte inferiore.
Spalmiamo l’emulsione di tuorlo-latte-zucchero con un pennello da cucina sulla superficie dello strudel e poi inforniamo a 170°C fino a doratura e fino a che la pasta sarà croccante (circa 40 minuti).
Sforniamo, lasciamo raffreddare e completiamo con una spolverata di zucchero a velo.