Da almeno 4 anni, ogni volta che esce la nuova edizione della guida Michelin, aspetto con ansia di leggere le assegnazioni delle nuove stelle. E cerco sempre un nome preciso: quello di Stefano Deidda, giovane chef sardo alla guida del ristorante di famiglia a Cagliari, Dal Corsaro. Un nome che ancora, in quella guida, non è stellato. E francamente ogni anno mi chiedo come sia possibile che gli ispettori della Michelin manchino sistematicamente di riconoscere in questo ragazzo bruno dallo sguardo serio e appassionato uno degli chef non solo sardi, ma italiani, di maggiore interesse. Stefano Deidda non è più una promessa, come poteva essere nel 2010 quando vinse il premio come migliore chef emergente per il Sole 24 Ore e il Touring Club: è una certezza. Diplomato ad Alma, dove oggi insegna, Deidda è quello che si potrebbe definire un “secchione”: alla passione per la cucina unisce la passione per lo studio e la ricerca, per la lettura e la sperimentazione. Chi lo conosce lo immagina con facilità chiuso in cucina alle tre di notte intento a bilanciare l’equilibrio di un piatto ancora non perfetto, a togliere un ingrediente per renderlo netto e minimale, a guardare lievitare il pane sfogliato allo zafferano e uvetta mentre legge manuali di tecniche di cucina. La mia visita di fine luglio non ha fatto altro che confermare ciò che già sapevo: Deidda (che fa parte del circuito JRE) è un fuoriclasse e, come ha già fatto prima di lui Roberto Petza, è ormai diventato uno chef capace di valorizzare con intelligenza ed equilibrio il territorio sardo nei suoi piatti. Valorizzare il lavoro di Stefano vorrebbe dire incentivare non solo lui, ma tutta la nuova generazione di chef sardi che stanno lavorando sul territorio a proseguire nel proprio percorso. Vorrebbe dire valorizzare la Sardegna, che merita ben più di una unica stella assegnata a Roberto Petza (e anche Roberto a questo punto del suo percorso meriterebbe di più).
Veniamo alla mia degustazione. Da Deidda ad agosto vengono proposti due menu degustazione: uno a 65 euro (La mia Sardegna) e uno a 80 euro (Cucina in movimento). Ho scelto il secondo, con l’aggiunta di uno dei piatti del menu sardo. Il ristorante è diviso in due parti, una dedicata a Fork, il bistrot ideato qualche anno fa da Deidda (consigliatissimo) e una all’alta cucina: il servizio è attento e cortese e in sala c’è anche la mamma di Stefano, sommelier. La carta dei vini ha una prevalenza di vini sardi, anche se non mancano le etichette italiane e internazionali, con una discreta selezione di bollicine. Ricarichi nella media. Pane ovviamente fatto in casa con lievito madre e preparato in diverse tipologie. Tre gli stuzzichini offerti dallo chef, a partire da uno strepitoso (e molto tecnico) finto pomodoro farcito con tartare di spigola.
Poi una sfera di mohito e frutto della passione: il guscio di burro di cacao neutro lascia spazio al sentore di menta e la sua untuosità viene immediatamente eliminata dall’acidità del frutto della passione.
Il terzo aperitivo proposto dallo chef è stata una cialda croccante e friabilissima farcita con crema di caprino e servita con cipolle caramellate. Il tutto accompagnato da una bollicina sarda.
Il primo antipasto si chiama ‘ostrica’: anche qui semplicità e tecnica sono perfettamente fuse nella spuma di ostrica, nella crema di zucchine e soprattutto nella sfera di ostriche crude. Le ostriche sono fresche e sapide all’interno, mentre la cialda esterna è croccante e calda.
Il secondo antipasto è stato una tartare di carne di pecora (anche qui la tradizione sarda) con crema soffiata di patate e bucce di patata croccanti. Da menzionare l’ottimo olio locale servito con la tartare: l’azienda Masoni Becciu di Villacidro produce un olio biologico di altissima qualità con la cultivar Nera di Villacidro e di Gonnosfanadiga.
La degustazione è proseguita con un filetto muggine (uno dei pesci più utilizzati in Sardegna) dal lieve sentore affumicato, accompagnato da acqua di pomodoro e neve di yogurt, guarnito da erbe selvatiche e fiori di finocchietto.
Intenso il sapore della zuppetta di crostacei e astice blu, con cialde soffiate di pane e un sorprendente gelato al cavolfiore, dal gusto delicato ma inconfondibile, ben equilibrato nella quantità di zucchero che si sposava perfettamente con la dolcezza di fondo della zuppa.
Poi uno dei piatti che al momento rappresentano meglio la cucina di Deidda che, nell’interpretazione del pesce, dà il meglio di sè: la seppia cruda alla brace. Tagliolini di seppia cruda ai quali il sentore di affumicato è trasmesso da una crema di carota e una di melanzane cotte alla brace, guarniti con cialde soffiate al nero di seppia, accompagnati da un raviolo liquido di cipolla dalla dolcezza delicata.
Il primo, dalla descrizione, sembrava azzardato: uno spaghetto con acciughe e il fortissimo caglio di capretto. Il rischio di un eccesso di salinità era in agguato. Invece no: il piatto ha indubbiamente un sapore deciso e sapido, ma è in equilibrio. Bello poi il contrasto di consistenza tra la crema di acciughe, burro e caglio e le briciole di pane croccanti a guarnire.
Minimale anche la sogliola laccata con glassa di melanzane affumicate e una delicata crema di riso: pochissimi ingredienti e una grande tecnica mai esibita dietro un altro piatto in cui Deidda esprime al meglio la sua filosofia di cuoco. Il piatto ha echi orientali e consistenze morbide che puntano tutte a esaltare il contrasto tra i profumi: deciso e affumicato quello della melanzana e delicato e quasi floreale quello del riso. Un piatto molto originale e adatto a palati fini.
Il secondo di carne sorprende per l’ispirazione mitteleuropea: un filetto di agnello con il suo jus, dalla cottura perfetta, accompagnato da una purea di sedano rapa, una cialdina di sesamo bianco e un battuto di lamponi a dare acidità all’insieme.
Infine il dolce, un sontuoso abbinamento tra il cioccolato fondente in diverse consistenze e l’acidità dell’albicocca, presentata al naturale come coulisse e poi come buccia disidratata in forno. Il cioccolato fondente era sotto forma di gelato, ganache e aerato, con consistenze e temperature diverse. Un dolce che, da un abbinamento classico e reso immortale dalla SacherTorte che abbina cioccolato e confettura di albicocca, arriva a una interpretazione moderna e leggera dal perfetto equilibrio dolce-acido. Se è vero che il dolce è la portata che più si ricorda di una cena, questa cena non la dimenticherò. Aspetto di leggere il nome di Stefano Deidda nella edizione 2017 della Michelin, altrimenti mi arrabbio sul serio.
(visitato il 9 agosto 2016)