Oggi si festeggia la giornata nazionale della rosticceria catanese secondo il Calendario del Cibo Italiano di AIFB. Io ne sono l’ambasciatrice e, come sempre, mi sono molto divertita a fare le ricerche per scrivere questo post. È risaputo che in Sicilia si mangia molto bene e che una parte della tradizione culinaria è costituita dalla rosticceria. Non avrete mai vissuto appieno la Sicilia se, visitandola, non avrete mangiato almeno un prodotto tipico che rientra in questa categoria. Avrete l’imbarazzo della scelta fra arancini, ravazzate, cipolline, calzoni, rizzuole e rollò. Tutti i prodotti sopracitati rientrano di diritto anche nella categoria dello street food siciliane e sono così buoni, che sarà difficile resistere e mangiarne solo uno.
Un po’ di storia
La rosticceria arriva in Sicilia grazie ai Greci che nel 735 a.C sbarcarono sul litorale ionico, esattamente a Naxos. Con loro arrivarono diverse novità, quali l’arte di fare il vino, l’ulivo, il farro e molti altri prodotti che vennero utilizzati in modi diversi. Ad esempio, proprio il farro veniva utilizzato sia per fare il pane, che per fare la pasta o la pasta frolla. Con il chicco intero, invece, venivano preparate delle zuppe. Col passare del tempo molte città, fra cui Siracusa, Crotone e Sibari, divennero sontuose e fu con l’arrivo dei Musulmani d’Africa a Marsala nell’827 che si conobbero la canna da zucchero, il riso, il gelsomino, il cotone, il sesamo e droghe come cannella e zafferano.
Fu grazie all’arrivo di questi prodotti che fu possibile inventare dolci come la Cubbaita, una sorta di torrone duro al miele, nocciole e albume, i Nacatuli, il Cannolo e la meravigliosa Cassata. Dal dolce si passa al salato e, sempre agli stessi invasori, si devono piatti gustosissimi come le panelle, i ceci essiccati, i fiori di zucca e “u pani ca meusa“, che ancora oggi spopola nel territorio siciliano, in particolare nella città di Palermo. Volete sapere come nacquero le specialità di rosticceria? Scommetto proprio si, quindi vi dico che nacquero nel 1154 grazie ai tantissimi cuochi che furono al servizio di Federico II di Svezia.
I siciliani ben presto si ribellarono al sistema feudale francese e, nel 1302 grazie a Pietro III di Aragona che firmò la pace di Caltabellotta. Fu così che sulle tavole arrivarono piatti come u falsumagru e i rollò. Nello stesso periodo arrivarono il pomodoro, il cacao, la patate, il mais, e il peperoncino. Con parte di questi ingredienti fu inventato un altro buonissimo piatto tipico della Sicilia, la Caponata.
La rosticceria
Vi ho già detto prima che buona parte della tradizione culinaria siciliana è costituita dalla rosticceria, che non si ferma ad essere solo una semplice categoria, ma una vera e propria cultura tramandata. Nella rosticceria da banco sono comprese le arancine siciliane, icona della gastronomia siciliana, i calzoni fritti, i calzoni al forno, le ravazzate (piatto che ho scelto di preparare e di cui vi parlerò proprio in questo articolo), lo spiedino, le rizzuole, le iris fritte e al forno e i rollò.
Ovviamente questi sono i prodotti tradizionali più conosciuti, ma con lo stesso impasto possono essere preparate tante altre ricette da personalizzare a piacimento sia nell’aspetto che nel condimento. Volete scoprire un’altra chicca che rientra nella tradizione dei siciliani? Beh, chi è siciliano sicuramente lo saprà meglio di me che è tradizione pranzare intorno alle 13:30-14:30, ecco perché si usa fare due colazioni! Eh già, proprio così! Appena alzati si va al bar per il classico caffè con cornetto o la granita con brioches. Verso le 11 del mattino si fa la seconda colazione, e qui è proprio la rosticceria a farla da padrone! Pane e panelle, pani cunzatu, pani ca meusa, sfincioni e molto altro per riuscire a soddisfare i palati più esigenti.
Ma ora ditemi, siete pronti a scoprire come preparare la mia nuova bontà? E allora seguitemi e preparate le ravazzate insieme a me!
Ravazzate
Ingredienti per la pasta brioches
1 kg di farina 00;
100 g di zucchero;
100 g di strutto;
35 g di lievito di birra;
1 cucchiaino di sale:
Acqua q.b.
Per il ragù
400 g di carne macinata di manzo;
100 g di concentrato di pomodoro;
50 g di parmigiano grattugiato;
2 foglie di alloro;
2 chiodi di garofano;
200 g di piselli;
1/2 bicchiere di vino bianco;
1 cipolla;
1 carota;
1 ciuffo di prezzemolo;
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale e pepe q.b.
Per friggere
Olio di semi di girasole q.b.
Preparazione
Prepariamo l’impasto della pasta brioches con la planetaria, quindi versiamo tutti gli ingredienti nella ciotola tranne il lievito che dovrà essere sciolto a parte in un bicchiere di acqua tiepida e versato poco per volta all’interno della macchina. L’impasto dovrà risultare soffice ed omogeneo e sarà pronto quando si staccherà dalle pareti della planetaria. Basteranno circa 10 minuti. Una volta ottenuto l’impasto, lasciamolo riposare per circa 1 ora al riparo da correnti d’aria.
Nel frattempo prepariamo il ragù per la farcitura delle nostre piccole delizie di rosticceria. Tritiamo finemente la cipolla, le carote e il prezzemolo e facciamo soffriggere il trito ottenuto in una padella con dell’olio extravergine d’oliva. Uniamo un po’ di acqua e successivamente la carne macinata, quindi facciamola rosolare per qualche minuto. Sfumiamo tutto con il vino e uniamo il concentrato diluito con dell’acqua. Diamo una bella mescolata, quindi uniamo i chiodi di garofano, l’alloro, il sale, il pepe e un pizzico di zucchero che servirà, come sicuramente già saprete, a contrastare l’acidità del nostro sugo.
Al termine della cottura uniamo i piselli e il parmigiano grattugiato, quindi proseguiamo la cottura per qualche altro minuto. Spegniamo il fuoco e mettiamo la nostra farcitura da parte. Trascorso il primo tempo di lievitazione, riprendiamo l’impasto e trasferiamolo su una spianatoia in modo da ottenere i pezzi necessari per preparare quel che vogliamo, nel mio caso le ravazzate. Vi consiglio di mantenere un peso di circa 50 grammi per pallina, in quanto cresceranno ancora con la seconda lievitazione.
Spargiamo un po’ di farina sulla spianatoia e prendiamo la prima pallina, allarghiamola con il mattarello fino a stenderla allo spessore di mezzo centimetro. Durante la lavorazione spolveriamo un po’ di farina sul disco in modo da non farlo attaccare al mattarello. A questo punto possiamo procedere con la farcitura, quindi disponiamo al centro del disco un cucchiaio non troppo colmo di ragù. Chiudiamo bene il disco a mo’ di pallina e poniamo quest’ultima su una leccarda ricoperta di quadrati di carta da forno, possibilmente più grandi della ravazzata ottenuta.
Procediamo in questo modo fino ad esaurimento degli ingredienti e ricordiamo di lasciare un po’ di spazio fra una pallina e l’altra in modo che non si attacchino durante la seconda lievitazione che deve essere di 45 minuti. Trascorso questo tempo mettiamo l’olio di semi di girasole in pentolino ben alto e facciamolo ben scaldare. Quando quest’ultimo sarà arrivato a temperatura, prendiamo un quadrato di carta forno con sopra la ravazzata lievitata e tuffiamolo nell’olio bollente.
Niente paura per la carta! Questa si staccherà da sola venendo a contatto con l’olio bollente e potremo eliminarla servendoci di una pinza. Friggiamo le ravazzate fino ad ottenere una doratura uniforme, quindi togliamole dall’olio e poniamole su un vassoio con carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso. Serviamo le ravazzate ben calde in modo da gustare appieno il sapore di queste delizie appartenenti alla rosticceria siciliana.
Se volete preparare le ravazzate al forno, vi basterà lasciarle sulla leccarda che avete utilizzato per la seconda lievitazione e infornarle in forno preriscaldato a 180° per circa 15-20 minuti.
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