Ma quanto è FICO settembre

DEVO dire che per essere un frutto “maledetto”, il fico se la cava benissimo. Forse la fortuna di cui la parola, e il frutto, hanno  goduto nei secoli, almeno in Italia,  è un risarcimento postumo per aver fatto perdere le staffe al Padreterno (la maledizione dell’albero di fico si trova nel vangelo di Matteo e anche in quello di Marco) ma è innegabile che questo successo è una costante e che, dopo l’inaugurazione della Fabbrica Italiana Contadina a Bologna , il termine Fico compare assai più spesso praticamente ovunque.

E non solo per indicare un tipo, o una situazione, decisamente intriganti.

Gustoso, profumato, di varietà diverse e tutte squisite, il fico spesso ha salvato dalla fame nei momenti di carestia centinaia di famiglie e il fatto che si possa conservare a lungo senza impiegare praticamente nulla tranne l’aria e la pazienza è garanzia delle sue eccellenti qualità nutrizionali e organolettiche. Trasformato in confettura o appena colto dalla pianta è ideale per torte e dolcetti, anche se mangiato in accompagnamento a pietanze o cibi dolci e salati offre, probabilmente, il meglio di di sé.

Un lungo preambolo per dire cosa mi ronza nella testa da un paio di giorni e cioè la possibilità di chiudere in bellezza questa estate prolungata o iniziare alla grande l’autunno: una cena di degustazione dei fichi.

L’hanno messa in calendario al Campaccio Bistreet  per il 25 settembre (per partecipare è obbligatorio prenotare allo 0571.526913, campacciobistreet #empoli) e il menù elaborato è di quelli che possono regalare emozioni almeno dal punto di vista gustativo. L’appuntamento è per le 20.30 e ci sarà tempo e modo di capire come lo chef sia arrivato a creare la panna cotta al blu del Mugello con fichi, salsa alle mandorle e crumble salato al pepe e timo (l’antipasto) oppure il dessert con la Bavarese al mascarpone e pepe verde crudo, con fichi e biscotto streusel alle noci e caffè.

Accattivante, no? Per ora ho assaggiato solo la salsa alle mandorle, ispirata al “bianco mangiari” rinascimentale, e quella da sola vale una tappa da gastronauta.

 

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