La robiola di Roccaverano Dop, eccellenza caprina tra le colline Unesco

Morbida, dal gusto leggermente acidulo, con note di yogurt ed erba tagliata quando è appena fatta e, via via, più sapida e tendente alla nocciola quando trascorre qualche giorno, persino piccante se la stagionatura diventa prolungata. E’ la Robiola di Roccaverano Dop, un formaggio piemontese straordinario nella sua semplicità, che sta diventando sempre più richiesto dai grandi chef e dai consumatori. Avevo già deciso che nei miei quattro giorni in Piemonte, nelle colline del Monferrato Astigiano e Alessandrino che sono diventate patrimonio Unesco, avrei assolutamente assistito alla produzione di questo formaggio. Grazie alla collaborazione di un giovane produttore, Matteo Marconi, e del Consorzio di tutela del Brachetto d’Acqui, sono riuscita non solo vedere da vicino il ciclo produttivo, ma anche a girare un video delle diverse fasi, partendo dalle origini: gli allevamenti delle capre. Le prime tracce di questa robiola sono riportate in un manoscritto ecclesiastico del 1899, che riporta la storia della parrocchia di Roccaverano dal 960 al 1860: qui si parla della robiola, che veniva venduta nelle fiere locali e considerata un prodotto “eccellente” e già esportato nella ricca Francia.

Ma cominciamo dall’inizio: il disciplinare della Robiola Dop di Roccaverano, che ha ottenuto la denominazione di origine protetta dal 1996 (primo formaggio a base di latte di capra ad avere ottenuto la Dop), è molto restrittivo, a garanzia dei consumatori ma anche dei produttori. Innanzitutto, si parte dall’obbligo di utilizzare per la robiola almeno il 50% di latte crudo intero di capra, integrabile con un 50% in quantità variabile di latte crudo intero di vacca o di pecora: attualmente oltre il 99% della produzione, però, è fatto utilizzando come in antichità il 100% con latte di capra perché è su questo tratto distintivo che puntano i produttori e i due prodotti (100% capra o misto), sono distinti anche dal marchio. Oggi si producono circa 370 mila forme di robiola e appena 400 sono a latte misto. I produttori sono quindici, mentre sono 19 i Comuni delle province di Asti e di Alessandria dove è consentito produrre la robiola di Roccaverano Dop.

La robiola può essere prodotta solo da latte delle capre di razza Roccaverano e di razza Camosciata Alpina e dai loro incroci. Le pecore devono appartenere alla razza delle Langhe, mentre le razze bovine ammesse sono la razza Piemontese, la razza Bruna Alpina e i loro incroci. Al numero di capre deve corrispondere un preciso quantitativo di terreno per il pascolo, obbligatorio per il bestiame dal mese di marzo a quello di ottobre. Ci sono precise norme anche per l’alimentazione degli animali: almeno l’80% dei foraggi, verdi o conservati, deve provenire dalla zona di produzione ed essere privo di Ogm, mentre il restante 20% del mangime può provenire dalla regione Piemonte. E’ chiaramente vietato l’uso di insilati di mais. Da un punto di vista della qualità le capre vivono un ambiente naturale, nutrendosi di erba dei campi, o di foraggio nelle stalle durante i mesi invernali. Producono un latte dal gusto particolare e strettamente legato al territorio di produzione.

Ora, a me piacciono tutti gli animali e ovviamente mi sono innamorata delle capre di Matteo, dalle più piccole, quasi appena nate, fino a quelle già considerate ‘anziane’: sono animali vivaci ed estremamente intelligenti, Matteo le conosce una per una e così anche la moglie e la sua bambina, che non ha neanche un anno e che nella stalla è completamente e meravigliosamente a suo agio. La mungitura, nella piccolissima azienda di Matteo, che produce circa cento robiole al giorno, è effettuata con un impianto automatico di ultima generazione, un grande investimento realizzato in parte con i fondi europei per l’agricoltura ma in gran parte con i sacrifici del proprio lavoro e di quello di suo papà Gabriele. Le 180 capre di Matteo producono circa 200 litri di latte al giorno e per fare una robiola del peso di 250-300 grammi circa, ci vogliono 1,8-2 litri di latte.

Il formaggio robiola viene prodotto con due mungiture consecutive, una della mattina e una della sera. Il procedimento, come vedrete nel video, è estremamente semplice: al latte vengono aggiunti prima il siero innesto (una parte di siero conservata dalla lavorazione del giorno predetente) e poi il caglio (di vitello). Il latte viene lasciato a riposare da 8 a 36 ore per favorire l’acidificazione, in contenitori da un litro finché non si forma la cagliata. A questo punto la formaggetta, solitamente del peso di trecento grammi e dal diametro di 16 centimetri, viene trasferita in stampi forati e lasciata a spurgare per sgocciolamento, con continui rivoltamenti per favorire l’eliminazione del siero. Poi viene salata a secco su entrambe le facce e lasciata a maturare a una temperatura tra 15 e 20 gradi per almeno tre giorni. Solo dopo il quarto giorno dalla produzione possiamo definire questo formaggio una Robiola di Roccaverano Dop.

La Robiola di Roccaverano Dop (che è anche Presidio Slow Food) è priva di crosta (quelle più affinate possono avere una fioritura naturale di muffe), dal colore candido all’interno e che, all’esterno, va dal paglierino al rossiccio a seconda della stagionatura: la si può consumare freschissima, già dal quarto giorno, oppure la si può lasciare stagionare. Dal decimo giorno in poi è considerata affinata, ma la stagionatura può arrivare anche a periodi di tempo sorprendenti.

Ho assaggiato robiole di sei settimane (oltre 40 giorni), dal gusto deciso e corposo, e altre di 3 mesi, dal gusto piccante e complesso, perfette per essere grattugiate. Ci sono robiole affinate anche per sei mesi (180 giorni), completamente disidratate, che regalano un gusto sorprendente. Possono essere abbinate a mostarde, mieli, composte ed accompagnate da vini spumanti dolci come il Brachetto d’Acqui Docg, la Vernaccia di Serrapetrona, ma anche a dei vini fermi passiti rossi come il Sagrantino di Montefalco passito, oppure a vini bianchi da uve appassite come il Passito di Pantelleria, il Torcolato di Breganze, il Picolit friulano, il Recioto di Soave. Ovviamente, il mio consiglio è di sperimentare anche in cucina: per una fonduta delicata, un risotto creativo o un dolce sorprendente vi servono solo la Robiola di Roccaverano Dop e la vostra immaginazione.

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