Dopo le Tomaxelle, ecco il sublime, avvolgente Minestrone Genovese.
Con molto piacere, sto rimpolpando la sezione del blog dedicata alla cucina ligure e, con altrettanta soddisfazione, sto riscoprendo piatti che da tempo non cucinavo e preparazioni meno conosciute delle quali spero di riuscire a parlarvi quanto prima.
A presto!
Maria Grazia
“/redirect.php?URL=Menestrón! He! Oh! Gh’è o cadrâi!”
Curioso, ma parte proprio dal mare la fama internazionale del Minestrone Genovese, da una Superba antica, seicentesca.
Artefici di questo successo, le caratteristiche osterie galleggianti sistemate su gozzi a remi o piccole chiatte che si accostavano ai velieri attraccati nel porto di Genova. Da queste i catrai (o cadrai), distributori ante litteram di una sorta di street food del mare, attiravano l’attenzione dei portuali e dell’equipaggio delle imbarcazioni con il tipico grido,“He! Oh! Gh’è o cadrâi!“.
Impossibile resistere al profumo delle buridde, dello stoccafisso in umido e soprattutto alla sana opulenza del minestrone che, con la sua abbondanza di ortaggi e legumi, regalava finalmente ai lavoratori del mare un piatto salubre e corposo dopo mesi di cibi prevalentemente asciutti.
Al centro del gozzo o della chiatta, troneggiava il classico pentolone di ghisa e sul perimetro dell’imbarcazione erano collocati i piatti fondi, le leggendarie xatte, nome che da sempre definisce una abbondante porzione di minestrone.
Un mestiere scomparso, quello dei catrai, le cui origini risalgono alla Genova cinquecentesca e seicentesca. Il termine che definisce questi osti marinai pare derivare dall’inglese catering, parola i giorni nostri ben nota.
La notorietà dei catrai conobbe il suo apice intorno al 1920, quando il porto di Genova pullulava di portuali, camalli ed equipaggi da ogni parte del mondo.
Nel corso del tempo l’attività dei catrai andò pian piano diradandosi. Dai quaranta del 1911, si arrivò ad un numero davvero esiguo di osti marinai: nel 1954 ne rimasero solo tre. Le dinamiche lavorative portuali cambiarono radicalmente, le regole di igiene pubblica diventarono sempre più rigide e crebbe il numero di osterie e trattorie dell’angiporto. Questo cambiamento portò, pertanto, alla definitiva scomparsa di un mestiere storico e dalle radici antiche.
Come non menzionare, poi, l’antica abitudine dei contadini di consumare il minestrone avanzato dal giorno prima come pasto della prima colazione. Lo gustavano freddo, accompagnato da fette di pane. Quale cibo più energetico per affrontare il duro lavoro quotidiano nei campi?
Minestrone, le stagioni del gusto
È la bella stagione, con la sua grande varietà di ortaggi, a regalare al minestrone il suo caratteristico profumo, esaltato da una generosa cucchiaiata di Sua Maestà Il Pesto, rigorosamente aggiunto una volta terminata la cottura e con la pentola non più sul fuoco.
Melanzane, fagioli borlotti, fagiolini, piselli, pomodori e zucchine si uniscono a patate, carote, funghi secchi. È anche vero che non è facile rinunciare a questo trionfo di salubre bontà. Quindi, in inverno, si fa di necessità virtù, impiegando nella preparazione del minestrone bietole, zucca, verza o cavolfiore e fagioli secchi.
Come dimenticare, poi, la classica crosta di Parmigiano Reggiano o Grana Padano ben raschiata ed aggiunta a metà cottura. Cuocendo lentamente, insieme ad ortaggi e legumi, regalerà ancor più sapore al minestrone.
Unendo la pasta, dai tipici formati liguri (i brichetti, spaghetti piuttosto spessi ridotti a pezzetti lunghi due o tre cm e gli scuccusun, piccole palline che ricordano il mediorientale cus cus) ai ditalini rigati, il Minestrone diventa un sostanzioso e completo piatto unico.
Benché si definisca vero Minestrone Genovese quello con il Pesto, ne esiste una versione con il soffritto la cui preparazione risale a tempi in cui ancora non era nata la coltivazione in serra e, per sopperire alla mancanza del basilico, fuori stagione si ricorreva all’utilizzo del soffritto.
(testi di riferimento: “ Mandìlli de sæa” di Franco Accame, “Liguria, salute in cucina” di Sergio Rossi, Luca Spigno, Daniela Vettori. Web: Mare Nostrum Rapallo)
Il Minestrone Genovese
(la ricetta di casa)
200 g di bietole (Arenzano)
180 g di zucca Delica
3 carote piccole
1 gambo di sedano
2 patate medio/piccole (Celle Ligure)
100 g di fagiolini congelati freschi e scongelati
1/2 cavolfiore
150 g di fagioli borlotti del Piemonte secchi
10 g di funghi porcini secchi
1 piccola crosta di Parmigiano Reggiano 24 mesi
100 g di bricchetti (formato di pasta tipico ligure)
olio extravergine di oliva della Riviera Ligure di Ponente
Pesto Genovese possibilmente preparato senza pinoli
sale grosso
Lasciare in ammollo i fagioli secchi per almeno 8 ore. Scolarli e cuocerli, dal bollore, per circa 50 minuti.
Pulire e mondare le verdure. Tagliare fagiolini, zucca, patate, sedano e carote a tocchetti regolari, ridurre il cavolfiore in cimette, versare i fagioli scolati e tutti gli ortaggi in una pentola dai bordi alti. Unire tanta acqua quanto basta a coprirle e cuocere per circa 40 minuti a fuoco medio/basso.
Unire i funghi secchi precedentemente ammollati, strizzati con cura e tritati grossolanamente.
Salare, coprire e continuare la cottura per circa tre quarti d’ora, dopodiché unire la crosta di Parmigiano Reggiano ben raschiata e cuocere ancora per tre quarti d’ora. Mescolare costantemente per evitare che il minestrone si attacchi sul fondo. Eventualmente aggiungere acqua, ma facendo in modo che rimanga sempre a filo delle verdure.
Buttare la pasta e cuocere il tempo necessario (controllare se sia il caso di aggiungere un po’ d’acqua al minestrone).
Togliere la pentola dal fuoco ed aggiungere il Pesto. Unendo la salsa a crudo, amalgamandola al minestrone, questa manterrà il suo caratteristico ed inimitabile profumo.
Distribuire il Minestrone Genovese nelle fondine e terminare irrorando ogni porzione con un filo d’olio extravergine di oliva.
I “catrai” nell’illustrazione di Enzo Marciante
(dal libro “ Mandìlli de sæa “, di Franco Accame, ed. 2002)
Menestrón
“In unn-a marmitta de bôn cheû, far soffrizze in tant’euio: unn-a ciaûla, carotte, e dô sêllao, tutto trito fin; poi azziunzei 4 tomate rossce, ôn pugno de funzi secchi renvegnîu, 150 gr de faxêu freschi, 200 gr. de sûcca a daddi, mezô cöû e 3/4 patatte a tocchi.
Salè, peiviè e poi rebellè tutto côn un litro e mezzo d’aegua bôggente in ta marmitta ch’à servià e cheûze i legûmmi. A parte faiè bôggì 3 etti de riso aô dente che ô saià uniô a ô menestron.
Mesciè ben e servilo un po’ pôso“.
(“In una pentola capace fate soffriggere, in olio abbondante, 1 cipolla, qualche carota ed una costa di sedano, il tutto finemente affettato. Aggiungere 4 pomodori maturi, una manciata di funghi secchi (fatti preventivamente rinvenire in acqua tiepida), 150 gr, di fagioli freschi, 200 gr, di zucca tagliata a tocchetti, mezzo cavolo e 3 o 4 patate tagliate a pezzi. Salate, pepate e versate nella pentola un litro e mezzo di acqua bollente, nella quale porterete a cottura legumi e verdure. Fate cuocere a parte 300 g di riso che, al dente, unirete al minestrone. Mescolate bene, togliete la pentola dal fuoco e servite dopo qualche minuto”).
(da “Liguria in Cucina“, volume della collana “La Cucina delle Regioni d’Italia” curato da Gianni Grimaldi con prefazione di Bruno Lauzi)
Il Minestrone Genovese deve avere una consistenza densa e corposa. Per verificarne la perfetta densità, un antico test: il cucchiaio piantato in una fondina colma di minestrone deve rimanere in piedi.