Ho letto questo post di Munchies sulla spesa al discount, mi sono scandalizzata in parte per la misera scrittura in parte per la poca attenzione sociale e sociologica, oltre ad una mancanza totale delle basi del mestiere: controllare sempre dati fatti e fonti, che la figura barbina è sempre dietro l’angolo.
Istruzioni per la lettura di questo post:
Nella mia testa questo post va letto come se aveste in mano un telecomando, quando trovate il corsivo, l’articolo di Munchies si mette in pausa e parte la voce fuori campo.
Sempre nella mia testa la voce è quella di Jack Folla, voi potete metterci quella che volete.
Ho fatto la spesa al discount con uno chef per capire cosa comprare (e cucinare) Di Paola Buzzini
Diego Rossi del ristorante Trippa di Milano mi ha accompagnato in un discount e abbiamo provato a capire come fare la spesa senza comprare troppe schifezze.
Qui è dove si da per assunto che al discount si troveranno schifezze.
Capisco che uno abbia poco tempo per confezionare un post ma io mi sbatterei un minimo in più per la ricerca.
Non voglio essere paladina a tutti i costi dei prodotti del discount ( anche qui: quanto si può generalizzare dicendo discount senza citare quale?) e della Gdo ma mi sento di criticare il ruolo degli scribacchini del food.
Dunque basterebbe chiedere a Google.
Ad esempio Dissapore ha più volte proposto prove di assaggio di prodotti di discount.
Altra ricerca: migliaia di prodotti della gdo non brandizzati ma prodotti da grandi marchi e poi venduti con il marchio del discount.
Leggere le etichette è fondamentale, ricorderò sempre l’orrore provato leggendo alcune etichette di prodotti in vendita da Natura Si.
Ci incontriamo in Viale Molise a Milano con Diego. Confine massimo della circonvallazione esterna, i milanesi fighetti non la oltrepassano mai.
Qui, come in tantissime altre zone di Milano, abitano persone che non possono andare da Eataly a fare la spesa, e che per risparmiare qualcosa si rivolgono soprattutto a discount, dove i prodotti, diciamolo tranquillamente, non sono certo rinomati per la qualità. Mi sono chiesta se fosse mai possibile cucinare cose decenti con questi ingredienti. E per rispondere in modo scientifico ho pensato di chiedere a uno che ne capisce qualcosa, un cuoco.
Qui è dove ci si chiede implicitamente se quelle zozzate che 6 famiglie su 10 ( dati Altroconsumo e Federconsumo) siano mangiabili.
Ora io mi chiedo: ok, sei un gastrofighetto, ok ti offrono cene a destra e manca, ok ti spediscono vagonate di prodotti in prova, ma sei sicura che perculare o peggio dire un sonoro “Ciao povery” a una parte dei tuoi potenziali lettori sia la scelta giusta?
Tanto più che il tono del post non è di tipo divulgativo o educativo, non stai cercando di dare un contributo ad una spesa più consapevole, no tu stai proprio sparando a pallettoni.
“Si può salvare qualcosa da quegli scaffali?”
“Acquistate solo prodotti italiani. Certamente non è una garanzia ma hanno fatto sicuramente meno strada”
Un mese fa ho chiamato Diego Rossi, chef del noto ristorante Trippa (impossibile trovare un posto se non prenotate per tempo), raccontandogli velocemente cosa avevo in mente. Ammetto che al telefono non sono stata completamente onesta.
“Ti porterò in un supermercato, faremo la spesa insieme e poi cucinerai un piatto.. ti farò le foto e poi scriverò un pezzo per Munchies…” ho detto.
Diego é ossessionato dalla selezione degli ingredienti, soprattutto perché lavora spesso con le interiora degli animali e lì non si scherza. Ma anche le erbe selvatiche sono una sua passione; insomma é uno che fuori da ogni retorica è accorto nella scelta dei fornitori.
E io invece voglio portarlo in un discount e vedere cosa verrà fuori. Sono curiosa di vedere se le sue mani sante sapranno fare un miracolo, e capire se è vero come dicono in molto che sono solo le materie prime a fare un piatto o anche l’abilità di un cuoco.
“Dove c***o mi hai portato?” esclama Diego, mentre due tizi escono dalle porte automatiche del supermercato litigando e urlando.
Spaccato di vita vera, mica Corso Garibaldi.
Dunque non conosco Milano e Corso Garibaldi ma da adesso in poi lo immagino come un tempio Buddista e mi immagino quale stress debba essere stato questo salto nella realtà in cui addirittura due persone entrano litigando.
E comunque io sono una sfigata e la prova è che a Roma, per usare le parole della scrittrice, è realistica anche l’atmosfera da Eataly.
Coppie cafone che urlano “ amó” e “tesó” da una corsia all’altra io le ho incontrate anche li, che la domenica pomeriggio Eataly is the new IKEA.
Tornando al Babylon discount in questione: il luogo è talmente realtà vs gastrofighettismo che Diego ( che ho conosciuto di sfuggita un milione di anni fa ad una Festa della Rete a Rimini e che non mi sembra comunque uno che abbia bisogno di incoraggiamento per entrare nel Bronx della grande distribuzione) deve essere convinto ad entrare.
Lo convinco ed entriamo. Inizia a guardare il reparto frutta e verdura. Molti prodotti arrivano dalla Spagna e li scarta subito. “Facciamo prima un giro generale in tutti i reparti poi decidiamo, ok?” – mi dice guardandomi ancora un po’ male.
Mi stavo dimenticando di dirvi che ho limitato il budget a 20 euro; Diego furbamente potrebbe voler comprare solo i prodotti “migliori”, quindi voglio mettere una difficoltà in più.
Osserva le carni. Stupito mi dice: “Hanno anche l’agnello piemontese”; a quanto pare tra le carni qualcosa si salva. Facciamo il giro in tutte le corsie, guarda la frutta secca e si ferma. “Prendiamo i pistacchi, che sicuramente non saranno di Bronte.. i fichi secchi..” poi ripartiamo dall’inizio. Si invaghisce delle cipolle bianche nuove, in effetti spiccano tra tutto il resto che é imballato, impacchettato ed incelofanato.
Altra cosa scegliere sempre il fresco che almeno é senza conservanti, scartare senza dubbio gli inscatolati
Infatti inizia a metterne 3-4 nel sacchetto, munito di guanto trasparente che, come tutti noi comuni sfigati, si terrà fino alla cassa. Nello stesso reparto prende gli spinaci in busta e aglio italiano.
Non ho capito se il particolare del guanto sia la nota di colore, il momento in cui la scrittrice ci vuole umanizzare lo chef, non so.
Direi che il guanto va usato sempre, è buona educazione.
Ci spostiamo ed esploriamo il mondo dello scatolame, abbandonandolo subito; nello scaffale vicino ci sono i succhi che sembrano ovviamente super chimici, e Diego sceglie quello di lime. Ridiamo un po’ leggendo gli ingredienti, capisco che si é smollato. Così decido di fargli un regalo permettendogli di prendere un succo bio di mirtillo.
“Per completare questa bagna agrodolce mi serve lo zucchero. Prendiamo quello in bustina?” Mi sa che inizia a divertirsi! Manca il pezzo forte e so che sceglierà della carne. Ritorniamo al banco macelleria e si fionda sulla coscia di pollo.
Dritti alla cassa, totale 19 euro e 31 centesimi. Monta sul suo motorino, io sulla mia bici e ci dirigiamo verso Trippa a preparare un piatto da discount.
Entriamo in cucina, la brigata é già al lavoro e mi guardano male mentre svuoto il sacchetto che odora di discount.
Chicca altissima, qui si vola!
Mi piace l’odore del napalm discount al mattino.
Si lo so, è da brividi ma ancora non abbiamo raggiunto l’apice di questo spaccato di cucina neorealista che Rossellini spostate, c’è un nuovo sceriffo in città.
Il pezzo ora rientra nella classica scia dei pezzi di maniera.
Food writer e chef che piacioneggiano in una cucina cercando di far sentire sempre più inadeguato il povero lettore.
Tutti ridono quando spiego cosa faremo.
Jovanotti in sottofondo ci accompagna nella prima fase della preparazione: pulizia e disossatura della sovracoscia. Tritiamo i fichi e i pistacchi, aggiungiamo l’aglio grattugiato e amalgamiamo tutto con la carne di pollo rimasta. Diego poi infila tutto nel sac a poche, riempie la coscetta, la chiude per bene con la pellicola trasparente, poi sotto vuoto e nel forno a vapore a 65 gradi per 1 ora.
Con le cipolle bianche la musica cambia e si passa ai Rage Against the Machine. Io inizio a canticchiare e per un po’ non parliamo più di cucina.
Pulisce le cipolle per bene, ricava delle falde, le sbollenta da acqua fredda per 5 minuti così da sbianchirle. Ha preparato in un pentolino una bagna agrodolce: succo di lime, succo di mirtillo e zucchero nei quali marinerà le bianche falde. Consiglia di farlo la notte precedente, lui forza il tutto mettendole sottovuoto.
Mentre aspettiamo la cottura del pollo Diego si ferma un secondo e mi dice “Durante la spesa di oggi è stata la gente a colpirmi molto. Sono i veri poveri di oggi. Si nutrono con la disperazione, perché il cibo che c’è la dentro é disperazione”.
Oh, e qui alzata doppia e carpiata di sopracciglio: addirittura gente che si nutre di disperazione!
Me cojoni, scusate il francesismo!
Comincio a chiedermi se questo discount fosse in realtà in un universo parallelo.
Ecco mi immagino questo film in cui Rick e Michonne si fanno largo tra zombie che
Urlano e litigano
Odorano di discount
Si muovono tra gli scaffali nutrendosi di disperazione
Ma santa pazienza, ma come ti viene in mente di scrivere una roba del genere, ma io ti manderei mezz’ora a servire alla Caritas e poi parliamo di disperazione.
Torno a qualche riga fa: sei e dico sei famiglie su 10 in Italia si nutrono di disperazione, signore e signori venghino.
Oggi le persone che fanno la spesa nei discount sono più di quelle che lui immagina.
“Si può salvare qualcosa da quegli scaffali?” – chiedo a Diego.
“Acquistare solo prodotti italiani. Certamente non è una garanzia ma hanno fatto sicuramente meno strada. Altra cosa scegliere sempre il fresco che almeno é senza conservanti, scartare senza dubbio gli inscatolati”.
Torniamo ai fornelli, ultimo passaggio: gli spinaci. Estratti dalla busta e saltati direttamente con il burro. Per fare davvero un piatto serio Diego consiglia anche la preparazione di un fondo bruno con le ossa tostate, la cipolla rimasta, il tutto soffritto poi coperto d’acqua portandolo a riduzione.
Manca poco e impiatterà.
Sono curiosa di sapere come ha ideato il piatto nella sua testa, da cosa é partito. “La cipolla era l’ingrediente più interessante”, mi dice lo chef. “Da lì sono andato in cerca di un aceto particolare che non c’era quindi l’ho creato io con succo di lime, chimico, in contrasto con quello bio di mirtillo. I fichi secchi hanno chiamato automaticamente il pollo e di conseguenza i pistacchi; mi sono rifatto alle preparazioni orientali che mi piacciono tanto. Ho scelto la coscia perché costa meno del petto e anche perché non risulta stopposa. Infine la parte vegetale é data dagli spinaci che donano una rotondità in più al piatto”.
Riesco a far ammette a Diego che questo piatto in qualche modo potrebbe rientrare nella carta di Trippa, non ovviamente per la qualità delle materie prime, ma per l’accostamento degli ingredienti. “Quello che mi rappresenta di più é la scelta della coscia, che avrei però farcito con le frattaglie del pollo, l’abbinamento con la cipolla marinata ce l’ho ho già in carta ma al posto degli spinaci avrei usato una verdura più ricercata, selvatica”.
Qui è dove si mettono le mani avanti, il piatto è scolastico dopotutto con quegli ingredienti cosa si pretende.
Certo ragazzi tutto bene così, ma ci pensate gli amici di questi due che calvario? Guai a sbagliarsi e invitarli a cena per una pasta al volo, c’è da rischiare il perculo a vita perché hai fatto la pasta col tonno monomarca.
Ha lavorato però in modo insolito. “Parto sempre dalla scelta dell’ingrediente eccellente e intorno a quello costruisco la pietanza. In questo caso per pensare a questa ricetta ho seguito più i criteri scolastici. Acido, dolce, grasso come quando si compone un piatto all’alberghiera”.
Scatto la foto e lo trovo fantastico. Non é facile pensare da dov’è partito qualche ora fa.
Miracolo avvenuto.
Ed ecco , infine il gran finale.
In pieno delirio neorealista una Magnani bistrata di nero sentenzia: il miracolo c’è stato, il piatto è addirittura bello.
Francamente Munchies mi era risultato mediamente simpatico, non sempre, ma dai qualche pezzo era masticabile.
Ma questo no, mi dispiace.
Manca ricerca, manca verifica dei fatti e dei dati, manca ironia ed invece:
– Una sfilza di pregiudizi
– Finta ironia
– Retorica da Barbara D’Urso
Anche perché ( incredibilmente oserei dire) ci sono anche persone cui non frega molto del cibo e acquistano al discount pur non nutrendosi di disperazione.
L’articolo Gastrofighettismo e discount ( o il discount della scrittura food) sembra essere il primo su Casually food blogger.