Le farine non sono tutte uguali. Ce ne sono di talmente tanti tipi che bisogna aver cura di scegliere quella più adatta al prodotto da realizzare poichè un errore di selezione può comportare un’errata preparazione. La più usata in assoluto è la farina di frumento.
Come si ricava la farina?
I chicchi, più propriamente detti infiorescenza del frumento, vengono separati dalla pianta e posti sotto la macina: la parte più tenera diverrà farina di grano tenero, la parte più coriacea, invece, diverrà farina di grano duro. Anche il colore, oltre alla raffinazione, varierà a seconda della tipologia.
E’ dal grano tenero che ricaviamo le farine più diffuse e più utilizzate nelle nostre case e questo è dovuto alla forte presenza di proteine e di amido che le rende fortemente versatili. E’ da queste componenti, infatti, che dipende il grado o di panificazione, espresso in W (indice di forza) ovvero la capacità di sviluppo del glutine che determinerà un impasto più o meno elastico, più o meno cresciuto. Da ciò, distinguiamo tra le farine di grano tenero:
- Farina tipo 00: estremamente raffinata, bianchissima nell’aspetto, per niente granulosa;
- Farina tipo 0: molto raffinata, ha un valore proteico più basso della 00;
- Farina tipo 1: poco raffinata. Al suo interno troviamo parti di crusca e del germe del chicco;
- Farina tipo 2: poco raffinata, con alta concentrazione di crusca;
Le farine di derivazione dal grano duro si presentano più scure delle precedenti, hanno maggiore granulosità, una buona capacità di assorbimento dell’acqua, vengono anche chiamate semola.
Si affianca alla farina di frumento, per diffusione ed utilizzo, la farina di mais, dal tipico colore giallo, non contiene glutine ed è adatta alla polenta ma anche a diversi tipi di dolci cremosi e frolle.
Se il germe del grano viene macinato interamente, senza separarlo dalle parti scartate nelle farine precedenti, si ottiene un ingrediente completo e che crea forte senso di sazietà. Sarà una farina ricca di fibre e adatta a tutte le diete: è la farina integrale.
Ci sono poi farine di natura completamente diverse, derivate da frutta, da frutta a guscio, da legumi. Parliamo, quindi, della farina di farro, di lenticchie, di castagne, di riso, di cocco, di ceci, di fagioli, di grano saraceno, di sorgo, di miglio etc. Queste farine sono adatte a composti non lievitati o che necessitino di uno sviluppo molto basso, certamente sono poco adatti a panificazione o a strutture di lievitati elaborati.
Quale farina è adatta a quale preparazione?
Come detto, il grado di panificazione (W) deve guidare la scelta della farina più adatta:
– farine deboli (fino a 170W): sono adatte per composti che non necessitino di lievito o che debbano sviluppare poco: biscotti, pan di spagna, crostate, cialde e creme.
– farine medie (fino a 280W): si utilizzano per prodotti a breve lievitazione, quali pane, panini, pizza e pasta fresca o all’uovo.
– farine forti (fino a 350W): si utilizzano per prodotti con struttura di lievitazione più complessa e certamente più lunga (lievitazione da frigorifero, di almeno 24h) in particolare per pane, pizza, pan brioche, babà.
– farine di rinforzo (oltre i 350W): si utilizzano mischiate alle farine più deboli (tecnicamente tagliano la farina debole) per impasti di lunga panificazione pochè creano una maglia glutinica importante, come la farina manitoba. Hanno un’elevatissima capacità di assorbimento dell’acqua.
(l'immagine di copertina è presa da www.salepepe.it che ne detiene i diritti)
L’articolo Breve guida all’uso delle farine proviene da Ristorazione con Ruggi.