Nella Valle del Volturno, Parco regionale del Matese, sorge Alife, il cui nome è da sempre legato alla “Cipolla di Alife” oggi presidio Slow food, e della cui coltivazione se ne ha notizia, pare, fin dai tempi dei Romani.
La prima fonte di mantenimento delle popolazioni locali, per secoli è stata proprio la cipolla, in passato coltivata dalla qualsi totalità della popolazione e oggi appannaggio di poche famiglie di “cannavinari”, che tra febbraio e marzo piantano i semi, effettuando poi il raccolto ad agosto, quando una volta fatte seccare, vengono riunite intrecciandole, pronte per la vendita, e l’ideale consumo a crudo.
Del rilancio delle coltivazioni, se ne sta occupando Alberto Sasso, a sua volta figlio di cannavinari, e produttore di un altro prodotto molto particolare, il fagiolo cera o cerato, che ha la caratteristica di avere una buccia molto sottile e non necessita di ammollo prima della cottura, questo fa si che sia molto digeribile e lo rende ideale per zuppe e pasta.E grazie all’impegno di Alberto, che ha a cuore la rinascita del suo territorio anche dal punto di vista turistico, che è stato organizzato un press tour in città, guidato dalla giornalista Maria Consiglia Izzo.
Ad Alife siamo stati accolti dal sindaco e la giunta comunale al completo nel palazzo comunale, bell’esempio architettonico del ventennio fascista, e che ben esprime il concetto di base degli architetti del tempo: edifici progettati non con canoni estetici ma di funzionalità, praticità e sobrietà.
Accompagnati dal prof. Gianni Parisi, storico locale abbiamo visitato alcuni dei monumenti di Alife, città ricca di natura e di storia, di cui conserva numerose testimonianze, a partire dall’ Alliphae sannita, passando per i Romani, i Longobardi, i Normanni e il Medioevo, e che rientra anche nelle tappe degli intinerari dell via Francigena del Sud , oltre ad offrire possibilità di trekking ed escursioni, lungo il “Sentiero Italia”, ripercorrendo altresì le orme degli antichi popoli di queste terre.
Partiamo dal Mausoleo attribuito agli Acilii Glabriones (l’attribuzione è dovuta al canonico Gianfrancesco Trutta, ma non ha fondamento scientifico), a pochi passi dalla casa comunale e appena fuori le mura orientali di Alife. Questo monumento funerario dall’interno ben conservato, nel medio evo fu addirittura usato come chiesa, abbandonata e ripresa più volte fino al restauro definitivo del 1925, dopo che fu anche usata come deposito di paglia.Ci spostiamo di poche centinaia di metri e giungiamo all’Anfiteatro, probabilmente eretto in età augustea e uno dei più grandi dell’epoca, riscoperto grazie a delle foto aeree in cui si notava il particolare colore e sviluppo dell’erba di quel posto. Alcuni scavi nel 1987, completati poi nel 2007, hanno poi riportato alla luce parte dell’edificio, sede della locale scuola di gladiatori. L’altra parte dell’edifico è coperta dalle costruzioni abitative attuali e non è quindi visibile.
Il Criptoportico Romano è il secondo monumento che vediamo, e il meglio conservato. Di età augustea, ipogeo e strutturato in tre bracci, con aperture a “bocca di lupo” probabile sostruzione di una domus ricca, era usato per lo stoccaggio di provviste alimentari in quanto particolarmente umido, ma anche come luogo di refrigerio estivo, o piu recentemente come cantina, nel XIX e XX secolo.Da qui dirigiamo verso il Museo archeologico, aperto nel 2004, nel quale sono custoditi numerosi reperti da necropoli di epoca sannita e romana, e i magazzini dei reperti stessi ta cui dei preziosi mosaici.E nel Museo è stato consumato un pranzo a base di semplici ma gustose specialità del posto, dalle cipolle al fagiolo cerato, ai formaggi e all’olio delle colline locali. Artefice delle pietanze, il giovane chef Umberto Ventriglia.
In menù tagliairelli e ciceri, una pasta lavorata a mano e stesa con gli avanbracci, con ceci e pancetta di maiale nero, il pancotto con salsiccia (sempre maiale nero) e friarielli, la zuppa del cannavinaro (cotta negli orci messi sulle braci) coi fagioli cerati e la cipolla, una selezione di formaggi del posto, con confettura di cipolla, vino pallagrello e birre del locale birrificio Karma, che è stata la tappa successiva del tour e dove abbiamo visto le fasi di produzione della birra.
Penultima tappa per la visita di uno splendido presepe napoletano, opera del maestro Marcellino Angelillo.
La lunghissima giornata si conclude con la sosta presso l’azienda agricola “L’orto di Tina e Antonio”, produttrice tra l’altro del fagiolo cerato e della famosa cipolla, che abbiamo potuto ammirare anche in una parete completamente ricoperta.
qui l’album della giornata.