Una sana abitudine, una pratica domestica. La cucina può essere anche passione e sfogo creativo ma ci sono delle necessità da cui non si può prescindere. Su una tavola che possa definirsi tale c’è un alimento che non può mancare: il pane. È come la struttura di una casa, come le pareti e il tetto, poi viene il resto che potrà cambiare con la stagionalità, i gusti, le età, il tono dell’evento. Sembrerebbe in teoria la cosa più semplice da fare, pochi umili ingredienti: farina, acqua, sale e lievito. Niente di più essenziale e povero. Incredibilmente ricchi e diversi i risultati che se ne possono ottenere.
Io faccio il pane in casa. I fornai moderni non mi ispirano. C’è chi fa il pane come si faceva dieci anni fa con quantità industriali di lievito di birra, c’è chi propone svariate tipologie di pani per tutte le intolleranze e per tutte le mode, rispetto alle farine e alle tecniche di lievitazione. Ma di solito non riesco a fidarmi dell’idea di posizionamento del prodotto che ha chi opera nella panificazione. In generale il panettiere crede di rivolgersi ad una clientela poco informata, che non ha idea di cosa ci sia in questo prodotto così semplice, che si fida di spiegazioni sommarie e direi poco supportate da conoscenze tecniche e teoriche. Molti fornai usano mix di farine e additivi, a partire dai quali, seguendo un procedimento indicato dall’azienda produttrice si arriva ad un prodotto vendibile senza avere la minima idea del perché e del modo in cui siano stati calibrati questi miscugli. Ovviamente la qualità del risultato è direttamente proporzionale alla serietà dell’azienda produttrice e al costo (sempre comunque contenuto) del prodotto utilizzato.
Ma la pratica antica? Ci sono pochi che ci credono e la professano, ma sono prodotti per una clientela di nicchia che si posiziona in una fascia elevata del mercato disposta a pagare il prodotto finito anche 10 volte di più di quello che è costato produrlo.
Inoltre, se anche non tenessimo conto di quelli che sono gli aspetti economici e ci soffermassimo a pensare a cosa sia l’alimentarsi, se solo credessimo che il nostro cibo preparato in casa selezionando le materie prime sia una pratica naturale e insita nel prendersi cura di noi e della famiglia, non potremmo non ammettere che il cibo per eccellenza, il pane, dovrebbe rientrare nelle consuetudini domestiche.
Questa sana e necessaria abitudine, scontata e naturale in passato, è stata via via dismessa sottraendo ai nostri figli un elemento essenziale dell’idea di alimentarsi. Dal pane casareccio che mia nonna impastava nella mattira banca si è passati al pane in busta. Che degrado del patrimonio ci ha portato il falso benessere?!
Fortunatamente c’è consapevolezza di questo danno. E quindi nei progetti di educazione alimentare organizzati dalla scuola e destinati alla fascia dell’infanzia non mancano laboratori in cui ai bambini i spiega e si fa fare il pane. Ma…. Pur apprezzando tutte le buone intenzioni, non posso far a meno di sorridere e di concludere che si sta operando solo una musealizzazione della tradizione alimentare. La pratica del fare il pane resta qualcosa che appartiene al passato, che sarebbe potenzialmente recuperabile ma che di fatto è un’esperienza episodica che non ha nessuna ricaduta pratica. Le mamme di quei bambini che hanno impastato acqua e farina continueranno a comprare il pane in busta e ciò che resterà sarà un’esperienza meramente manipolativa perfettamente simile a fare la cartapesta o la pasta di sale. Anche l’esperienza gustativa del prodotto finito, potrà far bene all’autostima e a dare l’dea di un cibo che forse non sarà neppure avvertito come gustoso, e che sicuramente non potrà andare a scardinare la memoria ormai impressa in anni ed anni di “falso pane”.
Ricetta del Vero Pane:
Ingredienti:
600 grammi di farina (di tutti i cerali)
Per il pane delle foto ho utilizzato 200 grammi di farina Uniqua Verde (Tritordeum); 100 grammi di farina Uniqua gialla (Tipo 1); 100 grammi di farina Uniqua rossa (Integrale) del Molino Dallagiovanna; 100 grammi di farina Semina, vera spremuta di grano Le Sinfonie del Molino Agugiaro (tipo 2); 100 grammi di farina Moreschina del Molino Vigevano (con fiocchi di germe di grano vitale e semi);
200 grammi di Pasta Madre rinfrescata;
420 grammi di acqua;
7 grammi di malto;
15 grammi di sale.
Procedimento:
Nella ciotola dell’impastatrice, sciogliere il lievito madre e il malto nell’acqua e mescolare con la foglia fino a creare una leggera schiumetta. Sostituire la foglia con il gancio, aggiungere poco alla volta le farine miscelate e setacciate e, nelle ultime cucchiaiate di farina, mettere il sale, così da incorporarlo meglio. Lavorare l’impasto fino a quando risulterà morbido ma non appiccicoso. Continuare ad impastare a mano con la tecnica dello slap and fold fino a quando sarà ben incordato.
Mettere l’impasto a riposare in una ciotola coperta con un canovaccio umido per circa un’ora.
Trascorso il tempo di riposo, fare due giri di pieghe a tre a distanza di un paio d’ore. Estrarre l’impasto dalla ciotola, fare un altro giro di pieghe e porlo in un contenitore per la lievitazione (un colapasta grande o un cestino apposito) foderato con un canovaccio infarinato, con la parte delle pieghe rivolta verso l’alto.
Lasciar lievitare fino al raddoppio o comunque per non meno di 4-6 ore (i tempi di levitazione dipendono dalla temperatura e dalla forza della Pasta Madre)
Accendere il forno a 220° e mettere sul fondo un recipiente con dell’acqua (cottura con vapore). Rovesciare l’impasto su una pietra refrattaria in modo che la parte con le pieghe sia sul fondo. Spennellare con acqua la superficie del pane ed eventualmente (se non si apre eccessivamente) praticare dei tagli con una lametta. Cuocere per 25 minuti in modalità statica con vapore, poi togliere il recipiente con l’acqua e proseguire la cottura a 200° per altri 25 minuti. Aprire poi leggermente lo sportello del forno e proseguire con la cottura e fessura (per far uscire l’umidità) per altri 20 minuti.
Estrarre il pane dal forno e lasciarlo raffreddare in verticale. Per poterlo conservare, affettarlo e surgelarlo in delle buste da freezer.
Il pane appena sfornato si gusta al meglio con un filo di Olio Extravergine d’Oliva