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Vincenzo Campi, Mangiatore di fagioli con la famiglia
Collezione privata
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… E mentre ch’ei stette in quella corte, ogni cosa andò di bene in meglio; ma essendo egli usato a mangiar cibi grossi e frutti selvatichi, tosto ch’esso incominciò a gustar di quelle vivande gentili e delicate s’infermò gravemente a morte, con grandissimo dispiacere del Re e della Regina, i quali dopo la sua morte vissero sempre sotto una vita trista e infelice.
I medici non conoscendo la sua complessione, gli facevano i rimedi che si fanno alli gentiluomini e cavalieri di corte; ma esso, che conosceva la sua natura, teneva domandato a quelli che gli portassero una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro e delle rape cotte sotto la cenere, perché sapeva lui che con tal cibi saria guarito; ma i detti medici mai non lo volsero contentare. Così finì sua vita con questa volontà, colui ch’era tenuto un altro Esopo da tutti, anzi un oracolo, e fu pianto da tutta la corte, e il Re lo fece sepelire con grandissimo onore, e quei medici si pentirono di non gli aver dato quant’esso gli addimandava nell’ultimo, e conobbero che egli era morto per non l’aver essi contentato. E il Re, a perpetua memoria di questo grand’uomo, fece scolpire nella sua sepoltura in lettere d’oro i seguenti versi in forma d’epitafio, facendo vestire di nero tutta la sua corte, come se fosse morto uno dei primati di quella.
Epitafio di Bertoldo
In questa tomba tenebrosa e scura
Giace un villan di sì difforme aspetto,
Che più d’orso che d’uomo avea figura;
Ma di tant’alto e nobile intelletto
Che stupir fece il mondo e la natura.
Mentr’egli visse e fu Bertoldo detto,
Fu grato al Re; morì con aspri duoli
Per non poter mangiar rape e fagiuoli.
Giulio Cesare Croce, Bertoldo e Bertoldino (col Cacasenno di Adriano Banchieri)
Lo spunto di oggi viene da un quadro cinquecentesco di Vincenzo Campi e dai famosi racconti seicenteschi con protagonista l’astuto contadino Bertoldo.
Il quadro di Vincenzo Campi
Mangiatore di fagioli con la famiglia, rappresenta un contadino intento a mangiare una scodella di fagioli insieme alla moglie ed il figlio. È stato esposto l’anno scorso (2015) in una mostra tenuta a Brescia e s’inscrive al genere denominato “pittura ridicola”, allo stesso genere appartiene i
Mangiatori di Ricotta sempre di Vincenzo Campi; un filone che ebbe molto successo in Lombardia nel Cinquecento, il cui scopo era quello di provocare ilarità nello spettatore rappresentando personaggi di umili origini, intenti a mangiare con godimento i cibi “poveri”.
Allo stesso filone, si potrebbe dire giocoso, appartengono i racconti di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, scritti da Giulio Cesare Croce e da Adriano Banchieri, pubblicati nel 1620. I racconti derivano da delle novelle in particolare medievali, che narrano la storia dell’astuto contadino Bertoldo, della moglie Marcolfa e del figlio Bertoldino che si ritrovarono a vivere nella corte del re Alboino, perché il re ammirando il suo fine ingegno voleva averlo vicino come fidato consigliere.
Il passo riportato è la parte in cui Bertoldo si ammala per aver mangiato cibi raffinati della corte e viene curato dai medici con rimedi elaborati per i signori ed i cavalieri, ma egli sapeva che per guarire bastava che gli preparassero del cibo più adatto alla sue umili origini: “una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro e delle rape cotte sotto la cenere”, purtroppo non fu accontentato e morì di atroci dolori.
I quadri di Vincenzo Campi e i racconti di Bertoldo rappresentano perfettamente le teorie dell’epoca sull’alimentazione, basate sulla contrapposizione sociale. Si pensava che si dovesse “mangiare secondo la qualità della persona” vale a dire non solo in base alle caratteristiche individuali, ma anche in base allo stato sociale. Prodotti come legumi, cipolle, aglio e rape che crescevano a terra, erano adatte agli stomaci dei contadini, mentre per gli stomaci aristocratici erano più adatti cibi raffinati ed elaborati. Si pensava inoltre, che se un contadino consumava alimenti destinati all’aristocrazia, avrebbero potuto ammalarsi.
Proprio i fagioli, cipolle, rape (ravanelli) sono i protagonisti di questa insalata a cui ho aggiunto pomodori secchi ed olive di Gaeta.
Ingredienti:
500 g di fagioli borlotti cotti in precedenza
100 g di olive di Gaeta
5 pomodori secchi sottolio
6 ravanelli
2 cipollotti freschi compresa la parte verde
1 costa di sedano
origano
olio extra vergine di oliva
sale
pepe nero
Preparazione:
Si condiscono i fagioli borlotti con sedano, ravanelli, cipollotti, pomodori secchi tagliati a fette, si unisce l’olio extra vergine di oliva, il sale, il pepe nero, l’origano ed infine si aggiungono le olive di Gaeta. Si mescola il tutto e si lascia riposare per un po’, in modo di far amalgamare i sapori.
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