Vino e storia: la Tenuta di Ghizzano

Ci troviamo a 40 minuti da Pisa e un’ora circa da Firenze, immersi in un paesaggio toscano esattamente come ve lo immaginereste, prati verdi, file di alberi che risalgono dolcemente il crinale dei colli e, naturalmente, vigneti. Una Toscana forse meno nota, quella della campagna pisana, non ancora invasa come le città poco distanti dalle folle, ma che attira un buon numero di turisti che la scelgono come destinazione per le proprie vacanze “verdi”, nel relax più totale.

Sulla sommità di una di queste colline, a qualche centinaio di metri sul livello del mare, un borgo, che pare uscito da una cartolina, con viuzze strette, ripide, gente che si muove a piedi scordando l’automobile e in questo borgo, Ghizzano, dal 1370 la famiglia Venerosi Pesciolini ha posto la sua dimora.

Vino e storia (di luoghi e persone che li hanno abitati) si intrecciano alla Tenuta di Ghizzano e nel 1500, quando da qualche decennio soltanto i galeoni spagnoli andavano e venivano per le ricche Americhe, per intendersi, qui già si produceva vino, oltre agli altri prodotti agricoli di cui la zona è sempre stata generosa, come l’olio d’oliva. Oggi, che l’azienda è non solo tra le più note della zona, ma anche fra le più premiate della Toscana, 18 sono gli ettari vitati, coltivati in biodinamica da oltre un decennio, con la certificazione “bio” estesa ai 150 ettari circa di seminativo. Intorno, boschi, oliveti e pioppete.

A condurre la Tenuta è Ginevra, che dal ’96 gestisce l’azienda di famiglia dedicandosi a tempo pieno a questa complessa realtà. Prima fra le sue creature fu il Nambrot (di cui parleremo poco più avanti), vino che prende il nome da un antenato francese, che vede la sua prima annata proprio nel 1996. Di un decennio più “vecchio” il Veneroso, forse il vino più rappresentativo della Tenuta, che esiste invece dal 1985.


Passeggiamo nel giardino all’italiana, conversando con Ginevra che racconta dei prossimi progetti (con i Grandi Cru della Costa Toscana, per esempio, o degli eventi che si terranno da qui ai prossimi mesi nell’azienda), l’aria è tiepida, invoglia il passo e la chiacchiera.


Un salto in cantina, per vedere la barricaia ed è tempo di salutarsi: la nostra, stavolta, è stata una breve visita. 
Gli assaggi, quelli li abbiamo fatti in occasione dell’Anteprima dei Vini della Costa Toscana di qualche giorno fa e ne abbiamo ancora un preciso ricordo.



Piccoli sorsi di degustazione:

Il Ghizzano è la linea IGT Costa Toscana che introduce ai vini della Tenuta di Ghizzano. Il Rosso, di cui abbiamo assaggiato l’annata 2015, è un piacevole Sangiovese con una piccola rifinitura di Merlot, di grande bevibilità grazie alle tipiche note fresche e fruttate che lo caratterizzano. Un vino spensierato e da tutti i giorni, da osteria, una bottiglia che vorresti tenere sempre a portata di mano quando prepari un bel tagliere di affettati e salumi da condividere con gli amici. Il Bianco è un Vermentino, con percentuali di Trebbiano e Malvasia toscana, che porta nel bicchiere le caratteristiche salate dei terreni calcarei e ricchi di fossili in cui i vigneti affondano le radici.

Il Veneroso, Doc Terre di Pisa, blend di Sangiovese (oltre il 70%) e Cabernet Sauvignon, è forse il vino più rappresentativo dell’azienda. Qui il territorio si rende ben evidente, grazie a un mix tra la balsamicità dell’influenza costiera e la freschezza e la mineralità dell’entroterra che si ritrova in un frutto croccante e succulento, dalle note di ciliegia e mentuccia. Un vino che da giovane richiede l’accompagnamento con cibi dalle cotture brevi ma che, invecchiando, fa emergere sfumature complesse, di tabacco e spezie, facendone un impeccabile compagno di secondi piatti più elaborati.

Il Nambrot, prodotto quasi totalmente con uve Merlot (varietà diffusa sulle colline pisane sin dal XVII secolo), completato da Cabernet e Petit Verdot, anche nella “piccola” annata 2014 riesce a essere all’altezza delle aspettative e del prestigio che si è conquistato da ormai un ventennio. In questo vino, in genere, non emergono mai surmaturazioni o quelle caratteristiche di potenza di frutto più tipiche dei Rossi della Costa, al contrario si è sempre distinto per la ricerca di una finezza tutta sua. Ginevra non ha rinunciato a produrlo, anche se in un quantità ridotta, nella difficile vendemmia 2014 proprio per tenere fede all’impegno di leggere un’annata alla luce di quanto accade “naturalmente” in vigna. Il vino è scorrevole e delicato, si muove in punta di piedi ma riteniamo che, con il giusto affinamento, donerà sorprendenti sfumature aromatiche, che alla mora, al sottobosco e al mirto forse vedrà aggiungersi tabacco e tartufo. Noi qualche bottiglia la lasceremo nascosta in cantina…

Amelia De Francesco

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