#terapiaintensivaneonatale

Era la mattina del 6 Novembre, prima di chiudere la porta di casa mi sono voltata. Dentro di me sapevo che al mio rientro tutto sarebbe stato diverso.

Adriano nasce il 7 Novembre del 2018 alle ore 3.05.
Nasce a 27 settimane di gravidanza e pesa 1kg180.

Di quella notte ricordo quasi tutto. Il lungo monitoraggio ad aspettare le contrazioni – quelle preparatorie – puntuali lunghe 20 secondi ogni 6 minuti. Ricordo lo sguardo di Rosaria L’OSTETRICA (farei un terzo figlio solo per farmi seguire da lei), la sua stretta di mano ad incoraggiarmi, una complicità come se fossimo amiche da sempre. Ricordo la presenza egregia e silenziosa del ginecologo, lì poggiato ad osservare ANCHE STUPITO quello che stava accadendo – ADRIANO NASCE NEL SUO SACCO DA PARTO SPONTANEO – lui che contava di portarmi avanti per altre 48 ore ma lui che come me sapeva che quella notte sarebbe nato immaginando forse un cesareo d’urgenza. Di quella notte ricordo le teste rosse della TIN chine, loro lo hanno fatto piangere per la prima volta, loro sono PUFF sparite con il mio bambino tra le braccia. E dopodiché luci spente. SIPARIO CHIUSO. IO da sola in sala parto, la voce al telefono di Francesca (mia cognata) ancora ad accompagnarmi quasi fosse stata sempre lì fisicamente vicino a me, Rosaria a dirmi di riposare un po’, le prime luci dell’alba ad illuminare la stanza e l’incosapevolezza di quello che sarebbe stato il nostro futuro nei prossimi mesi.

I primi passi in TIN alla ricerca di Adriano, sono stati da sola, in camicia da notte e vestaglia, due ore dopo aver partorito. Percorrevo il lungo corridoio del reparto: “sono la mamma di Adriano – senza sapere che lì in TIN il suo nome ancora non lo conosceva nessuno – il bimbo nato questa notte, posso vederlo?” NO non potevo vederlo perché in TIN ci sono gli orari. Perché in TIN ci sono le emergenze. Perché in TIN c’è da aspettare, a volte anche un’ora, a volte un’ora e mezza, a volte fanno entrare e dopo esatti cinque minuti uscire, a volte non fanno entrare. Queste attese scandiscono i nostri successivi 70 giorni.

#TerapiaIntensivaNeonatale
70 giorni in cui ho avuto paura del mio stesso respiro. Giorni tormentati, giorni di sensi di colpa, giorni d’impotenza e di paura soffocante. Giorni di vita parallela: quella dentro la TIN come mamma di Adriano e quella fuori dalla TIN come mamma di Lorenzo. 70 giorni in cui non ho avuto alternativa. Giorni in cui la forza c’è sempre stata. Giorni in cui tutto davanti a me si muoveva ma era come se non udissi più nulla. Giorni in cui tutto è stato un incastro: sveglia la mattina, tirare il latte, accompagnare Lorenzo a scuola, rientrare, riordinare le idee, tirare il latte, respirare, pranzare, tirare il latte e andare RUN RUN RUN, aspettare e finalmente entrare: LA TIN PUO’ ENTRARE. 70 giorni di convivenza a volte esasperante perché i medici, gli infermieri e gli altri genitori in TIN, sono come i parenti, non si scelgono, capitano. Giorni in cui ho imparato ancora di più A RISPETTARE e il dolore degli altri e il lavoro degli altri perché UN INFERMIERE CHE OPERA IN TIN È UN INFERMIERE CHE VA OLTRE LA PROFESSIONALITÀ, È UN INFERMIERE CHE INESORABILMENTE COMBATTE PER LA VITA NON SUA E LO FA METTENDO A DISPOSIZIONE TUTTO DI LUI: PROFESSIONALITÀ, ESPERIENZA, UMANITÀ, PASSIONE E TANTO MA TANTO AMORE. È UN INFERMIERE CHE STA VICINO A MAMMA E PAPÀ E LO FA IN SILENZIO, CON UNO SGUARDO, SPESSO CON UN SORRISO, A VOLTE PIANGENDO. È UN INFERMIERE CHE, ACCANTO AI MEDICI, SFIDA LE REGOLE DELLA NATURA E SPESSO CE LA FA MA POI C’È QUELLA VOLTA CHE NON CE LA FA E CONDANNARLO SEMBRA LA COSA PIÙ IMMEDIATA DA FARE. Giorni durante i quali non si capisce subito perché i medici si limitino a raccontare l’effettivo. In TIN non esistono previsioni, in TIN esiste quello che succede e se un medico non ha nulla da dire è un sollievo perché NO NEWS IS A GOOD NEWS. Al 18esimo giorno Adriano è stato intubato. Ha contratto un’infezione. Sono stati giorni in cui LA PAURA MI HA SOFFOCATO, giorni appesi su quella linea sottile ad aspettare, ad aspettare la risposta clinica alla somministrazione degli antibiotici ad ampio spettro, ad aspettare la PCR negativa, ad aspettare la ripresa dopo la trasfusione. AD ASPETTARE E BASTA. Al 22esimo giorno Adriano è stato estubato. Da questo momento in poi il nostro percorso è stato tutto in salita, come si dice in TIN, sempre più vicino alla porta di uscita.

Di quanto la situazione sia stata delicata ed estrema, me ne sto rendendo conto solo ora che scrivo. In quei giorni non c’era tempo per piangere, arrabbiarsi o buttarsi giù di morale. In quei giorni ci dovevo essere e basta. Nel paradosso è stata anche un’esperienza positiva. Ho conosciuto tante mamme. Donne così diverse da me, e per etnia e per modi di essere, con le quali abbiamo riso e scherzato, condiviso emozioni, momenti di sconforto ma soprattutto ogni piccolo traguardo dei piccoli guerrieri. Ricordo le mamme conosciute nei primi giorni, quelle mamme che mi hanno confortato, che mi hanno vista piangere e sostenuto, ognuna a modo suo. E poi ricordo le mamme degli ultimi giorni, quelle mamme che io ho confortato, alle quali mi sono seduta accanto ascoltando la loro storia, confortandole e rassicurandole. In quel momento si fa fatica a crederci però MAMME CHE VI TROVATE A VIVERE LA TIN, SARETE FORTI, DETERMINATE, LUCIDE. VI SENTIRETE ADDOSSO UNA GRINTA PAZZESCA. I PRIMI GIORNI SARÀ DIFFICILE TORNARE A VIVERE LA QUOTIDIANITÀ COME SE NULLA FOSSE MA LASCIATE CHE QUESTA VI ACCOMPAGNI PERCHÈ È UN ÀNCORA DI SALVEZZA. LASCIATE SPAZIO ALL’AFFETTO DI CHI VI STA VICINO MA NON SENTITEVI INOPPORTUNE SE NON AVRETE VOGLIA DI SENTIRE E VEDERE NESSUNO – SMART PHONE IN MODALITÀ AEREO E SOPRATTUTTO MANDATE A CAGARE IL SENSO DI COLPA. IL VOSTRO GUERRIERO HA BISOGNO DELLA SUA MAMMA NON DEL SENSO DI COLPA.

Il mio ringraziamento è per il reparto di Neonatologia dell’ Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma.

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