Su Filindeu: capelli di Dio o capelli d’angelo?
Un passo alla volta.
Parlo di un impasto tipico della Barbagia, Sardegna.
Una pasta dalle origini incerte. Il nome viene dall’arabo: fidaws, capello.
Termine che si ritrova in Spagna, dopo la conquista mussulmana, nelle forme fideos in castigliano, fidiaux o fideis in provenzale. (Ricordate la sfida sulla fideuà di Mai?)
Con la conquista Catalana prima e spagnola poi, il termine si afferma anche in Sardegna: findeos, fundeos (in Logudoro), filande e filindeus.
Leggenda vuole che il metodo di preparazione fosse stato “rubato” dalle donne di servizio della nobile famiglia di origine ispanica Gallisay spiando dalle serrature.
La peculiarità di questa pasta è infatti la preparazione.
Grazie all’Associazione Italiana Foodblogger e alla Camera di commercio di Nuoro l’anno scorso ho avuto la fortuna di vedere all’opera una delle poche donne ancora in grado di realizzarla.
Insieme a lei e alle altre compagne di viaggio ci siamo messe al lavoro e miracolosamente i fili sono venuti anche a noi. Ma il problema non è tanto nel realizzare questi sottilissimi filamenti, quanto l’impasto che permette la loro realizzazione. E’ a base di semola, acqua e sale, ma il segreto è racchiuso tutto nella preparazione dello stesso: ne sono sicura!
La minestra con i filindeu viene offerta tradizionalmente ai pellegrini che ogni anno percorrono 32 chilometri per raggiungere il santuario di San Francesco di Lula.
“Chi non mangia la minestra salta dalla finestra”: leggenda vuole che una sposa che si rifiutò di assaggiare su filindeu, al suo rientro a Nuoro, dopo il pellegrinaggio, cadde da cavallo precipitando nel dirupo che oggi è noto come il “fosso della sposa”.
Non credo che San Francesco sia così permaloso, ma meglio non metterlo alla prova!
Ho deciso di proporre questa ricetta per la sfida Mtchallenge di questo mese.
Vitto: non la propongo per la gara, perché ci ho messo veramente poco di mio, ma ho pensato che fosse un peccato non dare spazio ad un piatto così tipico.
Ingredienti:
100 g di filindeu
collo di pecora
6 cipolle
1 pomodoro secco (i pomodori secchi sardi sono sotto sale e più morbidi rispetto a quelli che si trovano a Roma)
50 g pecorino fresco
Mettete a bollire la pecora con abbondante acqua, le cipolle sbucciate e il pomodoro.
Portate ad ebollizione, abbassate la fiamma, schiumate e lasciate cuocere per 3-4 ore (fino a quando la carne risulterà morbida).
Filtrate il brodo, rimettete sul fuoco frantumatevi i filindeu. Spegnete la fiamma e condite con il pecorino fresco che con il calore si scioglierà.
Con questa sfida partecipo fuori concorso alla sfida MTC 53
Fonti:
- Ricettario. Archivio della memoria della Sardegna.
- http://incoghina-sassari.blogautore.repubblica.it/2013/12/03/filindeu-filindeus-filindeos/
- Ricettario. Archivio della memoria della Sardegna.
- http://incoghina-sassari.blogautore.repubblica.it/2013/12/03/filindeu-filindeus-filindeos/