Spinta da una iper produzione di fichi d’India, frutto nobilissimo, pregiatissimo, ricco di mille proprietà nutritive e salutistiche ma, terribilmente deperibile, mi sono ricordata di un racconto di mia nonna Concetta.
Nel secolo scorso, durante la seconda Guerra Mondiale, tanta gente soffrì la fame…. quella vera, quella senza speranza…..
A quel tempo, era una pratica diffusissima, cercare di conservare, nelle cantine, nei sottoscala o nelle dispense, i frutti estivi, per poterli poi mangiare in inverno: le mele, le pere, venivano allineati su scaffali, al buio, ancora acerbi e si maturavano lentamente.
Per i fichi d’india, il procedimento era diverso perché troppo deperibili… quindi si cuocevano, dopo averli sbucciati, dentro calderoni, sino al disfacimento.
Poi, questa polpa veniva passata al setaccio e il succo prodotto, cotto sino a dimezzarne la quantità e addensato con farina.
Dopo di ciò, veniva spalmato su vassoi o piatti e lasciato asciugare al sole per parecchi giorni.
A quel punto veniva tagliato a rombi e conservato in scatole di latta o contenitori di vetro, intramezzandolo con foglie d’alloro.
Così, questa buonissima conserva, veniva consumata durante l’inverno, sia come merenda per i bambini, sia come pasto per i contadini più poveri che, insieme ad un pezzo di pane, facevano pranzo con qualche pezzo di PIZZICHINTI’ e continuavano a lavorare.
Per i fichi d’india, il procedimento era diverso perché troppo deperibili… quindi si cuocevano, dopo averli sbucciati, dentro calderoni, sino al disfacimento.
Poi, questa polpa veniva passata al setaccio e il succo prodotto, cotto sino a dimezzarne la quantità e addensato con farina.
Dopo di ciò, veniva spalmato su vassoi o piatti e lasciato asciugare al sole per parecchi giorni.
A quel punto veniva tagliato a rombi e conservato in scatole di latta o contenitori di vetro, intramezzandolo con foglie d’alloro.
Così, questa buonissima conserva, veniva consumata durante l’inverno, sia come merenda per i bambini, sia come pasto per i contadini più poveri che, insieme ad un pezzo di pane, facevano pranzo con qualche pezzo di PIZZICHINTI’ e continuavano a lavorare.
Girovagando nel web, per trovare traccia di questa preparazione tradizionale, ho letto dei post molto interessanti.
In alcuni questa conserva viene definita così, come Pizzichintì, preparazione castelbuonese, dove il succo di questi frutti viene mischiato al mosto cotto, invece nel forum de“La Pulce e il Topo”, viene definita Mostarda di Fichi d’India, un prodotto della tradizione della provincia di Catania, nota per le enormi distese coltivate con queste piante.
In alcuni questa conserva viene definita così, come Pizzichintì, preparazione castelbuonese, dove il succo di questi frutti viene mischiato al mosto cotto, invece nel forum de“La Pulce e il Topo”, viene definita Mostarda di Fichi d’India, un prodotto della tradizione della provincia di Catania, nota per le enormi distese coltivate con queste piante.
Tutte e due le versioni hanno il medesimo procedimento.
Quindi, confortata dalle esperienze altrui, ho provato anch’io, sul filo dei ricordi del racconto di mia nonna.
E’ risultato un prodotto fantastico, salubre, senza zucchero aggiunto, ricchissimo di gusto e di … ricordi!!!
Quindi, confortata dalle esperienze altrui, ho provato anch’io, sul filo dei ricordi del racconto di mia nonna.
E’ risultato un prodotto fantastico, salubre, senza zucchero aggiunto, ricchissimo di gusto e di … ricordi!!!
Ingredienti:
- 2 kg di fichi d’India
- 100 gr. Di farina 00 Molini Rosignoli per un litro di succo
- 100 gr. di mandorle e noci F.lli Nuccio – Palermo
- 1 cucchiaino di cannella e chiodi di garofano macinati F.lli Nuccio- Palermo
Procedimento:
- Sciacquare abbondantemente i fichi d’India per privarli della buccia
- Farli a pezzi
- Mettere i frutti in una pentola capiente e lasciare cuocere, a fuoco basso, sino a che si saranno spappolati
- Passare al setaccio la polpa e raccogliere il succo ottenuto in una pentola piu’ piccola
- Mescolare la farina con un po’ di succo messo da parte, sino ad ottenere una pastella fluida e senza grumi
- Aggiungere la farina, così diluita al succo nella pentola e cuocere, mescolando, sino a che si addensa
- Aggiungere le mandorle e le noci tritate grossolanamente e le spezie
- Aggiungere le mandorle e le noci tritate grossolanamente e le spezie
- Trasferire il composto in una teglia e fare rapprendere. Io ho utilizzato anche delle formine
- Dopo, almeno un giorno, sformare e lasciare asciugare all’aria, meglio al sole, per almeno 5 o 6 gg. voltando il composto da tutte le parti
- Dopo questo tempo, tagliare a quadrotti e conservare in scatole di latta o contenitori di vetro, intramezzando delle foglie d’alloro.
con questa ricetta partecipo al programma di affiliazione: