Quando le festività si avvicinano e nelle case abruzzesi il profumo delle scorze di agrumi e del cioccolato fondente inonda la cucina, è segno che il Parrozzo sta per tornare protagonista sulla tavola.
Questo dolce ormai più che “centenario”, chiamato anche Panrozzo e dalla forma simile a quella dello zuccotto toscano, non è soltanto una bontà che si scioglie in bocca: è memoria viva, rito condiviso tra generazioni ed emblema dell’orgoglio di una terra.
Bastano pochi gesti – la cupola che cresce in forno, la colata scura della glassa, le mani che affettano la crosta lucente – per risvegliare l’atmosfera del Natale in un abbraccio che profuma di mandorle e tempo lento.
Ciò che rende il Parrozzo abruzzese tanto speciale va oltre la semplicità degli ingredienti: racchiude una storia d’artigianato, poesia e identità.
Scoprire come realizzarlo diventa viaggio nella tradizione, anche grazie a una ricetta facile che abbraccia il presente senza dimenticare il passato.
Che cos’è il Parrozzo abruzzese e origine
Dietro la superficie scura e lucida del Parrozzo, si cela la storia di una regione che ha saputo condensare nei sapori la forza della sua cultura.
La sua cupola semisferica richiama il pane “rozzo” rustico dei contadini, da cui il dolce trae ispirazione sia nell’aspetto sia nel nome.
Un aroma di semolino, agrumi e mandorle, in equilibrio con la copertura intensa di cioccolato, trasforma ogni fetta in un piccolo ricordo d’Abruzzo.
Storia sintetica: Luigi D’Amico e Pescara
Il Parrozzo nasce ufficialmente nel 1920 a Pescara grazie all’intuizione di Luigi D’Amico, abile pasticciere che desiderava omaggiare i sapori autentici della sua terra.
Rievocando la forma e il colore del pane contadino – scuro fuori, dorato e compatto all’interno – creò un dolce destinato a entrare nel cuore degli abruzzesi.
La sua ricetta, ancora oggi pressoché invariata, si fonda su ingredienti essenziali, a misura di famiglia e di festa.
Il fascino del Parrozzo non sfuggì nemmeno a Gabriele D’Annunzio, che ne fu estimatore al punto da dedicarvi un madrigale, “La Canzone del Parrozzo”, che celebra l’equilibrio di sapori e la poesia della sua forma.
Così, ogni volta che si porta in tavola questo dolce dal cuore compatto e umido si rinnova il legame tra cucina e letteratura, tradizione e innovazione.
Preparazione del Parrozzo
Preparare il Parrozzo abruzzese in casa non richiede abilità da pasticcere: basta organizzare bene le ciotole, predisporre gli ingredienti e lasciarsi guidare dal ritmo lento dei gesti familiari.
Il segreto, qui, è rispettare i passaggi senza fretta.
Esecuzione della ricetta: facile
Tempo occorrente: 35 minuti + 60 minuti di cottura
Costo: basso
| Ingredienti per uno stampo per zuccotto da 22 cm di diametro |
| per l’impasto: |
| 2 uova intere |
| 4 tuorli |
| 4 albumi |
| 1 limone non trattato |
| 1 arancia non trattata |
| 180 g di zucchero semolato |
| 5 gocce di aroma di mandorle amare in fiala |
| 2 cucchiai di liquore Amaretto di Saronno |
| 120 g di olio di semi |
| un pizzico di sale |
| 150 g di semolino |
| 165 g di farina di mandorle |
| burro per ungere lo stampo q.b |
| farina per infarinare lo stampo q.b |
| per la glassa: |
| 200 g di cioccolato fondente al 55% |
| 200 g di panna fresca liquida |
| 50 g di burro |
Procedimento
Per prima cosa, lava l’arancia e il limone, asciugali bene, grattugiane la parte arancione e gialla delle scorze e mettile in una ciotola capiente.
Aggiungi le 2 uova intere, i 4 tuorli, l’Amaretto di Saronno, 90 g di zucchero semolato, l’aroma di mandole amare e il pizzico di sale.
Lavora il tutto con le fruste elettriche per 6-7 minuti e, non appena avrai ottenuto un composto bello spumoso, incorpora l’olio a filo e lentamente.
Poi arresta le fruste elettriche e, mescolando con una spatola con movimenti lenti e delicati dal basso verso l’alto, unisci il semolino e la farina di mandorle.
Versa, quindi, gli albumi e lo zucchero rimasto in un’altra ciotola e, servendoti nuovamente delle fruste elettriche, montali a neve fino ad ottenere un composto voluminoso ma non eccessivamente compatto.
Aggiungi gli albumi montati con lo zucchero alla ciotola contenente l’impasto in più riprese e sempre facendo movimenti delicati e lenti dal basso verso l’alto con la spatola.
Dopodiché ungi e infarina l’interno dello stampo senza lasciare parti scoperte, versaci dentro l’impasto fino a circa 2,5 cm dal bordo e livellalo.
Trasferisci lo stampo nel forno preriscaldato e fanne cuocere il contenuto a 165° per 55-60 minuti in modalità statica.
Controlla la cottura negli ultimi 15 minuti e, prima di sfornare il parrozzo, fai la prova stecchino per capire se è pronto o se devi lasciarlo nel forno qualche minuti in più.
Una volta cotto, tira fuori il parrozzo dal forno e lascialo raffreddare prima di capovolgere lo stampo e sformare il dolce su una gratella.
Trita il cioccolato, fallo fondere a bagnomaria e poi metti la panna in un pentolino e falla scaldare a fiamma dolce.
Un attimo prima che raggiunga l’ebollizione, toglila dal fuoco e, mescolando e facendo attenzione a inglobare meno aria possibile, aggiungi alla stessa il cioccolato fuso.
Poi unisci pure il burro a dadini, sempre mescolando, e aspetta, controllando con un termometro da cucina, che la temperatura della glassa ottenuta scenda a 32°.
Nel frattempo, sistema un vassoio o un piatto pulito sotto alla gratella su cui hai messo il parrozzo per poter poi recuperare e riutilizzare l’eventuale glassa in più colata.
Quando la glassa avrà raggiunto i 32°, versala al centro della sommità del dolce in modo che coli e ne copra l’intera superficie e, se necessario, muovi un po’ la gratella per rendere uniforme la copertura.
Infine, lascia riposare il parrozzo abruzzese sulla gratella in un ambiente fresco per una trentina di minuti prima di disporlo sul piatto di portata e servirlo in tavola.
Conservazione del Parrozzo
Se non fa troppo caldo e lo si consuma entro 24 ore, conviene mettere il dolce sotto a una campana di vetro e conservarlo a temperatura ambiente per non farlo asciugare.
Altrimenti lo si può conservare per 3 giorni in frigorifero, sempre protetto dalla campana di vetro e facendone ammorbidire l’impasto a temperatura ambiente per 30 minuti prima di consumarlo.
Consigli pratici e varianti del Parrozzo
Ciascun dettaglio conta per ottenere un Parrozzo abruzzese degno di memoria: dalla scelta dello stampo alle tempistiche della glassatura, senza tralasciare gesti d’attenzione che fanno la differenza sul risultato finale.
Ogni famiglia ha la sua piccola variante, ma pochi segreti ben applicati portano dritti alla perfezione.
Stampo adatto imburrato/infarinato
Indispensabile è lo stampo a cupola usato per fare lo zuccotto: va ben imburrato e infarinato, oppure foderato con carta stagnola per facilitare l’estrazione del dolce raffreddato.
La forma tondeggiante e bombata è irrinunciabile per richiamare l’originale pane di campagna.
Quando glassare (subito o il giorno dopo)
Per un risultato ottimale, il dolce va lasciato raffreddare del tutto: la glassa si attacca meglio e non rischia di colare troppo velocemente.
Chi ama la copertura perfetta attende addirittura un giorno per glassare, ma anche farlo quando il dolce si è appena raffreddato regala grande soddisfazione.
Varianti accettate (olio vs burro, quantità semolino/cioccolato)
La tradizione prescrive l’uso dell’olio di semi per un impasto più leggero, ma c’è chi non rinuncia al burro: entrambi i grassi conferiscono morbidezza e la scelta dipende fondamentalmente dal gusto personale.
Alcuni optano per una glassa più sottile con 150 g di cioccolato fondente, altri aumentano leggermente il semolino (fino a 180 g) per una consistenza ancora più compatta.
Servizio del Parrozzo
Il Parrozzo abruzzese si serve sempre freddo, dopo che la glassa ha fatto il suo dovere e può essere decorato con qualche lamella di mandorla o semplicemente lasciato puro e scuro, come vuole la tradizione.
Per una tavola davvero abruzzese, affianca il Parrozzo a del vino dolce locale, lascia in vista la cupola bombata fino all’ultimo taglio e invita amici e famiglia a condividere ogni fetta.
Ciascun boccone racconta storie di casa e d’inverno e non serve altro: solo il piacere di riscoprire un classico, ogni anno come fosse la prima volta.
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