Oggi secondo il Calendario del Cibo Italiano di AIFB si festeggia la giornata nazionale del tonno sottolio, la cui ambasciatrice è Nicol Pini del blog Col Cavolo. Per quanto riguarda il mio contributo ho pensato di parlarvi della storia del tonno Callipo, una delle eccellenze calabresi! Lo scopo di questo articolo è proprio quello di raccontarvi la storia dell’azienda e, cosa assai più importante, la lavorazione del tonno! Siete pronti? Iniziamo!
La storia del tonno Callipo
La storia del tonno Callipo ebbe inizio a Vibo Valentia, città in cui vivo, esattamente a Pizzo Calabro nel 1913. Il suo fondatore, Giacinto Callipo, diede vita a quest’azienda che risultò essere prima fra tutte in Calabria e ai primi posti anche per quanto riguarda l’Italia intera ad inscatolare il buonissimo e pregiatissimo tonno del Mar Mediterraneo. La mission dell’azienda, sin dagli inizi, fu la qualità, e fu proprio il perseguimento costante di questo obiettivo a portare la stessa azienda ad essere insignita del Brevetto “Fornitore Ufficiale” della Real Casa.
Col passare degli anni la produzione del tonno si tramandò di generazione in generazione e, al giorno d’oggi e grazie al consolidamento sul mercato nazionale ed estero, la Callipo può meritatamente definirsi una delle poche aziende a livello nazionale ad effettuare la lavorazione del tonno in tutte le sue fasi esclusivamente in Italia. Nel 2013 l’azienda festeggiò il suo centenario non come un traguardo raggiunto, bensì come un nuovo obiettivo per il futuro.
Volete sapere come si pescava anticamente il tonno? Bene, ora ve lo racconto! Una sera mi trovavo a Pizzo Calabro, esattamente alla Marina, dove si trova il Museo della Tonnara! È un posto splendido e se vi trovate a Pizzo non potrete andar via senza visitarlo! Era aperto al pubblico, così non mi sono persa certo l’opportunità di visitarlo e di ascoltare ciò che veniva detto e raccontato. Un tempo la pesca del tonno si effettuava attraverso le tonnare. Io, personalmente, non le ho mai viste in funzione ma ho ascoltato i racconti di chi ha fatto questo lavoro e ha vissuto appieno questa esperienza.
La maggior concentrazione di tonnare si ebbe nel Golfo di Sant’Eufemia a Lamezia Terme. Tale posto fu definito ideale per la riproduzione del tonni. La tonnara più importante, secondo alcuni documenti storici, si ebbe a Pizzo Calabro. Questa tonnara fu creata nel 1457 ed è una delle più antiche. Ma cosa si faceva esattamente nelle tonnare? Sembra proprio che in questi posti le persone venivano coinvolte da moltissime attività che non avevano durata limitata al solo periodo di pesca, ma continuavano per tutto l’anno.
I “tonnaroti“, così erano definite le persone che ci lavoravano, riparavano le reti di pesce e ne producevano di nuove, effettuavano la manutenzione dei cavi d’acciaio, delle ancore e molto altro. Si distinsero due tipi di tonnare: la tonnara fissa, ovvero un sistema di pesca importato dagli arabi e costituita da uno sbarramento di reti immerse nel mare che permettevano di intrappolare i tonni durante la loro migrazione genetica. Si ebbe poi la tonnara grande, che veniva fissata ai primi d’aprile in mare anche se la pesca vera e propria avveniva nei mesi di maggio e giugno per il tonno di corsa e nei mesi di luglio e agosto per il tonno di ritorno, ovvero quel tonno che tornava dopo aver deposto le uova.
La messa in mare della tonnara aveva bisogno di molti uomini, di tanti chilometri di reti, di tante ancore, di “mazzare” (ovvero delle pietre) e di “ballette” (galleggianti di sughero). L’impianto intero era ancorato alla riva per mezzo di un grosso scoglio, definito della “catena“. Da qui partiva verso il largo il “pedale“, ovvero una struttura resistentissima che riusciva a sorreggere la rete di sbarramento capace di sopportare le forti correnti marine e le mareggiate. Il sistema di reti era composto da una serie di camere comunicanti attraverso le quali i tonni venivano avviati verso l’ultima, in gergo definita “camera della morte“. Solo quando i tonni entrati erano davvero tanti, il rais (capo assoluto della tonnara), ordinava di sollevare la rete mobile detta “cannamu“. Tale rete una volta alzata fungeva da porta e chiudeva ermeticamente la camera.
La tonnara veniva sostenuta da una serie di barche, la più grande delle quali veniva chiamata “U Caparrassu“, ovvero quella da cui partivano gli ordini. Tale barca aveva il compito di reggere la parte terminale del cannamu che, come già vi ho spiegato in precedenza, chiudeva la camera della morte. Oltre al Caparrassu, anche le altre barche avevano dei nomi per mezzo dei quali era possibile riconoscere i loro compiti. Prima fra tutte ricordiamo la Portanova dove stavano i tonnaroti che davano la buona notizia al grido di “toccau” quando i tonni urtavano con le lenze d’avvistamento.
Questo grido rompeva il silenzio e avvisava gli altri uomini in attesa su “U Scieri“. Gli uomini di questa barca a loro volta si alzavano per richiamare l’attenzione degli uomini di guardia sulla barca “Colannitu“, preannunciando così la “levata“. Le ultime due barche, “Musciari” e “Barcacce“, erano utilizzate per spostarsi dalla tonnara e portare a riva i tonni.
Il rais, dopo aver accertato la mole e la quantità dei tonni, faceva issare la bandiera tricolore sulla barca “U Scieri”. Una volta che i tonni venivano intrappolati nella camera della morte, avveniva la “mattanza”. Attenzione però, a quei tempi ciò non era visto come un segno di crudeltà, bensì come una necessità! Durante questo atto, il tonnaroto intonava una canzone chiamata “A levata“, in cui veniva manifestata la pietà per ciò che stava provocando e chiedeva anticipatamente perdono con le seguenti parole “a tutti i tunni cercamu perdunu” (a tutti i tonni chiediamo persono). Con queste parole si chiudeva il canto.
La popolazione veniva avvisata dell’abbondante pesca per mezzo del locale convento di San Francesco che era il primo ad avvistare il segnale lanciato dalla barca “U Scieri”, pertanto suonava le campane a festa. Ai frati del convento veniva offerto il tonno più grosso come voto, vista la devozione della gente verso San Francesco di Paola, protettore della gente di mare. Col tempo l’attività delle tonnare cessò e con esse anche la fonte inesauribile di lavoro e di relativo benessere.
La lavorazione del tonno Callipo
La lavorazione del tonno Callipo avviene da oltre 100 anni esclusivamente in Calabria. Tale scelta è imprescindibile per l’azienda Callipo che sa sempre è molto attenta a garantire la qualità del prodotto e il marchio Made In Italy. La lavorazione del tonno è il vero segreto della qualità ed è il risultato di una combinazione molto equilibrata fra tradizione, tecnologia e cura del processo produttivo.
In ultimo, ma sicuramente non meno importante, c’è la selezione della materia prima e la stagionatura del prodotto fino alla sua commercializzazione. Per i più curiosi e desiderosi di sapere, allego un video del canale youtube Tonno Callipo! Fate una gita virtuale a Pizzo Calabro e scoprite come viene lavorato questo pregiatissimo tonno.
Le fasi di lavorazione
SEZIONAMENTO: Il tonno viene congelato a bordo dei pescherecci e trasferito allo stabilimento dove vengono effettuati i controlli sulla qualità. Dopo lo scongelamento, effettuato con acqua corrente a temperatura ambiente, il tonno viene sezionato, tagliato e lavato.
COTTURA: Il tonno viene cotto a vapore in modo da poter mantenere le caratteristiche organolettiche e i valori nutritivi. Viene successivamente fatto raffreddare e trasferito nelle celle di condizionamento, quindi asciugato a temperatura controllata.
MONDA: Una volta cotto, il tonno viene trasferito al reparto monda dove viene pulito e selezionato in base alla qualità. Questo compito viene affidato al giorno d’oggi proprio come un tempo.
INVASAMENTO MANUALE: I filetti di tonno vengono invasati manualmente con procedimento artigianali, rispettando tutte le misure di sicurezza ed igiene previste. I filetti di tonno invasati in vetro fanno parte della linea più pregiata e l’azienda utilizza circa il 50% dei tranci lavorati per garantire ai consumatori qualità e genuinità. Quando i vasetti sono riempiti, questi vengono condotti sotto il dosatore del sale e sotto la colmatrice di olio extravergine d’oliva.
STERILIZZAZIONE: I prodotti vengono trasferiti nelle autoclavi e, terminata questa fase, vengono prelevati dei campioni per essere analizzati e per verificare che il processo sia andato a buon fine.
LABORATORIO E CONTROLLO QUALITA’: Il laboratorio effettua verifiche sui prodotti quali la determinazione del peso sgocciolato, la concentrazione di sale, la rilevazione della temperatura, dell’umidità ecc…
CONFEZIONAMENTO: Questa operazione è completamente automatizzata e su ogni confezione viene inserito il lotto di produzione. Inoltre il sistema garantisce la tracciabilità di filiera.
STAGIONATURA: Questo processo ha lo scopo di garantire le qualità intrinseche del prodotto e varia a seconda dei formati. I tempi non superano comunque quelli consigliati dagli enti di certificazione e donano al tonno Callipo il gusto eccellente che tutti conoscono!
Allora vi è piaciuto il racconto della storia del tonno Callipo? Credo proprio di si, io intanto vi lascio qui i riferimenti storico-bibliografici per chi di voi volesse ulteriormente approfondire questa meravigliosa storia.
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Fonte riferimenti bibliografici: Franco Cortese – La Tonnara – Tratto da Le Tonnare di Pizzo – Edito da Jaca Book (1991); Franco Cortese – Genesi e progenie della città di Pizzo – Edito da Brenner Cosenza.