LA CUCINA AFGHANA RACCONTATA DA CHEF KUMALÉ E I NATI PER SOFFRIGGERE

Da grande amante della cucina etnica, potevo esimermi dal partecipare e raccontarvi il Cooking Show di Chef Kumalè e i Nati per Soffriggere? Assolutamete.
Ieri, mi sono letteralmente precipitata al Suq del Porto Antico di Genova per assistere a questo incontro sulla cucina afghana, a me ancora sconusciuta.

Caroline, Mortazza e Chef Kumalè

Ma andiamo per ordine e partiamo col spiegare meglio chi sono stati i protagonisti di questo evento.

Chef Kumalè, alias Vittorio Castellani, è un giornalista, uno storytelling piemontese che, girando il mondo ha assaggiato e visto preparare i piatti tipici di ogni angolo del pianeta. Di seguito, ha abbinato il sapere appreso direttamente dalle “massaie” durante i suoi viaggi, agli studi sulle culture gastronomiche, diventando un punto di riferimento per Università, Enti e Istituzioni Locali.
Nati Per Soffriggere, invece, è un progetto che vede nella cucina un elemento di integrazione e stimolo culturale. Prevede una serie di attività che intendono far leva sulle conoscenze e competenze culinarie maturate nei paesi d’origine dai profughi che affollano i servizi di accoglienza e assistenza riservati ai cittadini stranieri richiedenti asilo.
In poche parole, Nati Per Soffriggere, intende valorizzare le competenze culinarie dei migranti, sopratutto di quelli che in patria hanno già lavorato nel settore, proponendo e organizzando serate gastronomiche a tema , cucinate dagli ospiti dei centri di accoglienza in eventi esterni organizzati per il pubblico. 
Ieri, su palco del Suq erano presenti Caroline, rappresentante della Coop. Il Biscione, che attualmente ospita i rifugiati in città, e Mostaza, o Mortazza, dolcissimo ragazzo afghano, cuoco di mestiere nella sua terra d’origine, che con l’aiuto di Chef Kumalè e Caroline ha preparato il Kabuli Palaw, tipico tradizionale della sua terra natia.

In pratica, il Kabuli Palaw è un riso basmati poco speziato cotto con la tecnica di assorbimento del riso pilaf, con carne di vitello o montone, carote e uvetta caramellate. 
Un piatto che prevede una cottura molto lunga, si comincia preparando un brodo di carne: dopo aver soffritto tanta bella cipolla, aggiunto cumino e curcuma in polvere, e lo zenzero fresco a pezzetti, si fa rosolare la carne, che secondo le tecniche musulmane, deve essere nuovamente lavata prima della cottura, per eliminare tutto il sangue residuo, considerato impuro.
Pratica, che oltre ad essere un precetto religioso, diventa anche una regola igienica fondamentale nei paesi dove spesso la carne viene esposta nei mercati, all’aria aperta, e le strade sovente sono sterrate.
In ultimo, si aggiunge l’acqua, il sale e si lascia cuocere per circa due ore. Creando così un brodo molto saporito.
Il riso, rigorosamente Basmati, quello a chicco lungo per intenderci, nel frattempo viene lavato e messo in ammollo per 20 minuti circa, così da eliminare tutto l’amido e mantenere i chicchi separati. Poi cotto al dente.
Una volta pronto il brodo, al quale sarà stato aggiunto un po’ di zucchero caramellato nell’olio di semi, per rendere più piacevole e delicata la pietanza al palato, si comincia con l’operazione “degli strati”: in una grande pentola, vengono messi strati di riso, brodo e carne in modo alternato, per poi chiudere con un coperchio avvolto in un canovaccio.

In ultimo, importantissimo elemento, viene appoggiata una grande pietra sopra la pentola, così da sigillare ulteriormente la preparazione e creare una sorta di “pentola a pressione”, passatemi il termine.
La pietanza, richiederà ancora una mezz’oretta di cottura. In questo modo, il riso assorbirà tutto il liquido all’interno e, senza mai girarlo, si gonfierà raddoppiando il suo volume, ma allo stesso tempo conservando la morbidezza e sapore del condimento.
Una volta pronto il Kabuli Palaw, viene versato in un grande piatto e coperto con carote a julienne e uvetta leggermente fritti.

Infine abbiamo tutti assaggiato. Inutile dire che il Kabuli Palaw era già pronto, altrimenti avremmo dovuto aspettare molto più di un’oretta, la durata totale dello show cooking.
Un piatto davvero buono, particolare, che vagamente ricorda la cucina indiana, ma dai sapori meno speziati, non a caso l’Afghanistan confina con l’India, molto piacevole e neanche troppo pesante.

Un’ora di “spettacolo”, davvero divertente e istruttivo.
Concludendo si puo’ dire che in un mondo dove i popoli migrano, si spostano per necessità di sopravvivenza, scappare dalla fame, dalle guerre, o anche solamente per trovare un avvenire migliore, il cibo, la cucina in particolare, unisce sempre tutti!
Perchè nella cucina c’e’ conviaviliatà, passione e amore.

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