Quando ero bambina, passavo l’estate al mare con i nonni sulla costa toscana, in Maremma. Erano mesi bellissimi, spensierati durante i quali si alternavano momenti di gioco sfrenato, ad attimi di completo relax passati ad osservare il mare in silenzio e a mangiare la cecina. Questo cibo ha fatto da scenario a tutte le mie vacanze marine da piccola. Era la nostra merenda (o lo spuntino di metà mattina) e si svolgeva secondo un preciso rituale. Rigorosamente dopo il bagno, con indosso l’sciugamano, si correva, naturalmente in branco, a comprare la cecina al chioschetto. Ovviamente ci spintonavamo per entrare, il proprietario ci cazziava, poi, quando la calma era stata creata, ci metteva in fila con le 50 lire in mano e dava ad ognuno il pezzetto di cecina bollente su un foglio di carta gialla. Bruciava da morire, ma la sfida era non lamentarsi, altrimenti eri una femminuccia! Io a dire il vero lo ero, ma agli inizi degli anni ’70 era un’infamia di cui nessuno voleva macchiarsi. Così ti arrangiavi spostandola da una mano all’altra per cercar sollievo e iniziavi a mangiarla a piccoli morsi, cercando di evitare ustioni. Ci sedevamo sul muretto al molo e mangiavamo guardando passare le barche. Poi di corsa tutti alla fontanella a bere e ancora di corsa in spiaggia. Ogni giorno, per anni. La cecina, assoluta protagonista del rito. Ma effettivamente, non c’erano molte opzioni. Le varianti della merenda al mare a quei tempi al chioschino, erano la focaccia, la pizza o la cecina. Ma focaccia e pizza le trovavi anche a casa, mentre la cecina, la facevano solo al mare. Da noi, nel Chianti, nessun negozio, chiosco o pizzeria, la proponeva. Come diceva mio nonno: “di farinata (nome chiantigiano della cecina) se n’è mangiata abbastanza” indicando implicitamente, quanta parte avessero avuto i legumi negli anni bui di povertà e ovviamente lasciato quel periodo alle spalle, non sentivano la necessità di rifare piatti che ricordassero i tempi di miseria. La mia nonna ogni tanto ce la preparava a casa, ma dato che non avevamo il forno a legna da pane, era sempre restia a farla perchè diceva che non veniva buona. A onor del vero, a me piaceva lo stesso e mi piace anche ora, tant’è che la faccio spesso proprio nel forno di casa.
Ma devo ammettere che quella del chioschino di quand’ero bambina era un’altra cosa. Forse perchè piena di ricordi di momenti felici, non so, ma a me è sempre sembrata il massimo. Oggi è il piatto che porto alle scampagnate con gli amici, insieme alla focaccia di Locatelli, perchè così accendo il forno per 2 pietanze, sforno, infilo tutto in una scatola che conservo appositamente per trasportare le teglie, ed esco di casa. Se la scampagnata è nei dintorni, ci mangiamo il tutto sempre tiepido, altrimenti, freddo, ma non avanza mai nulla. Così oggi, nella giornata che il Calendario del cibo italiano dedica alle Scampagnate, non potevo che realizzare una cecina, dato che tra l’altro, non l’avevo neanche mai pubblicata. Come per tutti i piatti della tradizione, ne esistono molte versioni, con molti nomi e ricette diverse. Questa è la versione “maremmana” datami tanti anni fa, dalla allora novantenne madre del gestore del chioschino.
Ingredienti per una teglia da pizza diametro 32 cm
- 180 g di farina di ceci
- 600 g di acqua
- 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva + quello per ungere la teglia (almeno altri 3)
- sale
- pepe macinato al momento
Preparazione
In una ciotola disporre la farina di ceci accuratamente setacciata, fare la fontana e aggiungere al centro 3 cucchiai di olio, un cucchiaino di sale e pian piano tutta l’acqua mescolando accuratamente con una frusta, fino ad ottenere un composto liscio, fluido e senza grumi. Lasciar riposare almeno un’ora. Preriscaldare il forno alla massima temperatura. L’ottimo sarebbe il forno da pizza, a casa scaldare il forno al massimo. Oliare accuratamente la teglia da pizza (anche sui bordi) con l’olio rimasto e versarci l’impasto della cecina. Cuocere in forno per circa 15 minuti, e poi passare alla funzione grill per 8/10 minuti, finchè non si formerà una crosticina in superficie. Servire appena sfornata, con pepe macinato al momento. E’ buona anche fredda, ma può essere riscaldata, se avanza.