— FedericoCampolattano (@federcampo) 22 febbraio 2017
L’hype è aumentato ancora di più quando, circa sei mesi prima di partire, ho letto che il 28 febbraio sarebbe stato l’ultimo giorno di vita per il celebre ristorante (ora, lo chef, Renè Redzepi, infatti, ha aperto un temporary restaurant in Messico, ma farà ritorno in Danimarca per inaugurare, fuori dalle mura della capitale, una sorta di “fattoria gourmet” che farà sicuramente molto parlare).
Ma se da un lato il Noma racchiude(va) in sé tutto l’acume e la sofisticatezza della cucina danese con le sue tre stelle michelin e la sua collezione di miglior ristorante del mondo per quattro anni di seguito, dall’altro il cuore della città batte come un tamburo, scandito da quella umiltà e complicata semplicità chiamata “gastronomia danese”.
Uno dei posti più interessanti è stato il MERCATO COPERTO DI TORVEHALLERNE, primissima tappa del nostro soggiorno in città. Questo “mercato”, che affaccia sulla piazza di Israels Plads, è diviso in due padiglioni che ricordano (volutamente?) due serre. Nel primo è possibile acquistare ingredienti freschissimi come carne, pesce, frutta e verdura, scegliendoli su variopinti banchi espositivi che, per il loro assortimento, solo ammirarne la bellezza vale la visita. Gli stand di pesce, in particolare, sono un incredibile colpo d’occhio, in cui è possibile provare tantissimi piatti (cotti, crudi, marinati, fritti, tutti preparati dallo staff presso gli stand, dotati di cucina in cui è possibile scegliere il pesce e farselo cucinare al momento sotto i propri occhi di turista o no) le FISKEFRIKADELLER, delle poplette di pesce (solitamente merluzzo) impanate e fritte. Le migliori che abbia mai mangiato rimangono quelle assaggiate a Rio De Janeiro, ma queste si difendono abbastanza bene. Un consiglio: il momento migliore per consumare le fiskefrikadeller e tutti gli altri piatti è a ridosso delle ore di punta, dove tutto è cucinato al momento e servito caldo per via della grossa affluenza. A ridosso delle 8 di sera (alle 9 il mercato chiude), invece, già da un’oretta non preparano più nulla e ciò che vendono è l’avanzo della produzione pomeridiana.
” [..] qui credo di aver provato il miglior porridge della mia vita”
Il secondo padiglione, invece, è composto di stand dove è possibile solo la consumazione e il take away. Qui credo di aver provato il miglior porridge della mia vita. Lo stand che lo prepara è piccolo, si chiama GRØD e dalle 7.30 del mattino alle 17.00 propone ciotole colme di porridge cotto in latte intero di provenienza biologica, servito con frutta fresca, mandorle, cioccolato, salsa al caramello (fatta da loro) e tutto ciò che il vostro cuore desidera e il menù propone. Lo amerete!
“Sinceramente non saprei cosa consigliarvi qui. Credo tutto.”
Rimanendo in tema di street food, sembra che gli hot dog siano un altro elemento tipico di Copenhagen. Si vocifera che il migliore lo prepari DØP (lo potete trovare al seguente indirizzo: Amagertorv 31), ma ho preferito sorvolare e visitare quello che si preannunciava essere il “tempio dello street food”: il COPENHAGEN STREET FOOD, appunto.
Un capanno che ospita tutto il cibo da strada del mondo nell’area di PAPIRØEN, un complesso industriale dedicato in passato allo stoccaggio della carta. Oggi la loro missione è riunire sotto un unico tetto la cultura dello street food mondiale. Se avete un camioncino e volete portare qualcosa di nuovo che non sia già presente, potete farlo liberamente ed unirvi a loro. L’intera area è gestita da “The Association Copenhagen Street Food for conservation of Thorshøjgaard and the Original Red Danish Dairy Breed” e la cosa molto bella è che devolvono tutti gli introiti della vendita dell’acqua presso gli stand ad alcune fattorie selezionate, per la conservazione del bovino rosso danese, una razza utilizzata principalmente per la produzione di latte. Sinceramente non saprei cosa consigliarvi qui. Credo tutto. La carne che abbiamo provato era per la maggior parte cotta al bbq: tenera, succosa, dolciastra. Hanno di tutto, dal panino ripieno di anatra all’immancabile sushi.
L’ambiente è molto originale e giovanile, con un’illuminazione soffusa, adeguatamente studiata per poter ammirare l’esplosione di colori che fuoriesce dai vari stand (per la maggior parte camioncini) e rendere protagonista il cibo in un ambiente chiuso che non fa in nessun modo perdere il concetto di strada.
Visitatelo, fatevi invogliare da ciò che più vi attira e gustatelo all’esterno, seduti su una delle tante tavolate di legno, con la vista del teatro dell’opera dall’altra parte del canale.
“[...]abbiamo provato la porchetta”
Poco distante dalla zona della Sirenetta, nei pressi del porto, siamo capitati tra le mura di LØGISMOSE: una società danese che produce sotto il proprio marchio e vende alcuni prodotti ricercati: creme di tartufo, salse, conserve, composte. Il market propone anche una selezione dei migliori prodotti provenienti da tutto il mondo, come vini, formaggi, e ancora ortaggi. Visitando lo store (la quale proprietà possiede anche il ristorante Kong Hans Kælder attualmente fregiato di una stella Michelin), abbiamo fatto amicizia con una simpaticissima signora portoghese. Galeotto di questa frugale conoscenza, è stata una porchetta dalle dimensioni gentili che la signora aveva il compito di gestire. Naturalmente abbiamo provato la porchetta e, dopo, ci ha fatto assaggiare mezzo negozio, tra risate, curiosità e aneddoti vari.
Con uno street food così loquace, viene senza molta difficoltà la curiosità di capire, oltre un ristorante tristellato come il Noma o un ristorante stellato come il Relae (di recente insignito di una stella michelin e al cui timone siede Christian Puglisi, poderoso chef giovane che ha il tricolore nel sangue), come la gastronomia danese si presenti in una città vivace come Copenhagen.
Scelgo HÖST e prenoto un tavolo con largo anticipo. Un bistrot dall’anima fortemente nordica, moderna, che racconta i dintorni della capitale, oltre le mura, laddove il turista non si spinge. Insignito nel 2013 come miglior ristorante di design del mondo, l’elemento naturale con ampio utilizzo di pietra e legno creano un background in perfetto equilibrio con il concetto che la cucina vuole esprimere.
Il piatto che mi ha convinto di più è stato lo stinco di maiale con finocchio, yogurt ed erbe. Tutte le portate sono fortemente aiutate dalla terracotta con cui sono prodotti i piatti, volutamente lasciati grezzi che diventano l’anello tra il concetto di modernità e la materialità agreste che la cucina vuole proporre, con bicchieri di vetro fine che ripristinano l’asset di ricercatezza, affiancati da meravigliosi candelieri di semplice ottone che sorreggono la luce fioca che ha scandito tutta la nostra cena.
Nel complesso abbiamo mangiato discretamente bene e siamo stati serviti da un personale molto simpatico e cordiale. Il dolce, il punto su cui sono più sensibile su una degustazione, è stato un gelato a base di corteccia di betulla con cioccolato alle erbe, pere decane e caramello.
Ne vale davvero la pena!