Solo una volta ho avuto il piacere di volare a Parigi per poi perdermi tra strade affollate e gusci di macaron croccanti. Una sola volta, e cinque giorni, per potermene innamorare.
La prima cosa che mi ha colpita è sicuramente stata la lingua, quel ‘erre’ moscia pronunciata da labbra ricamate da un bel rossetto rosso.
La seconda, la multietnicità leggera e ben assemblata che si respirava tra le vie e nei café, insieme al quel profumo di sfogliato tipico dei pain au chocolat.
Poi, in terza posizione naturalmente abbiamo, la tour effeil, le jardin de luxembourg avec le louvre e tutti i palazzi ricamati che sano tanto di chic.
La prima cosa che mi ha colpita è sicuramente stata la lingua, quel ‘erre’ moscia pronunciata da labbra ricamate da un bel rossetto rosso.
La seconda, la multietnicità leggera e ben assemblata che si respirava tra le vie e nei café, insieme al quel profumo di sfogliato tipico dei pain au chocolat.
Poi, in terza posizione naturalmente abbiamo, la tour effeil, le jardin de luxembourg avec le louvre e tutti i palazzi ricamati che sano tanto di chic.
Al termine di quei cinque giorni, con gli occhi luccicante e la macchinetta fotografica in fiamme ( per quante scatti avevo rubato), al centro del quartiere latino mi feci una promessa: ritornare al più presto , per fare incetta di burro, tarte meringuè e quant’altro che questa città potrà offrire in futuro.
Da quella promessa, da quel momento con basco rosso bordeaux, freddo, vento, dita e intrecciate con fare speranzoso, sono passati quattro anni. E così ad ogni febbraio, mi ritrovo con le dita incrociate e a sussurarmi in modo gentile: “appena ci sarà l’occasione” . E se anche l’occasione di ritornare a Parigi potrebbe esserci stata, ancor in qualche modo non mi sentivo pronta per ritornare nel luogo dove il mio piccolo cuore fu stato rubato.
Il mio subconscio mi ha sempre bisbigliato che dovevo attendere, che non era ancora arrivato l’anno giusto. Non so bene per quale motivo, visto che la voglia di ritornarci è tanta; ma forse manca davvero ancora qualche tassello di puzzle nella mia vita per far sì che io possa tornare completa, con l’emozione giusta, con la carica esatta per poter godere fino in fondo della città; meglio dell’ultima volta.
Il mio subconscio mi ha sempre bisbigliato che dovevo attendere, che non era ancora arrivato l’anno giusto. Non so bene per quale motivo, visto che la voglia di ritornarci è tanta; ma forse manca davvero ancora qualche tassello di puzzle nella mia vita per far sì che io possa tornare completa, con l’emozione giusta, con la carica esatta per poter godere fino in fondo della città; meglio dell’ultima volta.
Come sapevo che non era il momento giusto , nel 2013, quando in libreria mi ritrovai a sfogliare un libro blu, con scritte in rosso e ricette semplice e ben spiegate. Rimasi ammaliata da quelle trecento pagine, ma lo rimisi a posto; il cuore mormorava che non era l’ anno giusto per poter acquistare quel abecedario culinario.
Il ricettario in questione, è quello di Rachel Khoo (blogger inglese, che come me, si è innamorata follemente di Parigi , tanto che con poche pretese a riempito una valigia e ci si è trasferita) “La piccola cucina parigina” memorie di buon cibo e tanto burro, che vuole far ricredere al mondo la cucina francese sia solo gourmet e per chef stellati.
Ma ritornando alla storia che vi stavo raccontando, quel pomeriggio in libreria, uscì da sola senza nessuna busta della spesa sotto braccio, proprio perché sentivo che non era il mio momento, o meglio dire il nostro (mio e di Rachel ). Passarono anche qui quattro anni , insieme alle stagioni e alle mode; per arrivare in una mattinata calda di primavera con il pc in modalità ricerca, che venivo catapultata in un mondo di rosa e leggerezza. “Perfetto per me” –esclamai, fino a quando una fotografia mi fece capire tutto. Il bellissimo angolo chic era del omonima blogger, la stessa graziosa personcina che mi aveva ammaliato in libreria. Scoprii altre pubblicazioni, sue ricette, il suo modo di raccontarsi carino e gentile, il suo magazine; fino a diventare una delle sue più grandi lettrice e sostenitrici.
Dai germogli in primavera, passiamo alle zucche per halloween fino ad accendere candele per santa lucia e a cucinare insieme a lei Kannellbur e ha profumare l’aria di cannella. Arrivo, come tutti gli anni, il momento dei regali e mentre continuavo a spulciare tutti i suoi progressi, come una vera e propria stalker, capii che era arrivato il momento giusto. “La piccola cucina parigina” doveva essere mia. E anche se lei aveva scritto tantissimi altri libri, forse anche migliori del primo, io sapevo che dovevo iniziare questa nuova collezione da lì. Da quell’inverno 2013. Dalla stessa piccola libreria.
Dai germogli in primavera, passiamo alle zucche per halloween fino ad accendere candele per santa lucia e a cucinare insieme a lei Kannellbur e ha profumare l’aria di cannella. Arrivo, come tutti gli anni, il momento dei regali e mentre continuavo a spulciare tutti i suoi progressi, come una vera e propria stalker, capii che era arrivato il momento giusto. “La piccola cucina parigina” doveva essere mia. E anche se lei aveva scritto tantissimi altri libri, forse anche migliori del primo, io sapevo che dovevo iniziare questa nuova collezione da lì. Da quell’inverno 2013. Dalla stessa piccola libreria.
Non ci pensai due volte, cappotto in spalla e andai ad ordinare la mia copia.
Altri due mesi, di attenta lettura e riflessione, che alla fine presi coraggio per il prossimo passo da compiere. Il passaggio successivo sarebbe stato provare una ricetta. Volevo qualcosa di buono e semplice, dopo così tanti anni non volevo che tutte le mie aspettative venissero fregate da un piccolo errore di grammature. Non sarei mai riuscita a perdonarmi se qualcosa, in quella mezz’ oretta di preparazione, fosse andato storto. Così passò un’altra settimana di incoraggiamenti allo specchio, ogni mattina in cui mi dicevo “ fede , puoi farcela” “fede è il tuo momento!” “fede, manca cosi poco per poter completare il puzzle che avevi iniziato anni fa”..
Altri due mesi, di attenta lettura e riflessione, che alla fine presi coraggio per il prossimo passo da compiere. Il passaggio successivo sarebbe stato provare una ricetta. Volevo qualcosa di buono e semplice, dopo così tanti anni non volevo che tutte le mie aspettative venissero fregate da un piccolo errore di grammature. Non sarei mai riuscita a perdonarmi se qualcosa, in quella mezz’ oretta di preparazione, fosse andato storto. Così passò un’altra settimana di incoraggiamenti allo specchio, ogni mattina in cui mi dicevo “ fede , puoi farcela” “fede è il tuo momento!” “fede, manca cosi poco per poter completare il puzzle che avevi iniziato anni fa”..
Alla fine arrivò il pomeriggio perfetto; insieme al gelato al caffè che avevo fatto fuori poco prima, in barba alla dieta. Presi un arancia matura, il limone di nonna e del burro fresco che mi decisi a comprare quella stessa la mattina, appena uscita dal lavoro. Uova, zucchero e farina. Avevo tutto. La “ quatre-quarts aux agrumes” poteva andare in forno.
La magia poteva compiersi. Il mio cerchio poteva chiudersi. Il puzzle era completo. La cucina pronta ad accogliere nuovi profumi e sfumature di dolcezza. Allacciai il grembiule e seguii alla lettera le indicazioni di mademoiselle Khoo che sussurrava…
| QUATTRO QUARTI AGLI AGRUMI
-4uova
-250 g di zucchero di canna
-250 g di farina
-zeste di un arancia e un limone bio
-un cucchiaino di lievito in polvere
-250 g di burro fuso e lasciato raffreddare
Preriscaldare il forno a 180° e imburrare una teglia da plum cake . Dividere i tuorli delle uova dagli albumi. Montare a neve gli albumi d’uovo in una ciotola con metà dello zucchero. In un’altra ciotola, montare a nastro i tuorli e l’altra metà dello zucchero finché sono densi e di colore pallido. In una ciotola a parte mescolare assieme la farina, le scorze grattugiate e il lievito in polvere. Amalgamare il preparato ai tuorli montati, poi aggiungere il burro fuso lasciato raffreddare, mescolando dolcemente. Alla fine, incorporare con attenzione gli albumi d’uovo. Versare il composto nella teglia già preparata, poi mettere in forno per 35-40 minuti o finché la punta di un coltello non esce pulita.
Sporcarsi le mani ogni giorno, resistere e insistere ad ogni esperimento fallito. Brindare e gioire ad ogni piatto ben riuscito, cogliere la creatività tra le passeggiate lungo la Senna o una chiacchierata con il boulangere di fiducia; così nelle sue 120 ricette Rachel si racconta. Tra ingredienti genuini e croque madame. Appena apri il libro, ti trovi sommersa da boullabaisse e boeuf bourguignon, tra tarte tatin e creme brùlèe; tutte preparazioni riadattate in chiave moderna e fresca, adatta ai giorni nostri e a tutti quelle persone, che come me (o te), hanno sempre percepito un certo timore verso la cucina francese. Khoo, con i suoi occhi a mandorla e il cuore leggero, ci presenta ‘la creme de la creme’ della cucina d’oltralpe e ci fa comprendere che quei tempi di bistrot stellati e nomi altisonanti sono finiti. Che questa cucina può essere veramente per tutti…