Biscotti della monaca

Una variante di un tipo di biscotto all’anice originario di Catania. Onde evitare l’ira di qualche siculo toccato nell’onore, sottolineo “una variante”, mi pare abbastanza simile all’orginale (qualunque si pensi che sia) da non meritare un nome diverso.

Se a qualcuno interessasse, sono senza uova.

  • Farina bianca 00, o farina per dolci: 500 grammi
  • Burro: 100 grammi
  • Olio di semi di sapore neutro, ad esempio di girasole o arachidi: 25 grammi, cioè 23 mL
  • Zucchero, meglio zucchero al velo senz’amido, ma va bene anche zucchero semolato comune: 120 grammi
  • Ammoniaca per dolci (cioè bicarbonato di ammonio): 9 grammi, circa un cucchiaino. Se non ne avete, compratela, ormai si vede nel reparto di ingredienti per dolci di tutti i supermercati. Potete anche usare normale lievito chimico per dolci, ma i biscotti non saranno altrettanto secchi e friabili. Badate che si decompone da sola all’aria, se ne avanzate dovrete sigillare ermeticamente il recipiente dove la tenete!
  • Semi di anice verde: un cucchiaino o due
  • Latte: 110 mL (o 110 grammi)
  • Liquore all’anice: circa 30 mL (ma v. nota alla fine della ricetta)
  • Due pizzichi di sale

In una terrina, lavorate la farina con il burro, l’olio, lo zucchero, i semi di anice fino ad ottenere un composto di aspetto farinoso, come si fa per la pasta frolla. Potete anche lavorare tutto assieme col robot da cucina, ma in quel caso aggiungerei i semi di anice alla fine, per non polverizzarli.

In un qualche recipiente a parte, mescolate il latte, il liquore, l’ammoniaca e il sale. Attenzione: se il liquore è molto molto forte (diciamo più del 40% in alcol) potrebbe far coagulare il latte se non lo mescolate abbastanza rapidamente! Unite questo miscuglio allo sfarinato che avevate preparato prima e lavorate il più brevemente possibile, fino ad ottenere una palla lavorabile e non elastica, simile alla plastilina. Se vi riuscisse troppo asciutto, aggiungete altro latte. Coprite con della pellicola per alimenti o con un panno umido e lasciate riposare al fresco per almeno mezz’ora.

Con un mattarello, stendete l’impasto ottenuto fino ad uno spessore uniforme di mezzo centimetro, cercando di ottenere una forma il più possibile rettangolare. Ritagliate delle strisce tutte identiche larghe un centimetro e lunghe dieci o poco più. Per far questo, io uso un righello; i ritagli li riunisco e li riciclo. L’uniformità della dimensione dei biscotti non è solo una questione estetica: anche la cottura sarà perfettamente uniforme solo se vi riescono tutti uguali!

Con una pazienza degna delle monache più sante, piegate dolcemente ciascuna striscia a forma di “S”. Ci vogliono le buone maniere perché se lo fate di fretta le spezzerete. Se avete ancora più spirito di abnegazione di una suora, cercate pure di arrotondare un po’ gli spigoli con le mani, visto che rischiano di bruciacchiarsi qua e là.

Accendete il forno a 200 °C. Se l’avete, vi consiglio di cuocere i biscotti poggiati su un foglio di silicone, che non conduce il calore quanto l’acciaio e previene il rischio di bruciare i biscotti sul fondo. Se non l’avete, metteteli biscotti ben separati sulla normale teglia, sopra ad un foglio di carta da forno, ma inseritela nella parte alta del forno, lontana dalla resistenza inferiore e voltateli spesso. Calcolate che lieviteranno, non molto, ma un po’ sì. Se non siete stati bravissimi e li avete lavorati troppo, la “S” tenderà a raddrizzarsi un po’. Controllateli spesso e cuoceteli fino a che i bordi non prendono un bel colore dorato. Ci vorranno più o meno una decina di minuti, ma è fondamentale controllarli continuamente: dicono i più ottimisti che solo alla morte non c’è rimedio, ma mi duole rilevare che anche per i biscotti ridotti in cenere il mondo terreno offre ben poche speranze. Durante questa fase, l’ammoniaca li farà lievitare: sopportate l’odore pestifero. Toglieteli dal forno e lasciateli raffreddare; nel frattempo abbassate la temperatura e lasciate che scenda fino a 150 °C. Rimettete in forno i biscotti e cuoceteli fino a che non avranno un colore uniformemente dorato. Ci vorrà circa un quarto d’ora, ma conviene voltarli e controllarli ogni due o tre minuti; ripeto, non vi fidate, i forni sono diversi, i biscotti sono diversi. Spegnete e lasciateli raffreddare, sempre in forno.

Si conservano più o meno indefinitamente in un recipiente sigillato.

Con queste dosi viene una montagna di biscotti. Se volete, potete congelarli prima di cuocerli mettendoli in congelatore separati su un tagliare. Appena saranno congelati, trasferiteli in un sacchetto di plastica eremeticamente chiuso. I biscotti congelati si tolgono dal freezer e si cucinano direttamente alla stessa maniera di quelli freschi. Sono indistinguibili; ci vorrà solo un po’ più di tempo.

Di liquori all’anice ce ne sono tantissimi. Alcuni, come la sambuca o l’anisetta, sono dolcissimi, perciò 30 mL peseranno più di 30 grammi. Se usate uno di questi, potreste adoperare solo 100 grammi di zucchero. Altri, come l’ouzo, il pastis o l’assenzio sono invece completamente secchi e 30 mL pesano meno di 30 grammi. Se usate uno di questi, potreste aggiungere un paio di cucchiai di zucchero in più. Questa ricetta funziona con quelli dolci ma non stucchevoli che si vendono col nome proprio di “anice” e che si bevono di solito nel caffè o allungati con acqua e ghiaccio. Penso che potreste anche sostituire il liquore con sciroppo al gusto di anice, diminuendo lo zucchero a 100 grammi e aumentando un po’ la quantità di ammoniaca. Non garantisco sul destino del colorante azzurro che di solito contengono.

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