Acquacotta, buon Enrico e i monti Sibillini



Oggi il calendario dell’Aifb  e la sua ambasciatrice  Tamara Giorgetti del blog Unpezzodellamia maremma,dedicano questa giornata ad una delle preparazioni che amo di più l’Acquacotta; un simbolo della cucina da “campo”, ma quella vera; nata sui monti, sui pascoli, grazie a persone umili e pieni di risorse come i pastori, un importante testimonianza al fatto che l’arte dell’arrangiarsi spesso porta alla scoperta di piatti unici.

Approfitto di questa giornata per parlarvi delle mie origini e delle mie montagne perché l’acquacotta fatta con gli spinaci di montagna del mio caro nonnino, rappresenta la finestra che si affaccia su questi meravigliosi monti.
I Sibillini sono le mie montagne, aspre vette che sfidano il cielo, verdi prati che ti stordiscono e storie di fate e cavalieri.

Fatte di gente semplice, tenace, che ancora porta nel proprio DNA l’umiltà di un popolo di pastori ma al tempo stesso anche tanta fierezza.
Io provengo da tutto questo, sono nata qui, mio nonno materno era un semplice pastore che cantando mi raccontava la battaglia del Pian Perduto poemetto scritto nel 600′ da Berrettaccia un pastore-poeta

“Giorro gualdese da bisogno mosso/Di Cànetra nel bosco taglia un legno:/Di Norcia il guardian gli corre addosso/Ma bravo Giorro lo fa stare a segno:/Ogni norcin da questo fatto scosso/D’armarsi contro Visso fa disegno: /Norcia che ha più di forze vincer crede,/Ma vince Visso che nei Santi ha fede”

Questa che vi racconto è la sua ricetta, un piatto semplice che i pastori preparavano nelle lunghe giornate in solitaria sui pascoli; il pecorino non mancava mai, un po’ di olio conservato  gelosamente nella “bottiglietta” di coccio, qualche tozzo di pane raffermo e le erbe, diverse a seconda della stagione, i suoi preferiti erano gli “olapri” o meglio spinaci selvatici, il loro nome botanico Chenopodium bonus -henricus conosciuto come il buon Enrico.

E questa pianta è stata la protagonista del  mio primo post.

Con  i primi soli  primaverili inizia a sciogliersi la neve e loro spuntano forti e verdeggianti, in genere nelle stazzo, cioè dove le pecore hanno riposato e di conseguenza ben concimato.
Hanno un sapore delizioso al tempo stesso dolci e portentosi, nulla a che vedere con i semplici spinaci coltivati.
In questa foto mio nonno, mamma ed io, che avrò avuto 3 anni, intenti nella raccolta degli “olapri”



Poche parole e pochi ingredienti per una ricetta buonissima

Ingredienti

  • erbe spontanee (per me buon Enrico)
  • pane raffermo
  • olio extravergine
  • pecorino semi stagionato
  • sale e pepe

Semplicemente si cuociono le erbe in poca acqua si strizzano conservando l’acqua di cottura.
Ho messo, in un barattolo di vetro da trasferire poi in forno, strati  di pane raffermo bagnato con l’acqua di cottura alternato alle erbe, tocchetti di pecorino, sale e pepe.
Tutto in forno per alcuni minuti, il tempo necessario a far sciogliere il formaggio e poi un filo d’olio.



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