Confettura di pere Madernassa al vino rosso
La cuoca, che di figli suoi non ne ha, osserva con curiosità i diversi approcci che nonni e genitori usano nei confronti dei pargoli di famiglia.
Il Piemonte, come si sa, è terra di vini e questo fatto non è una semplice affermazione commerciale, ma una questione profondamente radicata nella cultura e nella convivialità.
Riti tipo la merenda sinoira, la bagna cauda, ma anche l’offerta di un bicchiere di vino o liquore all’ospite inatteso sono pilastri fondanti dell’ospitalità; per tacer di tutte le ricette che trovano nell’uso del vino la loro caratterizzazione.
Il vino non solo era visto come una gradevole abitudine, ma anche come una profilassi: “/redirect.php?URL=Il calcio al medico!” era il nome che le prozie valdostane davano al bicchiere di vino che accompagnava tutti i loro pasti.
Il vino non solo era visto come una gradevole abitudine, ma anche come una profilassi: “/redirect.php?URL=Il calcio al medico!” era il nome che le prozie valdostane davano al bicchiere di vino che accompagnava tutti i loro pasti.
Senza voler entrare nel fenomeno dei baby alcolisti – che comunque, all’insaputa dei genitori, troppo prodighi in paghette, non si inebriano di eteri nostrani ma di superalcolici di importazione finendo talvolta in coma etilico – esiste un’età giusta o una modalità per introdurre il vino nella dieta dei bambini, non, ovviamente per creare degli etilisti precoci, ma per educare il gusto a prodotti locali, nel rispetto della tradizione e della qualità?
Questa domanda me la sono posta quando, avendo regalato un vasetto di questa marmellata alla mia vicina, nonna di un bambino di circa quattro anni, ho scoperto che la confettura in questione era stata utilizzata per le sue merende.
Sull’opposto versante una mia cara amica, madre di due ragazzi una di undici, l’altro di nove; il più piccolo, dopo le nostre rimostranze, ha avuto il permesso di brindare a Capodanno con due dita di spumante, sentendosi così un ometto.
Forse sono approcci liminari: ricordo che la mia iniziazione al vino avvenne all’incirca al compimento del quinto anno di età, nei primi anni ’70: due dita di acqua e un po’ del dolcetto da pasto di mio padre, giusto a colorare l’acqua, furono l’inizio della mia educazione etilica.
“Acqua e vino, dindondino!”, era la frase con cui richiedevo il mio cocktail.
Dindondino era, ovviamente solo un nonsense, che serviva alla rima.
E il caffè e i liquori? Le due gocce avanzate nel fondo della tazzina o del bicchierino di liquore della mamma.
Da usare con moderazione…
1500 gr pere Madernassa
500 gr mele
3 chiodi di garofano
1 bicchiere di vino rosso
6 cucchiai di zucchero
500 gr zucchero
1 bustina di pectina
Lavare bene le pere e tagliarle in piccoli pezzetti – se come me amate vederli nella confettura – o in più grandi, se avete intenzine di frullarla; pelare e tagliare le mele in quarti e poi ancora in fettine sottili.
In una pentola capiente e, soprattutto alta, mettere sul fuoco a caramellare i 6 cucchiai di zucchero, aggiungendo dopo la carmellizzazione il bicchiere di vino e i chiodi di garofano; una volta che il composto si è sciolto aggiungere tutta la frutta, e cuocere fin a che non si sia ridotta di circa a metà, o fino a che non inizi ad attaccarsi al fondo. Lasciare riposare il composto tutta una notte aiuta a gelificare (non chiedetemi il perchè, ma io uso il metodo Ferber che mi aveva insegnato Alida per la marmellata di prugne).
Il mattino successivo scaldare la marmellata, aggiungere lo zucchero e al momento dell’ebollizione la pectina – non dovrebbe essere necessaria ma comunque aiuta e male non fa – e cuocere per i minuti indicati. Invasare calda in vasetti sterilizzati, da chiudere immediatamente e lasciare rafffreddare completamente a testa in giù fino a quando non si forma il sottovuoto.