Recensioni: Mama-Ya ramen a Roma, un microcosmo in una ciotola

Ha aperto da appena due mesi, a fine 2016, ma ha già una clientela affezionata, disposta ad attraversare Roma per recarsi al civico 166 di via Ostiense: è Mama-Ya, un ramen bar in ‘rosa’ che, con la consulenza dello chef stellato Kotaro Noda (Bistrot 64), propone il ramen “che fa bene”, senza glutammato, senza additivi, in poche versioni preparate ogni giorno: dal brodo fino alle verdure, rigorosamente di stagione. I ramen sono di moda: lo sono già da qualche anno a Milano (sempre all’avanguardia) e lo sono diventati abbastanza recentemente a Roma. I ristoranti cinesi, giapponesi e in genere orientali si sono già adeguati per proporli, ma la filosofia di Mama-Ya Ramen vuole distinguersi dagli altri: pochi, pochissimi piatti, dove i ramen sono protagonisti, per raccontare la filosofia di un cibo che, come spiegano le titolari, rappresenta “un microcosmo in una ciotola”.

A guidare il locale, piccolissimo, trenta posti in tavolini davvero minimal e otto posti al bancone con vista sulla cucina, ci sono l’argentina Mariana Catellani, personal chef, e Margherita Savarese, romana che ha studiato e vissuto in Giappone. Lo chef stellato Kotaro Noda non ha solo studiato ed elaborato il menu di questo ristorante, ma ha anche fatto la formazione al personale di cucina (scelto dalle titolari) e continua a seguire da vicino il locale, che è aperto sia a pranzo – anche con una offerta di lunchbox da asporto – sia a cena (prenotazione obbligatoria vista la scarsità di posti). Ai fornelli, le mani esperte di due chef, il primo di origini giapponesi che si occupa in particolare dei ramen, e un’altra lady in cucina che si occupa esclusivamente di ravioli e dolci, che cambiano secondo la stagionalità delle materie prime.

Il menu prevede di base tre ramen (al pollo, alle verdure e al manzo) oltre al ramen del mese. I brodi, di pollo, di verdure o di manzo – non si fa per scelta il brodo di maiale, per differenziarsi dall’offerta del resto della Capitale – sono preparati quotidianamente in grandi pentoloni, con verdure e carni che arrivano ogni giorno da fornitori locali selezionati con cura. Una scelta precisa, quella di preparare tutto quotidianamente (e, per alcuni piatti speciali, anche in quantità limitata), che racchiude la filosofia del locale e raccoglie anche una esigenza, quella di consumare in giornata ciò che si prepara perché la cucina, ordinata e pulitissima, è molto piccola (16 metri quadri) e non c’è il posto per stoccare quantità di merce o di brodo in avanzo. I noodles sono artigianali e più spessi del solito e vengono cotti decisamente al dente, in piacevolissima controtendenza con la maggior parte dei ramen della Capitale. Anche le carni vengono cotte ogni giorno: brasato di pollo e pancetta di maiale ci sono sempre, mentre la coda di manzo si trova solo in alcuni periodi e in quantità limitatissime.

Veniamo al menu: oltre ai ramen ci sono gli “onigiri”, una sorta di ‘arancino’ di riso bianco ripieno, guarnito con alga Nori. Io ho provato il tris di onigiri (5 euro) di riso con alga kombu e verdure marinate, salmone (poco incisivo) e umeboshi, le prugne sotto sale giapponesi. Gli onigiri sono disponibili anche singolarmente a 2 euro al pezzo e vi consiglio di assaggiare assolutamente quello con le prugne, che ho trovato eccellente.

Poi, trovate i “gyoza” (sette euro per sei pezzi), ravioli alla piastra farciti con maiale o verdure. Io ho assaggiato quello al maiale, che amo molto e che preparo spesso a casa, e li ho trovati ottimi, con un ripieno gustoso ed equilibrato, penalizzati solo da un piccolo eccesso di olio nel piatto, annullato comunque dalla salsa tradizionale di accompagnamento, molto ben equilibrata.

Prima di parlare dei ramen, parliamo dei “gohanmono”: ciotole di riso bianco, con pancetta di maiale speziata e stufata, con cipollotti (8 euro); oppure il gohanmono con pollo brasato, cipollotti, alga nori e salsa di soia (9 euro). Ho ordinato quest’ultimo piatto: il pollo era davvero buono, tagliato sottilissimo, tenero e morbido, con una salsa tendente alla dolcezza, mitigata però da una salsa di soia di buona qualità. Gustoso.

Ora parliamo dei ramen: in menu ci sono sempre quelli al pollo (13 euro), quello vegetariano (12 euro), quello con maiale stufato (14 euro), e il piatto del giorno che, nel mio caso, era un ramen “gyu tail”, con brodo di coda di manzo e rollè di coda (16 euro). Alla base di tutti i ramen, ci sono i brodi di pollo, manzo e verdure che vengono preparati quotidianamente. I noodle sono fatti a mano. I brodi sono gustosi ma contenuti nella quantità di sale, molto più simili a un brodo ‘italiano’ che non al gusto carico di zenzero, soya e miso, spesso eccessivamente salato, diventato quasi la regola nelle cucine asiatiche presenti in Italia. I noodle vengono cotti al dente, anche qui quasi in stile italiano. Poi ci sono le verdure fresche e svariati ‘topping’, presenti in menu con prezzo a parte rispetto alla porzione di ramen, tra cui scegliere per aggiungere ingredienti e sapore al piatto: uovo bollito e marinato (1 euro), verdure di stagione (1,5 euro), alga nori (1 euro), salsa di soia speciale, servita con un contagocce (1 euro). Per appetiti ‘grandi’, è possibile raddoppiare la dose di maiale stufato o di brasato di pollo (2 euro) e avere anche una doppia porzione di noodle (3 euro). Io ho assaggiato i ramen con brodo di manzo e pancetta stufata di maiale, con cime di rapa, cavolo verza, porri, cipollotti e, ovviamente, doppia dose di uovo, alga nori e verdure. Caldi, fragranti, davvero deliziosi.

Per concludere la serata, vi suggerisco di provare i “daifuku”, i dolcetti di pasta di riso glutinoso che vengono serviti in due varianti (5 euro): con confettura di fagioli rossi e di fagioli bianchi e agrumi. Deliziosi, soprattutto quelli con un fresco profumo di mandarino.

In alternativa, potete provare i dolci di stagione, che ovviamente variano: durante la mia visita si poteva scegliere tra cheesecake ai cachi e tiramisù al te verde intenso (matcha, 6 euro). Il tiramisu al matcha mi è piaciuto così tanto che ho voluto rifarlo a casa.

Sul fronte bevande, in carta ci sono diverse birre orientali (4-4,5 euro), ma io vi consiglio di pasteggiare con un sake (come azuma tsuyahime oppure akita kaori, ottenuti da pregiate varietà di riso: prezzo 6 euro) o con un infuso caldo di te verde giapponese (2 euro), secondo me l’accompagnamento più neutro e migliore con questi piatti. Consigliatissimo.

(visitato nel gennaio 2017)

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