Fegato alla sbrodega

Ogni volta che mi ritrovo a scrivere un post e faccio un minimo di ricerca scopro che su quel piatto è stato scritto tutto. Avere la presunzione di scrivere qualcosa di nuovo la vedo dura, vi riporto le informazioni già note tanto per non passare subito alla ricetta.
Ospite dovuto del Calendario del Cibo Italiano trattandosi di piatto antico, le sue origini risalgono all’epoca romana periodo in cui il fegato (iecur ficatum) veniva cucinato assieme ai fichi per addolcire l’amaragnolo caratteristico. Probabilmente i legami che Venezia intratteneva con l’oriente e con Bisanzio in particolare fecero sì che i fichi venissero sostituiti dalle cipolle, mantenendo lo stesso ruolo.
Piatto di una semplicità assoluta, la cui unica difficoltà consiste nella cottura sia delle cipolle che della carne. Le prime vanno stufate lentamente, evitando che prendano colore. Si può eventualmente aggiungere del brodo o dell’acqua in cottura. Il fegato al contrario va scottato per breve tempo ad alta temperatura, altrimenti si rischia di ottenere della carne dura e amara.
Curiosa di scoprire la versione di Manuela, ambasciatrice della giornata: avrà lasciato marinare il fegato nel latte? O avrà aggiunto aceto? O vino? Tutti a leggere

Fegato alla sbrodega (ricetta di Roberta Schira – Il Libro delle Frattaglie):

600 g di fegato di vitello a fettine
800 g di cipolle bianche
poco brodo
2 foglie di salvia
burro
sale e pepe
Pulite e tagliate a fettine sottili le cipolle, trasferitele in un tegame con del burro e le foglie di salvia. Lasciatele stufare dolcemente per circa 40 minuti.
In un’altra padella scaldate del burro e fatevi scottare le fettine di fegato per pochi minuti. Salate e pepate. Fate insaporire le cipolle col fegato e servite con polenta abbrustolita o puré di patate.

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