Quanto può gratificare, in una gelida giornata invernale, un gustoso piatto di salsiccia servita con una fumante porzione di polenta? Oltre che il palato, non ne giova forse anche l’umore?
Per quanto mi riguarda, devo confessarvi che, in barba ai miei perenni contrasti con il colesterolo LDL, mi faccio questa concessione anche quando la temperatura non è particolarmente rigida.
Per quanto mi riguarda, devo confessarvi che, in barba ai miei perenni contrasti con il colesterolo LDL, mi faccio questa concessione anche quando la temperatura non è particolarmente rigida.
L’origine del succulento insaccato non è ben definita. Le ipotesi sono molteplici. La provenienza potrebbe essere lombarda, secondo una tradizione che attribuirebbe la sua creazione alla sovrana longobarda Teodolinda. Alcuni collocano la sua nascita in Veneto, altri in Lucania (l’antica Basilicata). E da Lucania a luganega, il nome tradizionalmente attribuito all’insaccato, il passo è brevissimo. E potrebbe essere pertanto questa l’ipotesi più accreditata (la ricetta tipica della luganega vede tra gli ingredienti, anice, finocchietto e peperoncino).
Ad oggi, dal Settentrione al Meridione, e Sud, troviamo diverse varietà di salsiccia.
Del Nord Est e di origini che risalgono al sedicesimo secolo, è la polesana. Per la sua realizzazione, le parti meno nobili del maiale (polmoni e fegato), vengono impastate con carni migliori avanzate dalla produzione di soppresse e salami. A queste si uniscono cotenna e rapa gialla.
In Lombardia si apprezzano, in particolare, la luganega di Monza, con grana padano, brodo di carne e marsala e la salamella di Mantova, semplice e dal sapore delicato.
Meno conosciute, forse, ma ugualmente gustose, sono le liguri, ovvero la salsiccia di Ceriana, con rosmarino e peperoncino e quella di Pignone, con cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Impossibile dimenticare, per quanto riguarda il Piemonte, la rinomatissima salsiccia di Bra, un misto di carne suina e carne magra di bovino. Nelle provincia biellese ed in quella di Vercelli, troviamo invece la salsiccia di riso, con cotiche, sangue di maiale, vino, succo d’aglio e, appunto riso.
In Emilia, l’insaccato si fa meno grasso e più delicato. Una particolare citazione merita la salsiccia matta, tipica dell’Appennino Tosco Emiliano, oggi reperibile unicamente in realtà produttive molto legate al territorio.
In Umbria, prevale l’utilizzo di carni grasse. Nel Lazio, la più conosciuta è la salsiccia al coriandolo di Monte san Biagio, con peperoncino dolce e vino rosso.
In Puglia compaiono la zampina barese e la cervellatta di Toritto, preparate con carne bovina e suina e con l’aggiunta di pecorino, passata di pomodoro, prezzemolo e basilico.
A Napoli, protagonista è la cervellatina ed in Sicilia vale la pena citare la Pasqualora del Trapanese, nella quale a peperoncino e finocchietto, si aggiungono vino bianco e pepe nero.
In Calabria, ad aromatizzare l’impasto della sasizza, accanto al peperoncino dolce compare quello piccante. *
Ad oggi, dal Settentrione al Meridione, e Sud, troviamo diverse varietà di salsiccia.
Del Nord Est e di origini che risalgono al sedicesimo secolo, è la polesana. Per la sua realizzazione, le parti meno nobili del maiale (polmoni e fegato), vengono impastate con carni migliori avanzate dalla produzione di soppresse e salami. A queste si uniscono cotenna e rapa gialla.
In Lombardia si apprezzano, in particolare, la luganega di Monza, con grana padano, brodo di carne e marsala e la salamella di Mantova, semplice e dal sapore delicato.
Meno conosciute, forse, ma ugualmente gustose, sono le liguri, ovvero la salsiccia di Ceriana, con rosmarino e peperoncino e quella di Pignone, con cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Impossibile dimenticare, per quanto riguarda il Piemonte, la rinomatissima salsiccia di Bra, un misto di carne suina e carne magra di bovino. Nelle provincia biellese ed in quella di Vercelli, troviamo invece la salsiccia di riso, con cotiche, sangue di maiale, vino, succo d’aglio e, appunto riso.
In Emilia, l’insaccato si fa meno grasso e più delicato. Una particolare citazione merita la salsiccia matta, tipica dell’Appennino Tosco Emiliano, oggi reperibile unicamente in realtà produttive molto legate al territorio.
In Umbria, prevale l’utilizzo di carni grasse. Nel Lazio, la più conosciuta è la salsiccia al coriandolo di Monte san Biagio, con peperoncino dolce e vino rosso.
In Puglia compaiono la zampina barese e la cervellatta di Toritto, preparate con carne bovina e suina e con l’aggiunta di pecorino, passata di pomodoro, prezzemolo e basilico.
A Napoli, protagonista è la cervellatina ed in Sicilia vale la pena citare la Pasqualora del Trapanese, nella quale a peperoncino e finocchietto, si aggiungono vino bianco e pepe nero.
In Calabria, ad aromatizzare l’impasto della sasizza, accanto al peperoncino dolce compare quello piccante. *
Il Calendario del Cibo Italiano celebra oggi l’estasiante bontà (concedetemi il pertinente aggettivo che riporta ad un piacere assoluto) della salsiccia attraverso colei che ne è ambasciatrice, ovvero Raffaella Caucci, autrice del blog Profumo di Cannella e lucana doc.
Il mio omaggio arriva attraverso il saporito condimento di un profumatissima pasta al forno, nella quale l’insaccato si accompagna ad una gustosa ma non prevaricante robiola di Roccaverano Dop.
Buon fine settimana!
Maria Grazia
* fonte La Cucina Italiana.
Maniche con Salsiccia e Robiola di Roccaverano ai tre latti
Ingredienti
(per quattro persone)
350 g di maniche
200 g di salsiccia nostrana ligure
(luogo di produzione: Isola del Cantone, entroterra genovese)
180 g di Robiola di Roccaverano DOP ai Tre Latti
70 g di grana grattugiato
1/2 bicchiere di latte parzialmente scremato
basilico fresco
1 spicchio d’aglio
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
1/2 bicchiere di vino bianco secco
alloro
sale
Privare la salsiccia del budello e ridurla a pezzetti. Far rosolare nell’olio extravergine di oliva lo spicchio d’aglio tagliato a metà e privato della radice interna. Eliminarlo non appena si sarà dorato, unire la salsiccia sbriciolata ed una foglia di alloro. Non appena la salsiccia si sarà colorita, unire il vino bianco secco e cuocere ancora per circa 5 minuti. Tagliare al coltello la robiola di Roccaverano e, con l’ausilio di poco latte, scioglierla su fuoco al minimo ed in un pentolino dal fondo antiaderente.
Lessare la pasta al dente in abbondante acqua salata. Scolarla e passarla velocemente sotto acqua fredda corrente e scolarla ancora. Trasferire le maniche in una ciotola. Condirle con la crema di robiola e 50 g di grana grattugiato. Unire la salsiccia, le foglie di basilico sminuzzate e miscelare con cura.
Lessare la pasta al dente in abbondante acqua salata. Scolarla e passarla velocemente sotto acqua fredda corrente e scolarla ancora. Trasferire le maniche in una ciotola. Condirle con la crema di robiola e 50 g di grana grattugiato. Unire la salsiccia, le foglie di basilico sminuzzate e miscelare con cura.
Spennellare una teglia con poco latte e trasferirvi la pasta. Spolverizzare la superficie con il grana rimasto, coprire con un foglio di alluminio e cuocere in forno preriscaldato a 200° per 30 minuti.
A fine cottura, eliminare l’alluminio e passare la pasta sotto il grill finché la superficie non sarà dorata.
A fine cottura, eliminare l’alluminio e passare la pasta sotto il grill finché la superficie non sarà dorata.