Ricetta tratta dal libro
“IL PANE: un’arte, una tecnologia”
di Giorilli Piergiorgio e Lauri Simona
La ricetta originale si basava su un quantitativo di 2,2 kg di farina, ma io ho ricalcolato tutta la grammatura in funzione di 500 g di farina che, nel mio caso e per esigenze personali, sono stati sufficienti per cuocere due pirottini da plumcake classico. Verificate di conseguenza anche voi che cosa vi è più utile fare.
- 500 g di farina (io ho usato una farina per panettone)
- 230 g di latte
- 10 g di sale
- 5 g di malto
- 1 uovo
- 75 g di burro
- lievito di birra 4,5% sul peso della farina. Io ho usato invece 50 g di lievito madre a coltura liquida.
- emulsione di 15 g di latte, 1 uovo e 1 pizzico (ma proprio un pizzico) di sale per pennellare la superficie della treccia prima della cottura.
Procedimento:
- Impastiamo nella planetaria, usando il gancio, la farina, il latte, il malto e il lievito.
- Dopo qualche minuto aggiungiamo l’uovo e il sale.
- Per ultimo e poco alla volta aggiungiamo il burro a pezzetti.
- Lasciamo riposare l’impasto 15 minuti sul piano di lavoro, a temperatura ambiente.
- Spezziamo l’impasto con un tarocco e formiamo tanti filoni con le mani, della lunghezza desiderata. Dobbiamo anche decidere che tipo di treccia vogliamo fare: una treccia a 3 capi, a 4 capi, … Io ho scelto di fare una treccia semplice a tre capi e tre chiocciole. Entrambe sono state inserite in due pirottini da plumcake.
- Mettiamo le trecce in cella di lievitazione (va bene anche nel forno spento, con la luce accesa) alla temperatura di 25°C e con il 70% di U.R. e lasciare lievitare.
- Pennellare con l’emulsione di latte, uovo e sale, quindi lasciare le trecce a temperatura ambiente per 10 minuti e poi pennellare nuovamente.
- Cuocere a 210°C senza vapore e dopo qualche minuto vaporizzare leggermente.
Non è un pane dolce, non c’è zucchero. E’ un pane ricco, ottimo per accompagnare pasti importanti o salumi oppure per la colazione.
Curiosità sull’umidità
della cella di fermentazione:
L’umidità della cella di fermentazione è fondamentale e bisognerebbe rispettare il rapporto 28°C con 75-80% di umidità.
Mentre gli impasti molli non hanno bisogno di molta umidità, gli impasti asciutti necessitano di valori elevati di umidità.
Quando l’umidità è troppa, si rischia l’incollamento dell’impasto alla teglia e la formazione di quelle bolle superficiali che fanno staccare la crosta dalla mollica. Quando invece l’umidità è troppo bassa, si rischia di ottenere un pane troppo secco e asciutto.
L’umidità della cella è corretta, così come la farina è forte e i lieviti lavorano bene se lo sviluppo durante la lievitazione avviene in maniera arrotondata e senza screpolature. Quando invece gli impasti lievitano piatti, vuol dire che è stata utilizzata acqua troppo fredda, la farina non è forte e i lieviti non stanno lavorando correttamente.
Con questa ricetta partecipo a Panissimo #39, la raccolta di lievitati dolci e salati ideata da Sandra di Sono io Sandra e Barbara di Bread & Companatico, questo mese ospitata da Un Condominio in Cucina.