Questo piatto si può considerare ispirato alla famosissima pasta con le sarde di tradizione siciliana. Il sapore del finocchio, che si sposa così bene con il pesce azzurro, è in realtà piuttosto tenue, se non aggiungete i semi.
Non è una ricetta così lunga o complicata come potrebbe sembrare, specie se seguite l’utile consiglio sulla pulizia dello sgombro, che può interessare anche a chi lo volesse preparare in qualche altro modo. Devo dire, però, che è abbastanza pesantina.
- Uno sgombro fresco di medie dimensioni, oppure due filetti puliti di sgombro
- Un finocchio medio, compratene uno con molte barbe (foglie verdi) attaccate
- Pasta del tipo che preferite: 250 grammi
- Aglio: uno spicchio
- Pangrattato grosso o briciole di pane: un paio di cucchiai o più (v. nota alla fine della ricetta)
- Olio di oliva extravergine
- Vermuth bianco (un paio di marche famose: Martini, Cinzano), oppure vino bianco secco: un paio di cucchiai.
- Olive tipo taggiasche (se siete ricchi) o leccino (se siete poveri): un paio di cucchiai, facoltativo
- Capperi sotto sale: un cucchiaio (facoltativo)
- Un’acciuga o sardina sotto sale (oppure qualche filetto di acciuga sott’olio, o della pasta di acciughe, facoltativo)
- Prezzemolo: un ciuffetto (facoltativo)
- Peperoncino essiccato: un pizzico (facoltativo), oppure un piccolo peperoncino fresco o olio piccante
- Semi di finocchio macinati o pestati: un pizzico (facoltativo)
Ricetta per due persone, come piatto unico, oppure per tre o quattro come primo piatto. Il condimento si può fare mentre aspettate che l’acqua bolla e la pasta cuocia, se avete un po’ di pratica ai fornelli.
Per prima cosa lavate il finocchio e mondatelo delle parti rovinate e delle foglie esterne più dure. Togliete e mettete da parte le barbe, scartate i gambi; di solito non serve rimuovere il torsolo, che è tenero. Affettatelo finissimo, longitudinalmente. Affettate o tritate lo spicchio d’aglio. In una padella molto larga, a fuoco medio e mesconado spesso, fate soffriggere il finocchio, l’aglio e, se lo usate, il peperoncino fresco con un filo d’olio e abbondante sale fino a quando il primo non sarà diventato tenero. Ci vorranno circa dieci minuti.
Mentre il finocchio cuoce, si prepara lo sgombro. Il modo di gran lunga più semplice per pulirlo con poco scarto e poche spine è più o meno lo stesso che si usa per aprire a libro le sardine. Per chi non sa di che cosa parli, si fa così: tagliate con un coltellaccio o con le forbici la pinna dorsale spinosa. Se non l’ha già fatto chi ve l’ha venduto, eviscerate il pesce. Con un coltello, tagliate da un lato della lisca la parte che va dall’ano alla coda, come se doveste sfilettare solamente questa parte; non occorre essere molto precisi. Tagliate poi di netto la testa. Forzate le dita lungo tutta la lisca in modo da staccarla dalla carne assieme a tutte le spine e rimuovete la coda. Per finire, rimuovete le pinne pettorali e le ossa sulle quali sono articolate (se servisse una legenda, vedi qui). Otterrete due filetti pulitissimi attaccati per il dorso, appunto come una sardina aperta a libro. Lavate il pesce dal sangue passandolo sotto l’acqua corrente e, con della carta da cucina, asciugate bene almeno il lato con la pelle.
Quando saranno cotti i finocchi, aggiungete facoltativamente le olive, i capperi ben lavati dal sale e, se volete, il peperoncino essiccato e/o i semi di finocchio. Fate andare per qualche secondo e sfumate con il vermuth. Spostate lateralmente la verdura e trasferite nella padella il pesce con il lato della pelle rivolto in basso. Appena tocca il metallo bollente tenderà a contrarsi e raggrinzirsi; potete convincerlo a ritornare piatto semplicemente tenendolo schiacciato per qualche secondo. Vi consiglio di spostare la padella su un fornello piccolo e tenere il fuoco direttamente sotto al pesce e lontano dalla verdura, per non farla bruciacchiare sul fondo. Salate il pesce sul lato superiore e fatelo cuocere per qualche minuto, fino a che la parte sopra non sembra quasi cotta. A questo punto, voltatelo e fatelo cuocere ancora per qualche secondo. Se avete ospiti o siete molto schizzinosi, potete ora provare a togliere la pelle, che sarà ben cotta e brunita. Io non mi prendo la briga: è solo brutta da vedere, ma è sottilissima e praticamente non si sente.
Per le briciole di pane tostato vi do due opzioni; potete fare come consiglio in quest’altra ricetta:
Mettete le briciole di pane in un pentolino (non antiaderente, si surriscalderebbe). Tenetelo sul fuoco medio, scuotendo spesso, fino a che il contneuto non si colora di un bel bruno avana. A questo punto, fate raffreddare immediatamente bagnando il fondo del pentolino con acqua; se non lo faceste, probabilmente brucereste tutto. A scanso di equivoci: va proprio bagnato il fondo, non ci va versata acqua dentro!
L’alternativa più saporita, ma anche più pesante, è la seguente: mettete in un pentolino un paio di cucchiai di olio e un’acciuga o sardina ben lavata dal sale, la lisca e la coda rimosse. Mettete sul fuoco medio e, schiacciando con una forchetta, fate disciogliere il pesce del tutto o quasi. Aggiungete le briciole e fate andare a fuoco medio, mescolando, fino a quando non iniziano a prendere colore. Anche in questo caso, raffreddate il pentolino appena vi sembrano pronte.
Tritate le barbe del finocchio e, se lo usate, il prezzemolo.
A fuoco spento, rompete il filetto di sgombro nella padella in piccoli pezzettini, mescolatelo con la verdura e le erbe appena tritate e condite la pasta, cotta al solito modo, in questo intruglio, con l’aggiunta di qualche cucchiaio di acqua di cottura all’occorrenza. Le briciole si spargono sopra a tutto, direttamente nel piatto. Un bicchiere di vino bianco per accompagnare mi sembra obbligatorio.
Variante: per un effetto più scenografico potete dividere lo sgombro in due filetti e scottarlo in una padella a parte, con un filo d’olio. Condite la pasta con le verdure e le erbe aromatiche, impiattate, mettete sopra a ciascun piatto un filetto di sgombro intero in bella mostra e spargeteci le briciole. Trovo la versione originale preferibile, sia perché quest’altra è più scomoda da mangiare, sia perché il grasso che cola con la cottura dello sgombro e che viene eliminato con questo secondo metodo dà molto sapore. Certo, fa la sua figura, specie se decorate il piatto anche con una fettina di limone e una barba di finocchio.
Qualche appunto sul pangrattato. Quel che si compra già pronto nei negozi di solito è molto sottile e adatto più che altro ad ottenere impanature spesse ed uniformi. Per ricette come questa (e in realtà nella maggior parte dei casi), vi consiglio di grattugiare da voi del pane secco con una grattugia a fori larghi: le briciole che si ottengono sono molto più croccanti e non danno la spiacevole sensazione farinosa che si può avere col pane grattato troppo finemente.
Se siete ricchi e pigri, in alternativa vi consiglio di cercare nei negozi specializzati o nelle sezioni asiatiche dei grandi supermercati il panko (パン粉), un tipo di pangrattato giapponese in grosse scaglie leggerissime che dà risultati strepitosi, anche nei fritti. Tutta la lavorazione di questo pane è finalizzata proprio ad ottenere le briciole migliori.
Lo sgombro (Scombrus scomber) oltre ad essere molto facile da pulire, non avendo squame rigide che andrebbero tolte, è saporitissimo e quasi ridicolmente economico, specie se confrontato con altri pesci anche di allevamento. È poi molto salutare, perché è grasso e ricchissimo di omega-3. Lo si può mangiare senza remore, visto che è estremamente comune nei mari di tutto il mondo, tanto che nonostante la pesca su scala industriale gli esperti ritengono che le popolazioni siano stabili. Se ci aggiungiamo che da crudo è indiscutibilmente bello da vedere, con la pancia argentata e il dorso tigrato a strisce blu e verdi, diventa un alimento dalle sei virtù.